Alpinismo

Caso Epis: spunta la pista svizzera

immagine

BERGAMO — "Quando abbiamo salvato Epis, eravamo convinti che si trattasse di Pierangelo Maurizio. Nessuno lassù sapeva che si era perso un altro alpinista della spedizione Spirito Libero". E’ una delle sconcertanti verità rivelate da Alexia Zuberer, alpinista svizzera che il 19 maggio scorso ha contribuito a salvare la vita al bergamasco Marco Epis, colto da grave edema cerebrale e polmonare a 8.300 metri e ritrovato svenuto, riverso nella neve, vicino alle tende del campo 3 sulla Nord dell’Everest.

Oltre al tragico, ma per certi versi provvidenziale scambio di persona, c’è anche la storia di un alpinista italiano, di nome Lorenzo, che sarebbe salito con Pierangelo Maurizio fino in vetta e poi in discesa, seguendo delle corde fisse sbagliate, avrebbe pernottato in una truna raggiungendo campo 3 il giorno dopo.
 
Insomma, più passa il tempo, più il mistero intorno al caso Epis e al caso Maurizio si infittisce. Leggete – o se preferite ascoltate – la testimonianza di Alexia Zuberer, raccolta in esclusiva da Montagna.tv.
 
 
 
alexia zuberer"Ancora adesso non posso dire di aver capito come sono andate esattamente le cose. Io ho visto Nadia Tiraboschi solo il giorno che sono tornata giù dalla cima al campo 3. Non sapevo che c’era, avevo solo sentito parlare di Nives Meroi e Romano Benet. Non ci siamo mai, mai incontrate in tutta la spedizione.
 
Io sono salita in cima il 18 maggio, e sono arrivata al campo 3 nel tardo pomeriggio del giorno precedente, il 17 maggio. Non sapevo chi c’era al campo, erano tutti in tenda. Con i miei compagni, però, abbiamo visto due puntini, due persone, nel triangolo sommitale. Più o meno a 8.700 metri di quota. Stavano facendo la discesa, penso, ma c’era già l’ombra in cima. E tutti ci siamo detti: Mamma mia, ma chi sono? E’ veramente tardi.
 
Poi siamo andati in tenda, a mezzanotte siamo partiti, abbiamo fatto la cima e quando siamo tornati giù, nella prima tenda che ho trovato c’era questa ragazza con la maschera dell’ossigeno sul viso. Non riuscivo a capire cosa stava dicendo, mi sono avvicinata e quando ha spostato la maschera ho visto che era Nadia.
 
Non posso dire che ci conosciamo veramente, ma l’avevo vista 12 anni fa in Patagonia e l’ho riconosciuta. Abbiamo parlato un po’ e mi ha chiesto se avevo visto un ragazzo vestito come lei, con la tuta di piumino rosso e scarponi della Lowa. Ho detto "No, ho visto un tipo italiano ma non era vestito così".
 
Allora lei mi dice "No, no, allora non è lui. Si è perso Pierangelo, non è tornato, abbiamo fatto la cima ieri e visto che voi siete andati su oggi, magari l’avevi visto. Abbiamo aspettato fino a oggi per vedere se tornava".
 
Sull’itinerario ho visto diversi cadaveri. Almeno sette, di cui uno recente, morto in questa stagione sotto il Second Step. Ma qualcuno in piedi o sdraiato, vestito di rosso, non l’ho visto. Però era nevicato il giorno e la notte precedente…
 
Comunque le ho detto: "Sai magari è andato giù. Delle volte torni giù dalla quota che sei talmente cotto che, anche sapendo che c’è qualcuno nella tenda vuoi scendere. Magari è andato a campo 2".
 
Io avevo previsto di scendere a campo 2 nel pomeriggio. Poi non l’ho fatto perchè ho aspettato il secondo gruppo della mia spedizione, degli amici, volevo chiacchierare un po’ in tenda con loro e non incontrarli velocemente sulla via.
 
Poi mancava uno sherpa dei nostri e non volevo andar giù senza sapere se c’era o no. Finalmente è arrivato, ma era molto tardi e ho deciso di rimanere lì a campo 3. Nella notte il secondo gruppo della mia spedizione è partito per la cima, mentre gli amici del mio gruppo erano tutti andati giù almeno a campo 2. Così mi sono ritrovata da sola nella mia tenda e quando mi sono svegliata la mattina ho avuto bisogno di tempo per organizzare cosa dovevo fare, preparare l’acqua e via dicendo.
 
Mentre mi preparavo ho visto la Nadia che stava andando via. E mi ha detto "Bo, abbiamo aspettato, adesso non penso che serva a qualcosa aspettare un giorno di più". Visto quello mi ha fatto male al cuore. Boh.
  
Io non ero ancora pronta per scendere, poi ho visto due amiche del mio gruppo che dovevano scendere a campo 2 e ho pensato di aspettarle per scendere con loro. In quel momento ho visto uno sherpa che mi ha fatto un segno di andare da lui, forse perchè aveva visto che la sera prima parlavo italiano con Nadia.
 
Vado da lui, e vedo questo tipo con la barba, la tuta rossa e gli scarponi della Lowa. Ho pensato "Sarà lui". Dodici anni fa avevo visto anche Pierangelo. Non mi ricordavo del suo viso, poi passi due notti sulla montagna, sei dimagrito, stanco, con la barba, ho detto: "magari è lui". Convinta. Era proprio vestito come aveva spiegato Nadia.
 
Mi sono avvicinata ma era completamente svenuto. Aveva edema cerebrale e polmonare, non stava più in piedi. Poi ha parlato, ma quello che diceva non aveva nè testa nè coda. Era in una tenda, penso che fosse dei russi perchè era vicino a quella di Nadia, dove c’erano gli
italiani.
  
Io non sapevo che era sparito un altro italiano, Marco. Non penso che me l’abbia detto Nadia perchè lei era focalizzata su Pierangelo che era sparito. Non mi sembra di aver avuto informazioni che mancava Marco, ma penso proprio che non lo sapevo.
Lo sherpa lo stava mettendo in un’altra tenda. Chiaramente si aspettavano che morisse perchè gli avevano tirato fuori ramponi e imbrago.
 
Quando ho visto così io avevo una puntura di cortisone  e gliel’ho fatta. Ma facendola ho perso almeno metà del liquido. Tra le due ragazze del mio gruppo c’era il medico e le ho chiesto un’altra puntura. Lei è venuta e gliel’ha fatta e abbiamo detto: "se lui non scende è chiaro che morirà". Ma non sapevamo come fare perchè non stava in piedi.
 
Volevamo sdraiarlo sul materasso e tirarlo giù con le corde perchè abbiamo detto: "siamo vive, abbiamo ancora un po’ di energia. Lui è ancora vivo dobbiamo provare a fare qualcosa".
 
Allora è arrivato questo ragazzo russo che ci ha chiesto cosa volevamo fare. Gli abbiamo detto che volevamo tirarlo giù e gli abbiamo chiesto se voleva aiutarci. Lui ci ha detto che l’altr’anno aveva provato ad aiutare uno in quelle condizioni, e che in due minuti quando l’hanno messo in piedi è morto. Ha aggiunto che stava aspettando un gruppo di clienti e non poteva lasciarli soli.
 
Ma noi – Isabel, Sylvie, e io – volevamo fare qualcosa lo stesso e finalmente il ragazzo russo ha trovato uno sherpa che ha accettato di scendere con lui e ha deciso di tirar giù questo tipo. Così ha cominciato ad andar giù.
 
Non penso proprio che ci fosse un soccorso organizzato. Lui era lì perchè stava aspettando un gruppo di clienti per fare la cima. Io e Sylvie siamo scese con lui. Isabel, il medico è rimasta su ad aspettare il marito che stava tornando dalla cima.
 
Noi abbiamo visto che non eravamo utili e siamo scese più veloci per dire a Nadia che era stato ritrovato Pierangelo. E siamo scese di corsa, quasi. L’abbiamo trovata al Colle Nord e le ho detto che avevamo trovato Pierangelo. Era un errore, ma non sapevamo ancora che era Marco.
 
Le ho detto che bisognava organizzare qualcosa perchè il russo sta andando giù ma sta  aspettando i clienti per andare in cima e magari non andrà troppo giù. Quando l’abbiamo lasciato era quasi arrivato a campo 2 e abbiamo cercato tramite Brice e lo svizzero di vedere se c’era uno o due sherpa per fare da campo 2 a giù. Ma gli sherpa o erano giù e avevano finito, o stavano salendo e non era possibile.
 
Finalmente abbiamo trovato qualcuno per telefonare al campo base avanzato degli italiani e Nadia ha potuto parlare con Nives Meroi. A questo punto abbiamo detto "adesso non possiamo fare di più". Così io e Sylvie siamo scese fino all’avanzato e lì Romano è venuto a vedermi per dire grazie. Eravamo felici, abbiamo detto "meno male è salvo".
 
L’indomani mattina alla prima colazione è arrivato Romano che ci ha detto: abbiamo un problema grosso perchè non è Pierangelo. E lì non abbiamo capito cosa stava succedendo. E lui ha detto: "no, era l’altro che era sparito e si chiama Marco". Non sapevo che mancava un altro. Era Marco. Meno male che è stato salvato perchè se non lo portavano giù non sarebbe sceso vivo perchè aveva un doppio edema polmonare e cerebrale.
 
Sembra che Pierangelo sia sparito abbastanza alto in quota. Non so cos’è successo poi se hanno trovato il corpo o no. Io penso che fosse uno dei due punti che abbiamo visto la sera del 17 nel triangolo sommitale, quando Nadia era già al campo.
 
Pierangelo era con un altro Lorenzo che ha provato a fare la salita senza ossigeno. Può darsi che fossero loro perchè so che Lorenzo ha fatto una notte in una truna ad alta quota, perchè si è perso, era molto stanco, probabilmente ha seguito una corda fissa non buona, che hanno più giù sul versante nord dove mettono le tende quando c’è poca neve. Quando c’è molta neve invece si resta più vicini alla cresta.
 
Forse è arrivato giù e non ha piu riconosciuto l’itinerario, quindi ha fatto una truna e ha aspettato l’indomani, per come ho capito le cose. Può darsi che fossero loro e magari Pierangelo ha visto che Lorenzo non era vicino, magari ha detto "lo aspetto così riposo". Poi è passato troppo tempo e magari ha finito l’ossigeno, e poi anche lorenzo magari era troppo svenuto dalla mancanza dell’ossigeno. Non so nemmeno se si ricorda qualcosa.
 
Nadia e Pierangelo si sono visti verso l’una e mezza, mentre lei scendeva lui non era lontano dalla cima, mancava una mezzoretta. Lei gli ha detto che scendeva per fare l’acqua, ha pensato giusto, hanno fatto diverse cose insieme sono tutti e due guide e possono contare sull’autonomia.
 
Ma probabilmente non è più sceso perchè a queste quote, se ti manca un po’ d’ossigeno perchè hai impiegato troppo tempo, che ti siedi, non ti alzi piu hai finito.
 
La cosa che non capisco è se Marco è uscito da una tenda, nè se il giorno prima uno sherpa l’ha trovato e messo in una tenda o se lui camminando così ha trovato la prima tenda e ci è entrato. Penso che sia la più probabile. Nessuno sapeva che era lì e nessuno può spiegare niente perchè nessuno sapeva niente. Non so neanche se Marco si ricorda di qualcosa perchè quando ci siamo visti tre giorni dopo alla frontiera non ci ha riconosciute. Quindi bo, non si saprà probabilmente mai come è successa la cosa".
 
Alexia Zuberer ha salito due volte l’Everest, nel 2004 dal versante Sud e ora dal versante Nord, arrivando in cima il 18 maggio alle 9 del mattino e usando l’ossigeno da 8.400 metri in su, a causa del freddo. Ha salito anche il Cho Oyu, lo Shisha Pangma e l’Ama Dablam. E’ però famosa per le sue altissime performance agonistiche nello scialpinismo: oltre ad essere due volte campionessa europea, ha vinto 4 volte la Pierra Menta, una volta la Patrouille des Glaciers e una il Mezzalama (le tre competizioni scialpinistiche più dure del mondo). La Zuberer detiene inoltre il record d’ascensione femminile del Dôme de Neige des Ecrins.
Sara Sottocornola
Related links

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close