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Frana sul Brenta, Ermanno Salvaterra racconta: commovente addio a un’amica

Ermanno Salvaterra e l amica scomparsa (Photo ermannosalvaterra.blogspot.it)
Ermanno Salvaterra e l’amica scomparsa (Photo ermannosalvaterra.blogspot.it)

MADONNA DI CAMPIGLIO, Trento — “Ieri sono stato su a dare un’occhiata ed è veramente allucinante quello che è caduto da quella montagna, appena a sinistra del primo tratto di una mia via. La roccia caduta è alta circa 100 metri, larga dai 40 ai 70 metri e con una profondità che nella parte alta supera i 20 metri”. Con queste parole inizia la lettera inviataci da Ermanno Salvaterra riguardo la frana che nella notte tra martedì e mercoledì scorso, nel Brenta, ha ucciso una pittrice e pediatra di Milano, che si trovava accampata in tenda sulla Vedretta dei Camosci. L’alpinista trentino, molto legato alla vittima, racconta in modo straziante quelle ore e porge il suo saluto personale alla sfortunata amica.

Salvaterra è salito sul luogo dell’incidente dopo la morte della donna, per rendersi conto personalmente della tragedia accaduta quella notte. “Alla base della frana c’era ghiaione con sotto ghiaccio – racconta l’alpinista trentino – e la roccia, crollando, ha creato un enorme buco nel ghiaccio facendolo risalire e creando una montagna fatta di ghiaccio e enormi massi. Indescrivibile”.

L’alpinista si rivolge poi direttamente all’amica perduta con un accorato saluto. “So che non è colpa tua – scrive -. Chi può mai aver avuto più sfortuna di te? E’ stato molto piacevole sentirti lunedì sera. Mi avevi detto che ti sentivi un po’ sola e la sera prima, quando avremmo potuto essere insieme, hai preferito stare a casa. Ti ho chiamata anche oggi ma al telefonino mi rispondeva la segreteria. Credevo l’avessi lasciato spento visto che eri a corto di batteria”. “Quando sei partita lunedì mattina ero felice per te che andavi in Brenta e avresti passato la notte fuori, tutta sola, per provare la tenda e il fornello nuovo”.

“Ti eri appena messa nel sacco a pelo quando ci siamo sentiti ed eri tranquilla anche se sentivi i sassi cadere. Chi lo avrebbe pensato?”

“Avevamo appuntamento a casa mia ieri – continua Salvaterra -, alle 12-13. Dovevamo preparare i bagagli insieme e invece non c’eri. Ho pensato che eri solo un po’ in ritardo. Ho aspettato e poi ancora finché mi sono detto che venivo a cercarti. Poi ho parlato col mio amico Pigi, il pilota del 118, poi con Adriano Alimonta e lì è partita la tua ricerca. Sono partito anch’io ma non era ancora buio quando mi hanno telefonato dicendomi di averti trovata. Ma eri senza vita, Piccola… poi, nonostante mi avessero sconsigliato, ho voluto vederti, per l’ultima volta. Per me eri bella come sabato sera. Avevi solo i capelli un po’ arruffati, come quasi sempre del resto. Con quegl’occhi bassi come quando ti prendevo in giro… ti ho dato un bacio… una carezza sulle tue manine… se tu mi vedessi ora… forse piangeresti insieme a me. Non andrò via, sono troppo triste e non riuscirei a divertirmi. Ci andrò quando verrai anche tu con me… Ciao Piccola… ciao”.

“Grazie a tutti quelli che l’hanno cercata e trovata – conclude Salvaterra -, da Rosati, Alimonta, Tisi, Vender e altri. Grazie anche ai Carabinieri per il buon modo con cui si sono comportati”.

 

Photo http://ermannosalvaterra.blogspot.it

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4 Commenti

  1. È davvero triste, anch’io ho pianto la prima sera leggendo della disgrazia e anche riguardando una seconda volta … seppure non conosco la vittima. Ci ho ripensato più volte e come altre volte una doppia tristezza mi ha assalito e non posso fare a meno di rammaricarmi nel vedere quanto è lontano l’uomo d’oggi dalla natura, quanto grande il mistero della vita e quanto cieca l’umanità. Una vittima delle forze e dell’imprevedibilità della natura? Certo, per quanto è visibile dall’esterno; ma ancor più una vittima della nostra società tecnologica che distrugge la natura e poi la chiama assassina, che anche per l’alpinismo esalta ogni perfezionamento tecnico delle attrezzature e dell’equipaggiamento, che aiuta sì a scalare più facilmente le montagne ma aggiunge anche ogni volta una tacca in più per distruggerle. Proprio noi umani portiamo la colpa per l’aumento delle frane in montagna, noi siamo gli assassini, e l’alpinismo non vi è escluso.
    E questa povera donna … anche lei succube di questa società sbagliata, come avrebbe potuto esserne indipendente? “… per provare la tenda e il fornello nuovo …” , come le parole della verità scritte nel dolore mi tornano sempre in testa; “ sentivi i sassi cadere, ma eri tranquilla …”
    Il nuovo equipaggiamento efficiente dà un senso di sicurezza, mette a proprio agio, è una dannata illusione; Quanto sarebbe stata meglio una vecchia tenda qualsiasi dall’incerta tenuta, che fa rimanere all’erta, ascoltare ogni rumore esterno, sentire in tutta la sua portata la propria vulnerabilità e precarietà. Gli alpinisti del passato avevano un grande vantaggio: erano più vicini alla natura. La montagna non ama essere affrontata con tanta tecnica, con tanti prodotti artificiali, vuole semplicità, anima e cuore; accoglie un essere umano, non un essere imbottito di tecnica. Ogni tanto manda le sue terribili vendette, e a volte colpisce le persone più inermi che fanno da capri espiatori. La roccia doveva proprio cadere quella notte? Perché non una notte prima, una dopo?
    … e ora al posto dei vecchi rifugi, con la scusa di doverli rinnovare per la sicurezza, si impiantano modernissimi prefabbricati di efficienza tecnologica, (vedi rifugio Gervasutti), ma non daranno maggior protezione, più probabilmente porteranno direttamente o indirettamente a nuove vittime, e alla morte dell’Alpinismo vero, che sempre più degenera in mera attività tecnico-fisica e sport competitivo.

  2. Avvenimento veramente toccante ed incredibile.
    Fa ricordare quando talvolta la sfortuna e il destino crudele si accanisca senza che si possa fare qualcosa.
    Se fosse successo a me o al mio amico Ermanno, che abbiamo dietro le spalle centinaia di vie, si sarebbe trattato di un evento derivante da un calcolo di probabilità, ma in questo caso si può solo dire che era nel posto sbagliato al momento sbagliato.
    Sentite condoglianze ai famigliari della vittima e ad Ermanno di cui apprezzo la sua rinuncia alla imminente partecipazione alla spedizione in Patagonia.

    Sergio Ramella

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