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Brumotti torna a casa, l’Everest dice no

Vittorio Brumotti (Photo JuriBa)
Vittorio Brumotti (Photo JuriBa)

KATHMANDU, Nepal – E’ già finita la spedizione all’Everest di Vittorio Brumotti. La notizia è stata confermata dall’ufficio stampa del biker di Striscia la notizia pochi minuti fa: il governo Nepalese ha ritirato infatti tutti i permessi di cima delle spedizioni non puramente alpinistiche, a causa di uno scandalo internazionale legato alla vendita di orologi con incastonati pezzi di pietre trafugate sulla vetta.

Brumotti e Moro erano arrivati a Kathmandu solo pochi giorni fa, il 27 marzo, e si stavano preparando per partire verso il campo base dell’Everest. Ma ieri pomeriggio, durante un briefing presso la “Mountaineering Section” del Ministero del Turismo nepalese, è arrivata la doccia fredda.

Il permesso di scalata di Brumotti, a cui straordinariamente veniva accordata la possibilità di poter portare in cima la bicicletta, è stato parzialmente negato. Come si legge sul comunicato stampa ufficiale, la causa sarebbe “uno scandalo scoppiato pochi giorni fa: un’azienda americana avrebbe messo in vendita degli orologi con incastonati nel quadrante alcuni pezzi di pietre trafugate sulla cima dell’Everest”.

Vittorio Brumotti, che veniva autorizzato a raggiungere al massimo il Colle Sud, ha quindi deciso di tornare a casa, dal momento che ha ritenuto inutile realizzare un parziale record e non l’impresa dichiarata, annunciata e pianificata.

“Sono stati giorni concitati – spiega Simone Moro -, caratterizzati da trasferimenti, sdoganamenti di materiale, preparazione delle attrezzature con le relative  prime riprese video.  Come un macigno ci è piombata addosso questa brutta sorpresa, inaspettata, imprevedibile. Al regolare e classico permesso di raggiungere la cima dell’Everest a piedi è stata allegata una specifica appendice per la bicicletta con il limite però di 7.900 metri di quota, che rappresenta il colle sud, l’ultimo campo alto prima del balzo finale verso la cima. A Brumotti sarebbe dunque stato permesso di salire l’Everest portandosi ed utilizzando parzialmente la sua bici ma solo fino a quella quota. Da lì avrebbe potuto continuare esclusivamente a piedi senza il trasporto o l’impiego del mezzo a due ruote. Nessuna azione di convincimento e trattative serrate hanno portato al cambiamento della decisione delle autorità nepalesi”.

Al momento sarebbe stata intanto aperta una commissione d’inchiesta governativa per chiarire la vicenda degli orologi. Rimane comunque un epilogo inaspettato a un’impresa verso cui molti si erano detti contrari, invocando lo spirito e la sacralità della montagna. L’Everest sembra proprio aver risposto.

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