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Dai ghiacciai ai laghi, la sofferenza delle Alpi per il cambiamento climatico

share stelvioMILANO — Dal 1954 abbiamo perso il 40% dei ghiacciai alpini, una quantità di acqua pari a quella contenuta in otto grandi bacini idrici. Questi alcuni dei dati presentati oggi a Milano, dove si è svolta la conferenza “Ghiaccio, aria e acqua: nuovi dati per conoscere gli impatti del cambiamento climatico sul cuore freddo delle Alpi Lombarde” per la presentazione dei i dati del progetto Share Stelvio, che per tre anni ha monitorato i tre elementi fondamentali dell’alta quota nel Parco Nazionale dello Stelvio.

Se ne parla da anni. Ma guardare le fotografie delle lingue glaciali completamente ritirate dalle valli, e vedere numeri così alti scritti nero su bianco, fa effetto. Lo scenario non è affatto roseo per il futuro delle Alpi, secondo i dati prodotti da Share Stelvio in tre anni di studi sui ghiacciai lombardi dell’omonimo Parco. Arretramento dei ghiacciai, frammentazione e perdita di volume fanno presumere che tra pochi decenni nel Parco non ci saranno più ghiacciai.

Ciò che accade ai laghi alpini è un altro segnale che le cose stanno cambiando. Il Parco dello Stelvio è uno dei territori alpini a più alta densità di laghi. Nel 2007 erano 116. E i ricercatori Share Stelvio hanno rilevato come negli ultimi anni siano comparsi molti laghi sopra i 2900 metri di quota, e ne siano scomparsi diversi sotto i 2500 metri.

Aumento delle temperature maggiore della media, anomalie nelle precipitazioni che diventano più intensi e periodi siccitosi sempre più lunghi sono ormai dati assodati per le nostre montagne e rappresentano il contesto di queste ricerche. Le conseguenze sono aumento del rischio idrogeologico, perdita di biodiversità, di ghiacciai e permafrost con impatto sulle risorse idriche, della produzione di energia idroelettrica, aumento dell’inquinamento e degli inquinanti che a loro volta accelerano la fusione dei ghiacciai depositandosi sulla loro superficie.

E’ una riflessione importante quella che propone oggi questo progetto, che vede come capofila l’Università di Milano con il Comitato EvK2Cnr e la Fondazione Lombardia per l’ambiente. E che pone i ghiacciai in prima fila perchè mostrano nel modo più evidente e diretto possibile gli effetti del cambiamento climatico sull’ambiente montano e sulle rirsorse che da esse dipendono. Ma anche l’acqua e l’aria stanno subendo cambiamenti importanti, che la scienza sta rilevando e che necessitano di ulteriori valutazioni e di risposte da parte di autorità e istituzioni.

Tutti gli intervenuti, dalla coordinatice del progetto Guglielmina Diolaiuti ai rappresentanti del Cai Milano che hanno messo a disposizione i rifugi per le ricerche, hanno auspicato l’istituzione di una stazione di monitoraggio permanente sullo Stelvio, che si è rivelato un luogo di osservazione ideale per la comprensione dell’atmosfera alpina, perchè continui a raccogliere dati preziosi come quelli presentati oggi a Milano. “E’ una postazione vitale per la comprensione del clima in ambito alpino” ha detto Antonio Ballarin Denti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e coordinatore scientifico di Fondazione Lombardia per l’Ambiente.

“Credo sia una priorità assoluta della nostra società investire ,sulla comprensione dei cambiamenti climatici e il loro impatto su acque e ghiaccio è sicuramente da osservare in modo di particolare – ha detto Daniela Candia, Prorettore Università degli Studi di Milano -. Questo progetto centra proprio questo tema e coinvolge molti giovani, per questi e molti altri motivi voglio esprimere il mio più alto apprezzamento per quanto è stato fatto e mi auguro che ci sia un proseguimento nello studio di questi temi”.

La regione ha sottolineato l’interesse per i progetti di questo tipo sulle montagne. E Riccardo De Bernardi, presidente comitato scientifico EvK2Cnr, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito allo svolgimento di un progetto scientifico di questo calibro in un ambiente ostico e difficile, ma di fondamentale importanza, come la montagna. “Share Stelvio è una delle componenti italiane del progetto Share, dedicato al monitoraggio climatico in ambienti remoti e d’alta quota – ha detto De Bernardi -, che conta stazioni in tutto il mondo. Mi auguro che il monitoraggio sulle Alpi diventi permanente perchè di fronte ai cambiamenti climatici in corso, due o tre anni di osservazioni non bastano”.

 

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