AlpinismoAlta quota

Messner: all'Everest il 90% degli alpinisti è dopato. Esagerazione o realtà?

BRESSANONE, Bolzano — “Se prelevassero campioni al campo base dell’Everest, si scoprirebbe che il 90% degli alpinisti è dopato”. E’ un enorme macigno quello lanciato da Reinhold Messner in una recente intervista con la testata spagnola Desnivel. Il celebre alpinista altoatesino ha denunciato il diffuso utilizzo di droghe durante la scalata sugli ottomila, e non parla di ossigeno ma di medicinali e sostanze dopanti. Ma è davvero così degenere la situazione in Himalaya? Lo abbiamo chiesto a chi quel mondo lo conosce bene: Eric Johnson, medico americano al campo base dell’Everest, Agostino Da Polenza e Silvio Mondinelli, alpinisti e capispedizione, Giancelso Agazzi, medico d’alta quota italiano.

“Credo che il 90% sia esagerato – afferma Eric Johnson, che è stato medico del pronto soccorso al campo base dell’Everest per due intere stagioni ed è ex presidente della Eilderness medical society -. Ma forse il 50% sì. Ci sono diversi tipi di droghe che purtroppo si ritiene aiutino l’acclimatamento: desomethasone, viagra, steroidi, anfetamine. Nel 2009 ho soccorso un alpinista americano che ha rischiato di morire perchè aveva assunto quantità industriali di Desomethasone, secondo una folle prescrizione del suo medico. Ancora oggi il suo fisico non si è completamente ripreso. Il vero problema è che non esiste una specializzazione per la medicina d’alta quota e tutti i medici possono fare prescrizioni in merito”.

I fatti accaduti all’Everest nel 2009 sono davvero gravi e impressionanti. Sono stati oggetto di recente inchiesta da parte della rivista americana Outside, a cui il protagonista della vicenda, Jesse Easterling, ha deciso di raccontare la propria esperienza per rendere pubblici gli enormi rischi dell’uso di queste sostanze. La sua storia è raccontata nel nostro “Approfondimento del giorno”: Voleva salire l’Everest, ma la droga gli ha bruciato il sistema nervoso.

Purtroppo episodi simili – anche se non certo così gravi – sono capitati anche sotto gli occhi di alpinisti italiani. “Di recente, salendo nella valle del Khumbu mi sono fermato ad un lodge – racconta Agostino Da Polenza -. E’ arrivato un gruppo di americani che facevano un gran chiasso e ad un certo punto hanno iniziato a montare un armamentario medico con una flebo. Hanno portato un ragazzo, emaciato e debole, e lo hanno attaccato per reidratarlo. Tutti si sono assiepati per guardare cosa stava succedendo. Parlando con loro ho scoperto che in realtà il loro medico, non esperto di alta quota, li aveva messi in cura sotto i diuretici per prevenire problemi di acclimatamento: prendevano 4 Diamox al giorno e… ovviamente poi dovevano essere reidratati”.

“Si tratta di uso improprio dei farmaci – continua Da Polenza -. Siamo al limite fra le finalità dopanti e quelle di prevenzione. Si vuole facilitare la salita, alleviare il senso di fatica. Un altro aneddoto che posso raccontare è della spedizione all’Everest di Esprit d’Equipe. Era notte, sentiamo urla disumane. Chi è che “ulula”, ci domandavamo? Era un medico, che prendeva anfetamine per avere maggiori capacità di prestazione e a causa di queste sostanze aveva iniziato a soffrire di allucinazioni. Uno dei grandi temi della farmacopea in montagna è che non c’è nessuna evidenza scientifica del suo vero effetto o reazione in stato di ipossia”.

Mondinelli ritiene che il problema sia grave, ma di dimensioni molto minori rispetto a quelle indicate da Messner. “Sinceramente non saprei proprio dire se è il 90% o il 10% – confessa Gnaro -, perchè ad essere onesto non ho mai visto nessuno doparsi tranne una volta. Era un coreano che aveva raccontato lui stesso di aver preso un farmaco a base di litio che è un antidepressivo. Era stato in parete sette giorni e una volta sceso non voleva nemmeno sedersi. Ma il 90% mi pare francamente esagerato. Forse erano più dopati ai tempi in cui Messner frequentava i campi base, o forse sono tonto io che non mi sono accorto mai di niente. L’unico doping che esiste per me sono il formaggio dello zio Tullio e al massimo la birra Everest”.

“Credo che un’affermazione come quella di Messner necessiti di evidenze scientifiche per avere un fondamento – commenta Giancelso Agazzi, medico italiano specialista in alta quota – anche se a dirlo è il grande Reinhold. Certamente qualcosa esiste, ma non mi sentirei di confermarlo in questi termini perché non so chi lo possa dimostrare scientificamente. Certo esistono episoti storici molto noti. Già Hermann Bull diceva di aver preso stimolanti per salire sul Nanga Parbat, che scalò in prima assoluta, in solitaria e senza ossigeno”.

Buhl stesso, infatti, aveva raccontato di aver assunto il Pervitin (una metanfetamina psicostimolante che all’epoca era diffusa a livello commerciale, nota come “la droga dei nazisti” perchè veniva utilizzata dai soldati tedeschi sul fronte di guerra) per affrontare la salita. Buhl diede prova di una resistenza fuori dal comune: affrontò 41 ore di salita in solitaria, raggiungendo la vetta a tarda sera e bivaccando poi in parete a 7900 metri. Raccontò di aver preso una dose di Pervitin in salita, prima di affrontare il tratto di scalata che conduceva alla vetta, e poi un po durante l’estenuante discesa, quando ormai stava per soccombere a causa della sete e della stanchezza.

“Finora nessuno ha studiato il doping in alta quota – ha detto Messner -. Tutti si sono occupati di ossigeno, ma secondo me quello è un trattamento medico che ognuno deve essere libero di scegliere, perchè senza si rischia di più l’edema. Il doping è molto diverso. Se un medico specializzato prelevasse dei campioni di sangue al campo base scoprirebbe che il 90% degli alpinisti sono drogati”.

“Occorre fare prevenzione tra gli alpinisti – dice ancora Agazzi – per insegnare loro a diffidare dall’uso non corretto di farmaci prescritti con l’intento di ridurre la fatica e di aumentare la prestazione in quota. Non serve una specializzazione particolare per prescrivere farmaci, ma i farmaci devono essere prescritti al bisogno per patologie ben precise e non per altri fini. C’ è il rischio che i farmaci utilizzati per curare le patologie legate all’alta quota vengano utilizzati per migliorare la prestazione sportiva in quota. Sono stati istituiti di recente corsi e master proprio per dare indicazioni in particolare circa i problemi dell’altitudine. Per formare dei medici che sappiano affrontare svariate situazioni che i comuni medici non conoscono”.

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5 Commenti

  1. Ecco ,ci risiamo,il solito Messner che spara a zero contro tutto e tutti.
    Sei proprio insopportabile!
    Si sa che la gente dà buoni consigli
    sentendosi come Gesù nel tempio,
    si sa che la gente dà buoni consigli
    se non può più dare cattivo esempio. (F.d.A.)

  2. Bravo Messner, giusto innescare la questione con una polemica. Anche se è in tipico stile Italico…
    Tanto per dare un’idea, una volta una giornalista della Rai critico l’impossibilità dei ciclisti di farsi una flebo al termine di un tappone Dolomitico allo scopo di riprendersi dallo sforzo.
    Capite bene che l’etica è inesistente. Se devo curarmi, mi curo. Ma immediatamente dopo mi metto a riposo non torno a correre. Non è come prendere un isotonico!

  3. Messner non dice niente di nuovo…solo che lui può permettersi di dire certe cose.un famoso alpinista mi raccontava che nei campi base in himalaya molti alpinisti di notte respirano a pieni polmoni dalle bombole di ossigeno,oltre al doping ormai diffuso tra i climbers(steroidi e co).Grande Messner vecchio leone!

    non censurare prego!

  4. Come ebbi modo di dire 2-3 anni fa intervenendo nella discussione sull’ ossigeno, il vero problema è che l’ utilizzo di ossigeno è facilmente documentabile e dimostrabile tramite fotografie, filmati, testimonianze dirette di altri alpinisti (le bombole e le maschere erogatrici non possono essere nascoste.) mentre viceversa chiunque può assumere sia prima delle spedizioni (eritropoietina, steroidi anabolizzanti..) sia durante la spedizione stessa nella privacy della propria tendina (Viagra, Cialis, Diamox, desametazone, broncodilatatori beta-stimolanti e/o cortisonici) qualunque farmaco ritenuto utile per migliorare la propria performance senza alcun rischio di essere scoperto o sottoposto a controlli antidoping “random” in quanto l’alpinismo come ben noto non è uno sport olimpico né quindi soggetto ad alcuna regola se non etica e morale personale Penso che Messner si riferisca proprio a questo e probabilmente voglia far passare il concetto che va bene stigmatizzare chi fa uso d’ ossigeno, ma senza per questo trascurare chi fa utilizzo ben più grave, massiccio e potenzialmente pericoloso di altri farmaci “veri”.

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