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Ghiacciai: crisi per un miliardo di persone

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KATHMANDU, Nepal — "Sarà uno tsunami silenzioso, ma terribilmente distruttivo". Così il direttore di Unep Asia Surendra Shrestha descrive lo scioglimento dei ghiacciai himalayani, che sta procedendo a una velocità impressionante. E che rischia di lasciare dietro di sè una scia di devastazioni ambientali ed economiche che metterebbero in pericolo la sopravvivenza di oltre un miliardo di persone.

Quelle che vivono ai piedi delle montagne, che rischiano di essere spazzate via dalle alluvioni, e quelle che contano sull’acqua dolce dei fiumi himalayani. Che potrebbero deviare il loro corso, ridurre la portata, o perfino svanire.
 
E’ questo l’allarme lanciato nei giorni scorsi alla conferenza sui cambiamenti climatici nel Sud Est Asiatico, che si è tenuta a Kathmandu ed ha come protagonisti l’United Nation environmental programme (Unep), l’International centre for integrated mountain development (Icimod) e il Comitato Ev-K2-Cnr.
 
"Se le temperature continuano a crescere con questo ritmo – ha spiegato Shrestha all’apertura del convegno – tra cinquant’anni sull’Himalaya e sul Karakorum non ci saranno più ghiaccio e neve. Le conseguenze ambientali, ma soprattutto socio-economiche, saranno spaventose".
 
Parole forti, ma fondate su dati scientifici concreti. Negli ultimi trent’anni, infatti, ci sarebbe stato un incremento di temperature fino a 0,5 gradi per decennio. Un ritmo letale per le nevi perenni, che di questo passo non potrebbero resistere oltre i cinquanta, cent’anni al massimo. Anche a quote altissime, come quelle dell’Himalaya, dove le cime sfiorano gli ottomila metri.
 
Un esempio? L’Imja Glacier, ai piedi del monte Everest. "Si ritira di ben 70 metri all’anno – ha detto Andreas Schild, direttore dell’Icimod – lasciando dietro di sè enormi laghi glaciali la cui superficie è cresciuta anche dell’800 per cento a partire dagli anni Settanta. Il pericolo più imminente è che debordino, devastando territori e dei villaggi circostanti". Eventi che, sebbene sporadicamente finora, si sono giò verificati in Nepal, Bhutan e India.
 
"Negli anni cinquanta in Himalaya c’erano 12 laghi glaciali – continua Shrestha -. Oggi se ne contano oltre 9.000. Di cui molti al limite di capienza. Solo nel bacino nepalese del Dudh Koshi, nella regione dell’Everest, ce ne sono 12 ad alto rischio".
 
Anche un lievissimo terremoto potrebbe farli esplodere. E l’acqua, scendendo a valle, trascinerebbe con sé detriti, rocce, acqua di altri laghi. Spazzando via villaggi, campi, strade, ponti, centrali idroelettriche e in generale la vita umana. "Come un gigantesco bulldozer" ha chiarito Shresta.
 
Uno scenario del genere scatenerebbe una crisi ambientale, ma soprattutto economica, di proporzioni colossali nel Sud Est Asiatico. Sì, perchè la minaccia non è solo quella delle alluvioni: il passo successivo è la siccità di tutta la regione.
 
L’Himalaya, infatti, si estende per oltre 2.500 chilometri dal Pakistan al Bhutan. E i suoi ghiacciai danno origine a nove dei più grandi fumi d’Asia, che danno acqua dolce e vita a oltre 1 miliardo e trecentomila persone. Ovvero, circa un quinto della popolazione mondiale.
 
La soluzione è solo una. Uno sforzo congiunto – e globale – per ridurre in misura drastica le emissioni gas serra e dare una brusca frenata al riscadamento globale. Perchè studi sulla vulnerabilità del terreno, mappe di rischio e monitoraggio dei laghi glaciali, seppur necessari, sono solo delle misure a breve termine.
 
"Mi appello soprattutto a paesi emergenti come Cina, India e Brasile – ha concluso Shrestha -. Devono iniziare volontariamente a ridurre le emissioni senza arrestare lo sviluppo, puntando sullo sviluppo tecnologico".
 
Un tema su cui si sta già lavorando, come testimoniato dal vertice asiatico sull’Atmospheric Brown Clouds, tenutosi a Kathmandu il 6 e 7 giugno, organizzato dall’Icimod, in occasione del quale è stato presentato l’allarmante documento sulle conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai, frutto dello studio congiunto di Icimod e Unep.
 
Il convegno è proseguito con il confronto scientifico sul monitoraggio delle gigantesche nubi “marroni”, fatte di aerosol e particelle inquinanti, che infestano i cieli del Sudest asiatico e ne minano il clima e i cicli naturali. Monitoraggio nel quale ha un ruolo principe la stazione di rilevamento atmosferico ABC-Pyramid, installata in Himalaya ad una quota di 5.079 metri dal Comitato Ev-K²-Cnr.
 
L’importanza delle scoperte e dei dati rilevati da Abc Pyramid, ha spinto gli esperti a proporre, nel corso del summit, di aumentare i punti di monitoraggio atmosferico nella zona, per approfondire la comprensione della situazione climatica attuale e poter definire più velocemente gli standard per le emissioni dannose in Nepal e in generale nelle regioni asiatiche.
 
Ma l’incontro di Kathmandu, oltre che un importante momento di scambio di conoscenze scientifiche, ha voluto essere anche un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica. Lo studio di Unep e Icimod, intitolato "Impact of Climate Change on Himalayan Glaciers and Glacial Lakes", è stato diffuso lunedì, in occasione della giornata mondiale dell’Ambiente.  Si tratta dello studio di più vasta portata mai condotto sull’argomento.
 Sara Sottocornola
Foto courtesy of Christoph Hormann

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