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Cadute nei crepacci al GI, una salita piena di trappole

Il crepaccio in cui è caduto Jacob Wetche (Photo Louisrousseau.com)
Il crepaccio in cui è caduto Jacob Wetche (Photo Louisrousseau.com)

ISLAMABAD, Pakistan — Una salita difficile con tante cadute nei crepacci, di cui una particolarmente pericolosa in un buco di oltre 30 metri. L’hanno affrontata al Gasherbrum I il canadese Louis Rousseau, il danese Jacob Wetche e l’americano Rob Springer che qualche giorno fa hanno attrezzato la via verso il campo 3 del colosso pakistano. Ora gli alpinisti attendono solo la finestra di bel tempo che consenta loro di partire per il tentativo di vetta.

La salita ai campi alti si è svolta all’inizio della settimana scorsa, ma solo qualche giorno fa sono arrivati racconti e foto. Rousseau, Wetche e Springer durante l’ultimo acclimatamento hanno trascorso una notte a campo 1 e due a campo 2, attrezzando però la via fino a 6700 metri, raggiungendo quindi il couloir giapponese prima di tornare indietro. La via fino a campo 1 attraversa l’icefall, poi segue un tratto tortuoso lungo una valle abbastanza ampia: qui si trovano diversi crepacci pertanto il team ha proseguito legato.

Tra campo 1 e campo 2 la salita continua gradualmente finché non si fa più ripida e passa nelle vicinanze di torri di ghiaccio, e di diversi crepacci,da superare per raggiungere il Gasherbrum La, ovvero il colle che separa Gasherbrum I e Gasherbrum II, intorno ai 6500 metri.

“Il giorno prima che noi ci muovessimo verso campo 2 – scrive Springer sul blog della spedizione -, un team di due persone aveva fatto un campo 2 piuttosto basso, pertanto fino a lì abbiamo potuto proseguire seguendo la loro traccia. Una volta superata la loro posizione, abbiamo dovuto cercare la via da soli, il che voleva dire immaginarsi anche dove fossero i crepacci nascosti dalla neve. Eravamo a circa 10 minuti di distanza dal nostro campo 2 quando Louis è sprofondato in un crepaccio fino alle ascelle. E’ stato un momento difficile, ma è riuscito a puntare i ramponi e io l’ho aiutato ad uscire dal buco. Poco dopo abbiamo installato campo 2 a circa 6500 metri di quota”.

“Il giorno dopo abbiamo continuato ad attrezzare la via fino a campo 3 – continua l’americano -, di nuovo cercando la via in quella distesa di neve piena di crepacci nascosti. E’ stato un momento complicato, durante il quale io e Louis siamo caduti in diversi crepacci, dovendo essere tirati fuori più volte. Abbiamo proseguito con Jacob in testa e mentre tracciava la via sulla neve, apparentemente così innocua, improvvisamente ha gridato ‘è una trappola!’, ed è scomparso completamente dalla superficie. La neve sotto i suoi piedi improvvisamente aveva ceduto e l’aveva fatto precipitare per 3 o 4 metri in un enorme crepaccio prima che Louis fosse trascinato in avanti e riuscisse a frenarne la caduta (più tardi abbiamo guardato dentro il crepaccio senza vederne la fine, era probabilmente profondo più di 30 metri). E’ stato a dir poco un momento di tensione. Jacob è riuscito ad usare le piccozze per uscire dalla parte più interna del crepaccio, poi Louis l’ha tirato fuori con la sua jumar. E’ per questo che siamo stati costantemente legati alle corde lassù!

Lo spavento però non ha fatto retrocedere il team, che ha invece continuato la salita fino al Couloir Japanese, un canale di neve e roccia largo una sessantina di metri e abbastanza ripido. Rousseau, Wetche e Springer hanno attrezzato parte del canale, mettendo le corde fisse nella sezione più complessa.

“Siamo andati avanti fino a 6700 metri di quota prima di girarci e tornare indietro soddisfatti del lavoro svolto – conclude Springer -, e siamo tornati poi a campo 2.  Qui abbiamo passato un’altra notte, che ci è stata molto utile per completare l’acclimatamento, e infine siamo tornati al campo base”.

Lo scorso weekend gli alpinisti, secondo i programmi, sono rimasti fermi al base, sia per riposare sia per aspettare che i venti forti si placassero. Sempre secondo le intenzioni, in questi giorni potrebbero tornare a campo 2 a portare altre corde, ed eventualmente a finire di attrezzare il couloir giapponese, prima di partire per l’attacco di vetta finale.

 

Photo courtesy  Louisrousseau.com

 

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