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Pakistan, gli italiani non mollano

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BERGAMO — "Noi comunque restiamo". Non ha dubbi Agostino Da Polenza, presidente del Comitato Ev-K2-CNR all’indomani del tragico attentato di Karachi in occasione del rientro di Benazir Bhutto in Pakistan, costato la vita a oltre 130 persone, mentre altre 500 sono rimaste ferite.

"Le nostre attività scientifiche e di sviluppo sostenibile in Pakistan continueranno, nonostante tutto. Ne ridurremo alcune, come il trasporto dello smaltitore di rifiuti che deve essere caricato su un camion e risalire la valle dell’Indo nel bel mezzo delle Aree tribali. Staremo anche più attenti ai percorsi dei nostri uomini. Ma l’impianto fondamentale delle nostre attività resta in piedi".
Sono ore di tensione nella sede del Comitato a Bergamo. Il telefono è rovente. Le notizie da laggiù non sono troppo rassicuranti. A Karachi è un delirio. A Islamabad va un po’ meglio. Da Polenza è costantemente al telefono. Prima con l’inviato del Corriere delle Sera Lorenzo Cremonesi. Poi con i propri corrispondenti nella capitale.
Il Comitato Ev-K2-Cnr, d’altronde, è in Pakistan da 5 anni e ha stretto con le autorità locali un forte rapporto di collaborazione. Tanto che, nelle ore in cui il paese veniva scosso dal terribile attentato, il Comitato firmava un accordo con il WWF per l’implementazione del Parco nazionale del Karakorum, attraverso il progetto Karakorum Trust.
E’ una presenza antica quella del Comitato sul territorio pakistano. Prima con gli aiuti umanitari per gestire l’emergenza di quel terremoto che spazzò via i villaggi delle Northern Areas e la vita di 90mila persone, poi con progetti dello sviluppo sostenibile. Allora il Comitato, abituato a lavorare ad alta quota grazie alla Piramide dell’Everest e a spedizioni come la celebre "K2-2004", inviò nelle aree devastate tende, vestiti, medicinali e aiuti concreti (con Cesvi sono state costruite due scuole), per i 3 milioni di profughi che dovevano affrontare il terribile inverno del Karakorum.
A dire il vero però il Comitato Ev-K2-Cnr lavorava in quelle aree da prima del terribile sisma del 2005, seppur con iniziative diverse. Grazie al progetto Karakorum Trust, gli italiani stavano  – e stanno, conferma Da Polenza – puntando allo sviluppo ecosostenibile della regione del Karakorum centrale.
Karakorum Trust è nato appunto come una forma di partnership fra enti di ricerca, amministrazioni locali, aziende, associazioni e Ong italiane e pachistane. L’obiettivo è uno: la creazione del Parco del Karakorum Centrale. Un’area naturale unica al mondo, dominata dall’imponente K2 (la montagna degli italiani), che potrebbe far da volano allo sviluppo dell’intera regione grazie al turismo a alla conservazione ambientale. E a cascata, migliorare il sistema sanitario, diffondere dell’istruzione, tutelare delle culture locali, le risorse idriche e le biodiversità.
"Karakorum Trust – spiega Da Polenza – prevede il coordinamento dei progetti già in atto nonché il lancio di altre iniziative nel campo del turismo, dell’ambiente, dell’agricoltura, della sanità e della formazione, che siano immediatamente tangibili dalle popolazioni locali, con lo scopo di migliorare in futuro le loro condizioni di vita".
In concreto, il progetto italiano conta di portare acqua potabile ed energia elettrica nei villaggi di montagna. Fra gli obiettivi anche la costruzione di un nuovo campsite, un’area attrezzata e dedicata alla sosta delle spedizioni. Sono queste le azioni che le task-force congiunte dei due Paesi hanno già pianificato. Mentre di recente è stato firmato un importante accordo con l’Università di Gilgit per la formazione della nuova classe dirigente scientifica della regione. Per questo, già la settimana prossima, i ricercatori italiani incontreranno una sessantina di funzionari pubblici e capi di associazioni pakistane. Intanto il progetto incassa l’impegno del governo italiano. In una lettera il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha assicurato che “qualora le risorse finanziarie lo consentissero, non mancherà di erogare il proprio contributo al programma Karakorum Trust”. 
E così, nonostante la tesissima situazione politica, le minacce lanciate da leader islamici, talebani e dall’onnipresente Al-Qaeda, il Comitato Ev-K2-Cnr continuerà a lavorare laggiù. Proprio sabato, un team di 8 ricercatori partirà alla volta del Nord del Pakistan. Giampietro Verza è uno di loro: "Il mio compito sarà verificare lo stato di salute delle stazioni meteo che il Comitato ha installato a Askole e Urdukas, nella Valle del Baltoro. Le visiterò con due funzionari del Pakistan meteorological Department, a cui farò anche formazione e addestramento tecnico. Con che stato d’animo parto? Sgomento per l’accaduto e speranza che la nostra missione non venga disturbata”.

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