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Invernali: Moro, Urubko e Richards tentano il Nanga Parbat

Nanga Parbat (Photo Simone Moro - www.simonemoro.com)
Nanga Parbat (Photo Simone Moro - www.simonemoro.com)

BERGAMO — E’ ufficiale. Simone Moro, Denis Urubko e Cory Richards tornano in Himalaya il prossimo dicembre per compiere la prima invernale assoluta del Nanga Parbat. Il trio, che l’anno scorso è già riuscito nella prima invernale della storia su un ottomila del Karakorum, il Gasherbrum II, tenterà la salita sul colosso di 8.125 metri dal versante Diamir.

Il Nanga Parbat è già di per sé uno degli ottomila più difficili, con una parete di oltre 4000 metri di dislivello tra le più alte del mondo. Il colosso, il nono per altezza, si trova totalmente in territorio pakistano: è nell’estremo nord ovest della catena Himalayana, molto vicino al punto di giuntura con il Karakorum, dove nei primi giorni di febbraio scorso Moro, Urubko e Richards hanno conquistato la prima salita invernale del Gasherbrum II.

E così, visto che squadra che vince non si cambia, i tre alpinisti partiranno per il Pakistan il prossimo 26 dicembre, ovvero a inverno già cominciato. Non si conosce con esattezza al momento quale sarà l’itinerario di salita: potrebbe essere la via normale, la Kinshofer, oppure potrebbero seguirla solo fino a campo 3 dove si allaccia la variante aperta nel 2003 proprio da Simone Moro insieme a Jean Cristophe Lafaille.

La via Kinshofer, aperta nel 1962, non sale in mezzo alla parete, resa pericolosa da frequenti valanghe provenienti dal ghiacciaio pensile, ma sale lungo lo sperone sul lato sinistro della parete. Sempre sul Diamir si è svolto il tentativo di salita di Mummery del 1895. Mummery circa a quota 6100 attraversò il Diama Pass raggiunendo la parete Rakhiot, dove il grande scalatore perse la vita. Ancora sulla parete Diamir si trova la via di Messner, che l’altoatesino aprì in solitaria (la prima completa) nel 1978.

La montagna è costituita da tre versanti: oltre al lato ovest, il Diamir appunto, a est si trova la parete Rupal, e a nord la Rakhiot, quest’ultima diventata tristemente famosa nel 2008 per la morte dell’alpinista altoatesino Karl Unterkircher. Il Nanga Parbat è nota come la “montagna dei tedeschi”. Negli anni ’30 infatti, partirono dalla Germania numerose spedizione che tentarono di conquistarla: è loro il più grosso tributo di vite versato su questa vetta.

La prima salita in cima è quella del 1953, realizzata dal grandissimo Hermann Buhl. La sua ascensione in solitaria fu tentata contro la volontà del capo spedizione Karl Herrligkoffer, che aveva dato l’ordine di tornare indietro. Buhl non gli diede retta e arrivò in vetta, ma dovette poi passare la notte in piedi a ottomila metri, perchè il terreno scosceso non gli consentiva di sdraiasi. Buhl non era attrezzato in modo particolarmente adatto a difendersi dal freddo e si ridusse al limite delle forze, riportando anche gravi congelamenti.

 

Info: www.thenorthfacejournal.com

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4 Commenti

  1. Denis e Richard sono alpinisti molto forti, Moro molto meno, però ha imparato a muoversi molto bene tra i mezzi di informazione nazionali e internazionali. Vi pare poco?

  2. Denis e Richard sono alpinisti molto forti, Moro molto meno…ma che caz.. stai dicendo??? Chi sei Jerzy Kukuczka per dire che Moro nn è hai livelli di Urubko e Richards??? fino a prova contaria Simone Moro ha conquistato 3 Ottomila in prima assoluta invernale,senza contare le sue altre numerose salite ai giganti della terra e non…tu che parli e giudichi,che “curriculum” hai??? ma per favore…

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