Inarrestabile crisi dei ghiacciai alpini: conferme dai primi dati del Gavia
SANTA CATERINA VALFURVA, Sondrio — Spariscono sempre più in fretta. I ghiacciai alpini stanno regredendo ormai da oltre un secolo, e le prime misure effettuate quest’anno sui ghiacciai mettono in evidenza come questa fase negativa continui, o addirittura accelleri. Parliamo, in particolare, del Ghiacciaio della Sforzellina nel gruppo dell’Ortles-Cevedale: i recenti rilievi nell’ambito del Progetto Share-Stelvio di EvK2CNR, coordinato da Guglielmina Diolaiuti dell’Università di Milano, indicano che il fenomeno sta procedendo con ritmi intensi. Ecco il report del prof. Claudio Smiraglia.
Escursionisti e alpinisti che in questa prima parte dell’estate hanno percorso itinerari di alta montagna hanno potuto constatare come il regresso glaciale, che da oltre un secolo interessa i ghiacciai alpini, non abbia rallentato i propri ritmi.
Appiattimento delle fronti, frammentazione in più apparati glaciali, riduzione delle superfici, ampliamento delle “finestre” rocciose, crescita dei laghi di contatto glaciale, aumento della copertura detritica, sono i fenomeni più evidenti di questa fase, che crea anche rischi ambientali per l’accresciuta instabilità delle masse glaciali e rocciose.
Le prime misure effettuate quest’anno sui ghiacciai mettono in evidenza la continuazione di questa fase negativa o addirittura la sua accelerazione. Uno dei siti più emblematici, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, è il Ghiacciaio della Sforzellina nel gruppo dell’Ortles-Cevedale nel settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio.
La Sforzellina è un piccolo ghiacciaio di circo, poco lontano dal Passo Gavia, per il quale si dispone di misure delle variazioni frontali dal 1925. Dal 1987 vi è inoltre realizzato dal Gruppo Glaciologia dell’Università di Milano e dal Comitato Glaciologico Italiano il bilancio di massa annuale. Si tratta in pratica della misura diretta delle variazioni di spessore, espresse in mm di acqua equivalente, da una fine estate alla successiva.
In venticinque anni il ghiacciaio ha avuto sempre bilanci negativi (unica eccezione il 2001), che hanno provocato la perdita di circa 25 metri di spessore. Le prime misure estive 2012, effettuate nell’ambito del Progetto Share-Stelvio di EvK2CNR, coordinato dalla dr. Guglielmina Diolaiuti dell’Università di Milano, indicano che il fenomeno è continuato con ritmi intensi. A fine luglio con la collaborazione di numerosi soci del Cai-Valfurva si è proceduto alle prime misure con il classico metodo “glaciologico di terreno”, basato sull’utilizzo delle paline ablatometriche, delle quali vengono misurate le variazioni di emersione dal ghiaccio.
Le misure hanno evidenziato rispetto a ottobre 2011 una perdita di spessore compresa fra 50 cm e 100 cm, mentre la zona di accumulo invernale si è rivelata di estensione e di spessore esigui. E’ ancora aumentata la copertura detritica causata dai continui crolli dalla parete del Corno dei Tre Signori, che provoca un rallentamento della fusione; a parità di quota le zone coperte da detrito rivelano una diminuzione della fusione di quasi il 50% rispetto alle aree con ghiaccio esposto. Tenendo conto dello spessore ridotto del ghiacciaio (poche decine di metri) e di ritmi medi di fusione (circa un metro all’anno), è evidente che se non vi sarà una decisa inversione delle tendenze meteo-climatiche, il tempo di sopravvivenza di questo ghiacciaio, che bene rappresenta il glacialismo alpino, sarà sensibilmente ridotto.
Claudio Smiraglia
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Purtroppo lo scarso innevamento di quest’ultimo inverno ha ulteriormente esposto il ghiaccio all’ablazione.
Aspetterei ancora un decennio però per dichiarare spacciati i ghiacciai alpini, il clima è spesso molto imprevedibile, nell’attesa di avere riscontri scientifici dai carotaggi effettuati al Colle del Lys sul Rosa.