Ghiacciai in controtendenza nonostante il Global warming, l’anomalia del Karakorum
GRONOBLE, Francia — I ghiacciai del Karakorum non si stanno riducendo, come accade invece alla maggior parte dei ghiacci del pianeta, e anzi aumentano di volume sebbene di poco. Lo afferma una ricerca francese pubblicata domenica scorsa sulla rivista scientifica Nature Geoscience. La stampa internazionale ne ha parlato molto in questi giorni: noi abbiamo voluto chiedere un parere agli esperti per risalire alle ragioni del fenomeno, capire se si tratti di un’assoluta novità o di cosa nota, e se sia da considerarsi davvero come un””Anomalia del Karakorum”, come è stata definita.
Il team francese composto da Julie Gardelle, Etienne Berthier e Yves Arnaud, si è concentrato sui ghiacci della regione dell’Hindu-Kush-Karakorum-Himalaya, mettendo a confronto due modelli digitali ricavati da immagini satellitari scattate in tempi diversi. Nell’arco di tempo compreso tra il 1999 e il 2008 si sarebbe verificato un aumento anomalo del bilancio di massa dei ghiacciai della regione del Karakorum centrale: i volumi dei ghiacciai risulterebbero leggermente aumentati, in accordo con la rilevata diminuzione dei corsi d’acqua generati dai ghiacciai in questa area.
Ma come mai questi ghiacciai del Karakorum aumentano mentre molti altri, come per esempio i vicini himalayani, diminuiscono? Bisogna innanzi tutto distinguere tra diverse tipologie di ghiacciai, e poi fare i conti con differenti condizioni climatiche. Partiamo dal primo punto. I ghiacciai del Karakorum presi in esame sono ‘debris covered’ ovvero sono coperti in superficie da uno strato di detrito, e soggetti a dinamiche che regolano i processi di ablazione, diverse rispetto ai ghiacciai bianchi, non coperti in superficie. Oltre alla tipologia dei ghiaccia va tenuto conto anche del regime climatico e degli effetti del monsone che influenzano in modo determinante il comportamento dei ghiacciai dell’Himalaya e del Karakorum.
“E’ un ottimo lavoro – ha detto in merito allo studio francese Antonello Provenzale, ricercatore dell’ISAC-CNR e collaboratore del Comitato EvK2Cnr -, e conferma ciò che si intuiva da tempo, cioè che i ghiacciai del Karakorum sono anomali rispetto a quelli dell’Himalaya. In Karakorum, i ghiacciai tendono a essere stabili o crescere, come già discusso in alcuni lavori di Bookhagen e altri negli ultimi anni. Questi nuovi dati confermano ulteriormente il comportamento”.
Diverse ricerche passate infatti, avevano già messo in evidenza come i due tipi di ghiacciai stiano reagendo in modo diverso al Global Warming. Uno studio pubblicato sempre su Nature Geoscience il 23 gennaio del 2011 e svolto da un team tedesco e americano – composto da Bodo Bookhagen dell’University of California Santa Barbara e da Dirk Scherler e Manfred R.Strecker dell’Institut für Geowissenschaften dell’Università di Potsdam – sulla base di immagini da satellite, evidenziava come il 65% dei ghiacciai interessati dai monsoni stiano regredendo, mentre quelli di tipo detritico siano tendenzialmente stabili o addirittura in avanzamento. Lo studio in particolare dichiarava come non ci fosse una risposta uniforme da parte dei ghiacciai himalayani ai cambiamenti climatici e sottolineava l’influenza del detrito nei processi di fusione dei ghiacciai, aspetto fondamentale, tralasciato in passato nelle previsioni riguardanti l’innalzamento del livello del mare.
In ogni caso, concludevano gli scienziati del team americano-tedesco, per spiegare le notevoli differenze osservate in termini di dinamiche glaciali tra il Karakorum e la regione dell’Hindu Kush sarebbero necessari maggiori approfondimenti. Per avere un analisi certa del motivo di questo comportamento anomalo dei ghiacci, bisognerebbe disporre di un monitoraggio a lungo termine del bilancio di massa dei ghiacci, al momento non disponibile.
“La notizia è molto interessante – ha commentato Claudio Smiraglia, professore dell’Università degli Studi di Milano e glaciologo di fama internazionale -, visto che i ghiacciai delle catene montuose di tutto il mondo mostrano bilanci molto negativi (ad esempio sulle Alpi) o negativi (ad esempio in Himalaya). In realtà già dal 2005 diversi ricercatori sottolineavano questa particolare evoluzione dei ghiacciai del Karakorum, soprattutto il canadese Ken Hewitt, che coniò la definizione ‘L’anomalia del Karakorum’. Anche le missioni effettuate nell’ambito dei progetti di EvK2CNR hanno evidenziato questa situazione anomala: nel 2006, ad esempio, le ricerche coordinate da Claudio Smiraglia e Christoph Mayer indicavano per l’alto Baltoro un bilancio di massa vicino all’equilibrio, risultato divulgato poi in altre pubblicazioni. Anche la missione fotografico-scientifica del 2009 ‘Sulle tracce dei ghiacciai’, coordinata da Fabiano Ventura riportava immagini e dati che evidenziavano una sostanziale stabilità areale dei ghiacciai della regione del Baltoro”.
Ancora l’estate scorsa un altro gruppo di ricercatori del progetto Share-Paprika, coordinato dal Comitato EvK2Cnr di Bergamo, ha realizzato studi al suolo e via radar sulle acque, i ghiacciai e il clima in Karakorum. Al progetto, portato avanti da ricercatori italiani (Università di Milano, Politecnico di Milano, ARPA-Lombardia, Comitato EvK2Cnr), tedeschi (Bavarian Academy of Sciences and Humanities di Monaco di Baviera) e austriaci (Università di Innsbruck), hanno partecipato anche gli stessi studiosi francesi autori dell’articolo su Nature.
Gli studiosi hanno rilevando dati sul Baltoro con lo scopo di acquisire informazioni sulla quantità di acqua racchiusa nelle gigantesche masse di ghiaccio del Karakorum Centrale e nelle coltri nevose che ammantano i ghiacciai e le montagne che li circondano. Nello specifico hanno misurato i tassi di fusione del ghiaccio, cartografato il detrito presente alla superficie del ghiacciaio (che modula la fusione del ghiaccio), quantificato lo spessore della coltre nevosa in un ampio settore del bacino superiore e descritto la stratigrafia e le caratteristiche fisico-chimiche.