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Maurizio Gallo: sulle montagne troppo affollate servono delle regole

Maurizio Gallo (Photo courtesy grivel.com)
Maurizio Gallo (Photo courtesy grivel.com)

PADOVA — Non mi piace quando la montagna finisce sui giornali solo per le stragi. Forse non mi piace nemmeno che ci siano così tante persone ad un campo base. Quando c’è questa folla, se viene giù un seracco e ammazza 10 persone anziché solo 1, si passa da un incidente ad una strage e subito finisce come prima notizia nei telegiornali e su pagine intere dei quotidiani. Quando c’è una folla del genere, ci vorrebbero delle regole. Altro che libertà di muoversi in montagna come e quando si vuole come valore che caratterizza l’alpinismo.

Ieri mattina sulla Gazzetta c’era la notizia di due o tre vie nuove di Barmasse all’Ogre, una spedizione finita a inizio agosto, messa in trafiletto a fianco del paginone dedicato a Mondinelli e al Manaslu. Ecco quel trafiletto fuori posto e fuori tempo mi fa riflettere quanto l’alpinismo sia in realtà schiavo e non libero. Schiavo della comunicazione come valore globale oggi per tutti al livello più alto.

Non si può  sfruttare la tragedia perché tutti, anche i lettori della Gazzetta, parlano di alpinismo bevendo il cappuccino al bar. È inutile dire che pretendiamo la libertà assoluta e ci opponiamo a qualunque divieto che ci può essere posto quando in realtà siamo schiavi del sistema massificato che ci costringe ad essere sempre collegati, vuoi col cellulare, vuoi col satellitare, vuoi con i social network, vuoi con you tube, vuoi con altri decine di alpinisti sulla stessa via perché così e più facile, c’è una traccia da seguire, qualcuno che prende decisioni per noi, il tempo al rifugio o al campo base passa più veloce…

Poi succede ogni tanto che la montagna si stanca di tutto questo casino.

E non diamo la colpa agli sherpa o ai portatori pakistani che sono gli unici ancora in grado di capire, presi in mezzo a questo caos, le parole e i consigli che la montagna manda a chi la ascolta, ma spesso sono da noi obbligati a salire, perché vediamo su Internet che si apre la “finestra” di bel tempo. Meglio che la teniamo chiusa quella finestra.

Quando c’è tanta gente sulle montagne ci vogliono delle regole: un numero massimo di alpinisti ai campi base, un numero massimo di persone sulla normale al Bianco, perché in pochi si ragiona di più e si va più veloci.

Mi ricordo che da giovane guida alpina, mi opponevo alla regola stabilita per il Cervino che permetteva di salire solo con un cliente a testa: ho fatto delle salite con due clienti, talvolta anche come supervisore di cordate indipendenti, stile spedizione commerciale. Poi mi sono reso conto dei rischi che ho corso, ho dovuto cercare dei clienti rimasti da soli sulla montagna. Ecco ho capito che quella regola era assolutamente giusta e da rispettare, e sono tornato sul Cervino sempre con un solo cliente.

Allo stesso modo ho apprezzato la decisione di Russell Brice, leader della spedizione commerciale all’Everest, che quest’anno ha deciso di abbandonare la montagna fin da subito perché le condizioni erano troppo pericolose da affrontare in così tanti: non è poi così vero che le spedizioni dette commerciali sono il diavolo da combattere, per me sono comunque migliori di quelle spedizioni “collettive”, fatte da alpinisti sconosciuti fra loro che si ritrovano al campo base sotto la tenda comune del tour operator, senza alcuna regola.

Il punto è che tante persone in montagna rappresentano un rischio in ogni caso, ed è un problema che non può essere affrontato soltanto con l’invocazione alla libertà. Credo serviranno delle regole anche in Himalaya.

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4 Commenti

  1. Non è Dio, è solamente uno che ha capito che di fronte alla Natura dobbiamo rimanere piccoli e modesti uomini… talvolta fortunati.

  2. dalle notizie lette e dalle parole di Mondinelli non emerge che la valanga sia stata causata dal troppo affollamento di alpinisti.
    pertanto ho difficoltà a capire la logica dell’articolo. e per quale motivo ci si deve scatenare sulle regole
    le regole in montagna sono dettate dalla natura stessa
    i frequentatori della montagna ( alpinisti ) ragionano e si comportano ogniuna secondo la propria morale come in ogni situazione della vita

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