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FederMoto: le moto fanno anche bene alla montagna

moto in montagna
Moto in montagna

ROMA – “Le segnalazioni dei nostri associati riportano situazioni sempre più evidenti di accettazione dell’escursionismo motorizzato da parte dei reali abitanti del territorio, le Amministrazioni pubbliche vedono positivamente la presenza di manifestazioni organizzate che valorizzano il territorio tanto che, per le stesse, se ne ottengono i patrocini dalle stesse amministrazioni”. Queste le parole di Paolo Sesti, Presidente della Federazione Motociclistica Italiana, che, a seguito della lettera inviata dal Cai relativa alla circolazione dei mezzi a motore sui sentieri di montagna, ha risposto ufficialmente con un comunicato in difesa dei motociclisti.

D’accordo con l’importanza della difesa dell’ambiente, d’accordo con la distinzione tra le diverse tipologie di sentieri. Ma la Federazione Motociclistica Italiana non ci sta a far di tutto un’erba un fascio, né ad accettare il “marchio nero” senza ricordare a tutte le parti in causa i lati positivi della frequentazione delle montagne da parte delle due ruote.

“L’obiettivo di salvaguardare il patrimonio della montagna e dalla sua rete sentieristica rappresenta
uno degli obiettivi  prioritari per i Motoclub affiliati alla Federazione italiana – scrive Paolo Sesti, Presidente della Federazione Motociclistica Italiana, in un comunicato stampa datato 23 febbraio -, allo scopo di promuovere il turismo naturalistico, storico culturale, rurale e agroalimentare, in piena sinergia con l’ambiente così come viene promosso dal Cai nella lettera pari oggetto del 18 febbraio. In particolare, nella Provincia di Bergamo e nel resto del territorio nazionale, vengono organizzati numerosi eventi sportivi ed amatoriali che, con l’uso consapevole delle motociclette, portano un significativo contributo all’economia della comunità locale ove, con la presenza degli appassionati in moto, si ha la possibilità di far conoscere i prodotti nati dalla montagna e le attrattive
naturalistiche locali”.

Parlando poi nello specifico della zona chiamata in causa dal Cai, ovvero quella bergamasca, notevole è per Sesti il contributo positivo portato dallo stesso Motoclub Bergamo, nel far conoscere il nome della provincia a livello Mondiale. È vero infatti che il territorio attira numerosi motociclisti stranieri, e questo succede proprio grazie all’organizzazione di eventi titolati a livello internazionale nonché attraverso l’esportazione di una professionalità in questa organizzazione anche oltre oceano. Senza contare i grandi campioni sportivi nella disciplina motorizzata “fuoristrada” che provengono proprio da queste terre.

“Tale contributo positivo però – continua Sesti – vede anche il mantenimento in vita della rete dei sentieri e delle mulattiere dovuto alla presenza delle escursioni motorizzate amatoriali che, prevalentemente, vengono effettuate sui tracciati più impervi e meno utilizzati dall’escursionismo pedonale. In moltissimi casi di questi particolari tracciati, senza la presenza dei motociclisti, se ne
perderebbe la fruibilità, il ricordo e con essa anche la storia rurale del territorio che li ha visti
nascere. Le segnalazioni dei nostri associati riportano infatti situazioni sempre più evidenti di accettazione dell’escursionismo motorizzato da parte dei reali abitanti del territorio, le Amministrazioni pubbliche vedono positivamente la presenza di  manifestazioni organizzate che valorizzano il territorio tanto che, per le stesse, se ne ottengono i patrocini dalle stesse amministrazioni. Dal punto di vista della sicurezza si sono verificate situazioni in cui la presenza dei motociclisti è stata fondamentale per la salvezza di cercatori di funghi o di persone smarrite che sono state ritrovate prima che fosse troppo tardi”.

Dal punto di vista etico invece, la Federazione Motociclistica Italiana non può, evidentemente, condividere la posizione del Cai. Non concorda infatti sull’idea che la montagna sia realmente godibile solo a chi la scopre a piedi, perché, a loro avviso, esistono modi e situazioni compatibili che non necessariamente escludono l’uso di attrezzature moderne.

“L’arrampicata in montagna – aggiunge il Presidente della Federazione -, gli impianti di risalita per lo sci, la presenza dei rifugi alpini (tra l’altro molti gestiti dal Cai), la mountain bike, il parapendio, l’equitazione permettono alle persone di vivere la montagna però prevedono lo sfruttamento di combustibili fossili, l’utilizzo di mezzi a motore per avvicinarsi alla montagna, la presenza significativa e permanente di infrastrutture che probabilmente sono molto più incisive sull’ambiente montano rispetto all’escursionismo motorizzato. Per il frequentatore della montagna in moto o a piedi la possibilità di trovarsi in un contesto naturalistico incontaminato è prevalente rispetto all’esigenza di mutare le caratteristiche dello stesso per creare condizioni di utilizzo in altri modi della stessa montagna. Per natura però lo spirito di tolleranza che ci contraddistingue non ci porta a pensare che l’uso etico della montagna sia esclusivo solo di una determinata porzione di persone e solo per un fine esclusivo”.

Se da un lato la Federazione rivendica il diritto di poter usufruire degli spazi al pari delle altre attività di montagna, non nega però l’evidenza di un problema ambientale provocato dalla moto, problema al quale sta lavorando per cercare una soluzione idonea ed efficace.

“Certo – afferma infatti Sesti -, siamo consapevoli che un uso indiscriminato del mezzo a motore può essere critico, infatti questa Federazione sta attivando iniziative specifiche finalizzate alla mitigazione di  possibili impatti derivanti dall’attività motociclistica su viabilità a fondo naturale. Obiettivo prioritario è perciò la riduzione delle emissioni dei mezzi a motore, la condivisione
pubblica della natura sportiva di parte dell’attività motorizzata che trova una sua precisa
collocazione nell’ambito delle attività del Coni, la promozione di borse di studio finalizzate a
creare una nuova figura di esperti che possano generare ulteriori soluzioni indirizzate alla di
riduzione dei potenziali impatti che si creerebbero da un uso indiscriminato dei veicoli a motore”.

In sostanza se il problema dell’impatto ambientale dei mezzi a motore in montagna esiste, pensare che l’inquinamento e la contaminazione della natura montana derivino solo da questi è per la Federazione motociclistica sicuramente riduttivo. Né è corretto, dal loro punto di vista, demonizzare un’attività come se fosse l’esclusiva fonte di ogni male.

“Siamo certi che quanto rappresentato dalla nota del Cai sia dovuta ad una visione incompleta del
contesto dell’utilizzo dei mezzi meccanici in montagna – conclude quindi Sesti -, purtroppo probabilmente dovuta ad una visione etica che tiene conto di determinati aspetti pregiudiziali che, in realtà, trova meno riscontro tra le persone che ‘abitano’ e conoscono la montagna ed il territorio. In rete, in occasione dell’approvazione del Documento del Comitato Centrale nel 2006, lo stesso Cai promulgò un sondaggio sull’uso dei mezzi a motore che vide un netto vantaggio per questi ultimi rispetto a chi invece era contrario. Nonostante ciò questa Federazione rimane disponibile ad aprire con gli organismi interessati un momento di confronto e concertazione sull’utilizzo dei mezzi a motore in montagna con l’obiettivo di condividere un percorso di ulteriore miglioramento sulla sostenibilità delle nostre discipline sportive ed escursionistiche in moto”.

Info: http://www.federmoto.it/linkclick.aspx?fileticket=iatsvlQUjlY%3D&tabid=261

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