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Tav, marcia a tappe forzate

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TORINO — "Le grandi opere che trovano contrari interi territori non possono essere imposte con la forza o con alchimie politiche". E’ il messaggio forte e chiaro uscito dal Congresso nazionale dei Verdi che si è tenuto nei giorni scorsi a Fiuggi. Un messaggio promosso dagli ambientalisti della Val di Susa. E che tradotto in soldoni significa "niente tav lassù o sarà di nuovo guerra". 

Bella patata bollente per il Governo. Prodi, Rutelli e Di Pietro – spalleggiati dal Comune di Torino e dalla Regione Piemonte – si sono già stracciati le vesti per la costruzione della ferrovia ad alta velocità. Ma se in consiglio dei ministri si dovesse andare alla conta, è chiaro che Verdi e Rifondazione voteranno contro, aprendo una spaccatura nell’esecutivo.
 
Parliamo di scenari futuribili, ovviamente. Quel che risulta ad oggi, invece, è che il governo ostenta sicurezza. "La Tav si deve fare. La novità di oggi è che c’è un clima collaborativo. Da oggi le Fs sono impegnate per uno studio comparativo sulla fattibilita’ delle 4 ipotesi in campo. Entro settembre 2007 ci sara’ una decisione e partiremo con la progettazione". Lo ha detto, n on più tardi di un settimana fa, il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, al termine della riunione a Palazzo Chigi sulla Tav in Piemonte.
 
Sarà. Ma il clima collaborativo pare una pia illusione. E’ bastato che il ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro presentasse la sua relazione che prevede di che il tracciato della linea venga deciso entro il settembre 2007 per far rullare di nuovo i tamburi di guerra nella valle.
 
«Quella data impegna solo il governo e non i sindaci. Presenteremo ricorso al Tar contro il progetto di Ltf » ha subito messo in chiaro Antonio Ferrentino, presidente della Comunità Montana della Bassa Val di Susa.
 
Già, le date. Quelle messe a verbale su precisa richiesta del ministro Emma Bonino. Entro il prossimo aprile conclusione dello studio di impatto ambientale. Entro luglio definizione della valutazione d’impatto ambientale. E al massimo entro settembre chiusura della conferenza dei servizi.
 
Una marcia a tappe forzate che, secondo Di Pietro, ci consentirà di discutere con l’Unione Europea di finanziamenti. La valutazione d’impatto ambientale analizzerà quattro progetti: opzione zero, potenziamento della linea attuale, progetto della Val di Susa e alternativa della Val Sangone.
 
«Speriamo di arrivare a una decisione unanime della conferenza dei servizi altrimenti la palla passerà al Consiglio dei ministri che si pronuncerà dopo aver sentito le commissione parlamentari» ha detto Di Pietro.
 
E qui casca l’asino. Perchè se si dovesse andare al consiglio dei ministri si rischia una prova di forza fra Prodi e l’ala ambientalista dagli esiti imprevedibili.  
 
A poco servirà il cambio di nome. Non si chiamerà più Tav, non si chiamerà più Tac, forse si chiamerà "linea moderna" come ha suggerito il commissario straordinario Antonio Virano in versione stilista. Ma sta di fatto che in Val di Susa di alta velocità non ne vogliono proprio sentir parlare, comunque si chiami.
 

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