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Grande ritorno in Himalaya: Nives Meroi e Romano Benet al Kangchenjunga

Nives e Romano (Photo courtesy nivesmeroi.it)
Nives e Romano (Photo courtesy nivesmeroi.it)

RIETI — E’ ufficiale, partiranno il 5 aprile. Nives Meroi e Romano Benet hanno annunciato sabato l’attesissimo ritorno in Himalaya, che li vedrà impegnati nientemeno che sul Kangchenjunga, l’ottomila nepalese sul quale Benet si era sentito male ed aveva rischiato la vita. Oggi, dopo due trapianti di midollo, l’alpinista tarvisiano e la sua celebre moglie ritorneranno su quella montagna, per tentare di salire il loro 12esimo ottomila.

Era il 2009 quando Benet si sentì male sul Kangchenjunga, la terza montagna più alta della Terra con i suoi 8.586 metri. I due si trovavano a quota 7.500 metri, diretti verso la cima, quando lui, esaurite le forze, non riesce più proseguire. La Meroi, che era fra le favorite a diventare la prima donna ad aver salito i 14 ottomila, rinuncia e scende al campo base con il marito, forse non sapendo che gli stava salvando la vita. Per Benet, infatti, il malore si rivelò un sintomo di un male ben più grave della sofferenza per la quota. Un male che lo ha costretto a due anni di cure e ben due trapianti di midollo.

Ma ora è tutto passato. La coppia è pronta per tornare in alta quota a realizzare i propri sogni. E vuole ripartire proprio da lì, dal Kangchenjunga. Ma non per mettere una “x” su una montagna o per sentimenti di rivalsa. “Noi torniamo lì semplicemente perchè è una zona molto bella, ed è una bellissima montagna” dice la Meroi.

L’annuncio è avvenuto sabato, durante la serata tenuta dai due alpinisti in occasione della manifestazione “Montagne nel cuore” organizzata dal Cai di Rieti, durante la quale, davanti ad un folto pubblico, hanno proiettato la loro nuova multivisione “Io sono le montagne che non ho scalato”.

Nel frattempo, il primato femminile sui 14 ottomila è stato conquistato. Ce l’ha fatta prima la coreana Oh Eun Sun, sebbene il suo record sia stato contestato per l’incertezza sul raggiungimento della cima del Kangchenjunga. Poi la basca Edurne Pasaban, con 14 ottomila saliti di cui due con l’ossigeno, e alla fine l’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, che li ha saliti tutti senza ossigeno. Niente più pensieri alle classifiche, dunque, per la Meroi?

“Le classifiche non mi sono mai interessate – dice l’alpinista – e non mi sono mai posta il problema della concorrenza con le altre, ovviamente quindi non lo faccio nemmeno ora. Se mi fosse interessata la gara non avrei motivo di ripartire. Nemmeno i 14 ottomila sono mai stati l’obiettivo. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di salire una montagna per volta”.

La Meroi e Benet, entrambi 50 anni, hanno salito insieme 12 ottomila senza ossigeno, senza portatori e senza campi prefissati. Hanno sempre vissuto di un alpinismo essenziale e ispirato al rispetto della montagna, che ora finalmente possono tornare a vivere. Insieme. Hanno iniziato l’anno scorso con qualche scalata sulle Alpi, poi l’autunno scorso con il trekking al Mera Peak, e ora torneranno sugli ottomila.

“La nostra è una storia di speranza – ha commentato la Meroi – ma anche di sostegno e solidarietà per la donazione degli organi, sappiamo quale opportunità rappresenta questo gesto per le persone in difficoltà. Senza quel donatore anonimo che ha ridato la vita a Romano, noi non potremmo ora pensare a questa nuova esperienza di vita. La donazione degli organi e del sangue è un grande esempio di alleanza umana”.

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