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Simone Moro: la Mazeno Ridge è vicina, ma c’è ghiaccio e poca neve

Nanga parete Rupal il punto raggiunto ieri da Moro e Goettler (Photo Simone Moro)

ISLAMABAD, Pakistan – “La via è in condizioni molto inusuali rispetto al solito: solo ghiaccio nella parte alta e poca neve nelle parti di misto. Anche i polacchi hanno detto che rispetto all’anno scorso è un altro pianeta, molto più difficile. Richiederà abilità più alte per salire e scendere la montagna e di conseguenza potrebbe comportare potenzialmente anche più lentezza”.  Parla così Simone Moro che, arrivato ieri a 6400 metri, ha visto da vicino la scalata che li attende.

Sono fermi al campo base Simone Moro e David Göettler, scesi ieri da campo 2 della via Schell, sul versante Rupal del Nanga Parbat. Le previsioni meteo parlando infatti di 4 o 5 giorni di brutto tempo, quindi per gli alpinisti si profila una fase di riposo.

” Meglio – commenta il bergamasco -, così riposiamo dopo il tour de force degli ultimi 2 giorni: 2700 metri di dislivello saliti e discesi, e attrezzata la parte più delicata e difficile della salita. I polacchi sono venuti a ringraziarci. La Mazeno Ridge è lì che ci guarda adesso… è vicina. Al nostro passo penso che in un giorno la si potrebbe anche raggiungere, ma i polacchi dicono che loro vogliono fare un campo a metà tragitto, verso i 6600 metri, quindi a metà tra campo 2 e campo 3. Credo in effetti che di solito lo facciano tutti quelli che salgono questa via”.

La Mazeno è la lunghissima cresta di circa 10 chilometri, che tocca 8 vette di 7000 metri di quota. Moro e Göettler l’attraverseranno soltanto, per passare poi sull’altra parete, la Diamir e percorrere l’ultimo tratto della via “normale” al Nanga Parbat.

Le due spedizioni a cena insieme (Photo Simone Moro)

“Una volta raggiunta la Mazeno Ridge si prosegue per 250 metri di dislivello – spiega infatti Moro -, poi si taglia a sinistra orizzontalmente tutta la parete Diamir, in un punto molto al di sopra dei seracchi che hanno bloccato Dujmovits. Quindi si va a beccare l’ultimissimo tratto della Kinshofer. E’ una via eterna che traversa dal versante Rupal al Diamir e viceversa a tornare. In questo senso la salita è come me l’aspettavo, sono consapevole che non è una camminata e che basta poco per farsi male o rimanere in giro…. per questo salgo e scendo veloce con David, per tenere allenato il motore”.

D’altra parte altre possibilità erano state escluse a priori. Per esempio la via Buhl, che è ancora più lunga e che sale dal versante est (la parete Rakiot) e resta molto in cresta. La prima via in assoluto aperta sulla montagna da Hermann Buhl nel 1953 e finora pochissimo ripetuta.

“Facendo un confronto tra la parete Rupal e la Diamir è molto difficile dire quale delle due sia più indicata per la salita invernale – dice Moro -. Forse la via migliore in assoluto è quella che ho tentato con Denis (Urubko) nel 2012…. ma anche da qua non è male, hai sole tutto il giorno, quando c’è. Solo che il Campo Base è 3600 metri….il dislivello che abbiamo scalato io e David ci avrebbe già portato in vetta già a qualche 8000”.

Anche i polacchi si trovano al momento al campo base. Rimasti in 4 dopo la partenza di Marek Klonowski e Michal Dzikowski, continuano ad acclimatarsi e si preparano alla salita collaborando con l’altro team.

“Sono di compagnia – ci dice di loro Moro -, e sono molto riconoscenti e questo è merce rara. Sono squattrinati ma molto onesti e sanno i loro limiti e le loro virtù. Ieri mi ha mandato un sms anche Wielicki facendo incoraggiamenti e raccomandazioni. Prudenza ci dice…. lui sa com’è la cresta e ora che gli ho detto che è stata attrezzata si raccomanda velocità e attenzione. Lui è il “papà” delle invernali e fa piacere che segua i suoi eredi e chi lo ha seguito in queste esplorazioni invernali”.

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