Il difficile ritorno alla realtà dopo l’Annapurna: la videointervista a Ueli Steck
CHAMONIX, Francia — “Dopo l’Annapurna è stato come tornare da un altro pianeta. Non ci sono parole per raccontare quello che hai lasciato lassù, e anche se provi a spiegarlo alle persone, non ti capiranno mai. E questo ti fa sentire solo. Armstrong ha detto la stessa cosa quando è tornato dalla luna: penso sia stato uguale per me il ritorno dalla solitaria all’Annapurna”. Sono le parole di Ueli Steck, che per quella salita all’Annapurna ha vinto poche settimane fa il Piolet d’Or. Lo abbiamo incontrato a Chamonix proprio in quell’occasione e abbiamo avuto con lui un’intensa ed emozionante chiacchierata che vedrete domani su Montagna.tv.
Nella videointervista si parla molto di Annapurna: “la salita della vita” per Steck, ma anche la salita dell’anno per l’alpinismo mondiale, che infatti l’ha incoronata, insieme alla via al K6 West, l’impresa da Piolet d’Or per l’ultima edizione degli Oscar dell’alpinismo. La mancanza di foto di vetta e prove gps, avevano sollevato all’indomani dell’impresa dubbi e sospetti, attenuati successivamente in qualche modo da opinioni e dichiarazioni di testimoni.
Ma al di là dei dubbi, la solitaria ha segnato profondamente il fuoriclasse svizzero, come lui stesso ha ammesso nella nostra chiacchierata. Steck ha confessato di sentirsi a un “turning point”, a punto di svolta nella sua carriera e nel suo modo di fare alpinismo, che pure andrà avanti forse verso salite più tecniche che rischiose. Fermo restando la soggettività del concetto di rischio, si intende. E così nel suo futuro Steck vede ancora pareti verticali, arrampicata e ottomila, come per esempio il K2 da nord. Davvero un’intervista da non perdere che tocca corde emozionanti e intime. La trovate domani nel canale video di Montagna.tv.
Complimenti a Ueli, un alpinista straordinario e fortissimo, un uomo semplice e umile.
La sua lungimiranza, pazienza, tenacia lo hanno portato al massimo livello entro un margine di rischio calcolato.
E’ d’esempio per i giovani, che spesso correndo troppo sbagliano o hanno delusioni facilmente.
La dimostrazione che l’alpinismo non è uno sport, è uno stile e una filosofia di vita.
Di grandi sfide ne affronterà altre, magari molto diverse, magari ancora ai massimi livelli. Fosse anche insegnare ai ragazzini ad arrampicare.