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Ottomila in invernale, Daniele Nardi verso il Nanga Parbat

Daniele Nardi
Daniele Nardi

SEZZE, Latina — Comincia oggi la prima spedizione invernale su un ottomila di Daniele Nardi. L’alpinista parte alle 14 da Fiumicino diretto ad islamabad: secondo i programmi Nardi dovrebbe lasciare la capitale pakistana il 4 gennaio, e raggiungere dopo circa 5 giorni il campo base del Nanga Parbat. L’acclimatamento avverrà sullo stesso ottomila, che l’alpinista di Sezze, prevede di poter attaccare per la vetta vera e propria a cominciare dalla fine del mese di gennaio.

Delle 5 spedizioni che tenteranno il colpo grosso delle invernali sugli ottomila, 4 sono dirette al Nanga Parbat: una ungherese-statunitense, una polacca, una francese e una italiana, quella di Nardi appunto. Con la squadra ungherese-statunitense, composta da David Klein, Zoltan Robert e Ian Overton, l’alpinista di Sezze ha preso contatti prima di partire. “Abbiamo preferito mantenere due campi basi diversi – ha spiegato qualche giorno fa -, tendenzialmente perché abbiamo due organizzazioni logistiche diverse. Poi per quel che riguarda la via di salita lo stabiliremo una volta lì”.

“Qualche settimana fa poi – ha continuato Nardi – mi ha chiamato un’alpinistra francese, Elisabeth Revol, anche lei in cerca di qualcuno con cui condividere il permesso e magari la scalata. Per ora siamo rimasti d’accordo sul permesso, poi vedremo anche con lei se sarà il caso di salire insieme. Nel frattempo avrò modo di conoscerla prima di partire, dal momento che trascorrerò qualche giorno a Chamonix prima del 30 dicembre, data in cui è prevista la partenza”.

Di sicuro insieme all’alpinista laziale ci sarà il video operatore Federico Fantini, che ha sostituito Lanfranco Castiglion, impossibilitato a partecipare al viaggio per ragioni famigliari. In ogni caso il cineoperatore starà fermo al campo base, dove girerà video per il sito internet di Nardi (www.danielenardi.org) e per un film sulla spedizione che verrà poi prodotto da una casa di produzione romana.

Nonostante i numeri non siano paragonabili a quelli della stagione estiva, non sarà di certo solo Nardi al campo base del Nanga Parbat. “E’ una cosa che da una parte mi fa piacere – ha commentato -, perché non essere proprio soli è un bene. Dall’altra però speravo almeno in questa circostanza di starmene per conto mio. Un misto di sensazioni, ma capirò se sarà un bene o un male una volta lì”.

E sul perché il Nanga Parbat sia più gettonato del Broad Peak, secondo Nardi ci sono diverse ragioni. “Prima di tutto per ragioni logistiche – ha detto l’alpinista -. Al di là del fatto che 3 spedizioni di poche persone ciascuna non sono grandi numeri, e a prescindere dal fatto che la storia del Nanga è forse più significativa di quella del Broad Peak, al Nanga ci arrivi con 3 giorni di trekking, al Broad no. Dal punto di vista dei costi, dell’avvicinamento, della logistica il Nanga è più semplice. Io li ho scalati già entrambi e trovo in realtà più complesso il Nanga del Broad Peak che, per carità è sempre un ottomila, ma senza grandi pareti. Al Broad Peak molto probabilmente dovranno usare l’elicottero, e insomma i costi lievitano e oggi come oggi non sono un dettaglio”.

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