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Bresaola fosforescente, è bufera: per produrla si usa carne di zebù

BresaolaCORTENOVA, Lecco — Imperversa la bufera su uno dei più quotati prodotti tipici delle Alpi. La bresaola valtellinese, nei giorni scorsi, è stata sotto accusa dopo che nel cuore della Valsassina è stata venduta una confezione di affettato fosforescente. Il nuovo scandalo alimentare, che segue a stretto giro quello delle “mozzarelle blu”, ha fatto emergere un problema di rintracciabilità della materia prima che per la bresaola, secondo quanto riferito dalla Coldiretti, non sarebbe carne italiana, ma carne di zebù brasiliano.

La bresaola fosforescente è stata venduta in un discount della Valsassina, in provincia di Lecco, ad una signora del paese di Cortenova. Pare che la scadenza fosse lontana, e il pacchetto fosse ben sigillato, ma il colore della carne era inquietante. Così la signora si è rivolta alle autorità, che hanno imposto dei controlli immediati sul prodotto.

Alcuni esperti hanno detto che potrebbe semplicemente essere una reazione naturale della carne al processo di stagionatura. Altri sospettvano cose più gravi. Oggi, l’Asl di Sondrio smorza i toni dicendo che si trattava di una “normale iridescenza della carne”. Certo è che, mentre si attendevano i risultati delle analisi di laboratorio, le denunce della Coldiretti hanno fatto alzare una grossa bufera sull’origine della carne utilizzata per fare le bresaole.

Pensavate fossero bovini italiani? No, cari lettori. Sono per la maggior parte zebù brasiliani, un animale che pare sia molto adatto per fare questo tipo di insaccati: si parla di una produzione annua di 6 milioni e mezzo di bresaole. Purtroppo, pare siano ormai pochi gli artigiani che, in alcuni angoli della Valtellina, producono slinzeghe e bresaole con animali lombardi. I pochi fortunati che hanno assaggiato i loro prodotti, sanno bene che il sapore è ben diverso.

A lanciare l’allarme sull’origine della carne è stata dalla Coldiretti, che ha sottolineato come non esista segnalazione, in etichetta, del paese di provenienza della carne utilizzata per questo salume. Per essere chiamata bresaola – prodotto Igp – basta infatti che una sola delle fasi di produzione sia effettuata in Italia. In questo caso si tratta della lavorazione.

“E’ l’ennesima dimostrazione – dice la Coldiretti – di come l’origine e la tracciabilità dei prodotti diventino elementi strategici per garantire la sicurezza del consumatore”. Di recente, la Coldiretti ha sostenuto un provvedimento della Camera che impone l’obbligo di indicazione di origine sulle etichette dei prodotti agroalimentari.

Solo alcune ore fa l’Asl di Sondrio si è pronunciata dicendo – secondo quanto riferito dal sito Vaol.it – che il colore anomalo della carne era semplicemente “una normale iridescenza che a volte può comparire in prodotti di questa tipologia. Nessun provvedimento restrittivo di natura sanitaria ad oggi è stato assunto in nessun stabilimento che produce bresaola in provincia di Sondrio. In questi stabilimenti l’attività di controllo ufficiale è costante e continua negli anni e le condizioni generali degli stessi e delle linee produttive è sempre stata conforme ai requisiti di legge”.

Il Consorzio di tutela della Bresaola, rimasto in silenzio stampa aspettando l’esito delle analisi sul prodotto, oggi punta il dito sulla Coldiretti. “Le irresponsabili dichiarazioni di una organizzazione agricola – ha detto sempre alla stampa valtellinese – hanno cavalcato la percezione soggettiva di un singolo consumatore. Senza la disponibilità di riscontri oggettivi e analitici, ha denigrato il prodotto danneggiando gravemente un importante comparto del Made in Italy alimentare, mettendo a rischio imprese e posti di lavoro”.

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7 Commenti

  1. E’ una cosa nota da anni che la carne della bresaola non è italiana. Dopo tutto “Indicazione Geografica Protetta” identifica un prodotto per il quale almeno uno degli stadi della produzione hanno luogo nell’area.
    L’informazione trasparente eviterebbe queste informazioni allarmistiche, dopo di che ognuno fa le sue dedizione e non ci dovrebbe essere bisogno che diventi blu per farle….

  2. Ma di recente su Raidue il programma del sabato mattina Regioni ha detto che la bresaola e’ un prodotto genuino decantandone le qualita’ e la tipicita’! Quale e’ la verita’? Oppure questi della Rai ogni volta che parlano di qualcosa gli tirano addosso invidie e cattiva fama?

  3. L’arroganza dimostrata dalle dichiarzioni del Consorzio per la tutela della Bresaola é a mio avviso “autosufficiente”. Io ho di conseguenza già deciso di non far piu’ uso di tale prodotto. La carne bovina secca è un prodotto tipico di tutto l’arco alpino, e tutti sanno che la materia prima ormai spesso non viene piu’ dalle Alpi. Ma mai ho letto una dichiarazione tanto arrogante, o peggio intimidatoria, come quella riportata del Consorzio per la tutela della Bresaola. Il consumatore ha tante alternative che gli permettono di scegliere e, se caso, non essere considerato un percettore di sensazioni particolari, magari “atte a turbare” non l’ordine pubblico, ma interessi non proprio in linea con la tutela del patrimonio culinario italiano. Al consumatore la libertà di scelta, ma soprattutto ad altri consorzi seri, la libertà di difesa della propria dignità qualora messa in dubbio da operatori meno attenti. AT

  4. Siamo 55 milioni.. tutti vogliono la loro parte di carne.. e la vogliono anche Italiana??o cominciamo a rendere pascolabile piazza Duomo oppure è meglio smettere di scandalizzarsi per queste cose… e mangiare un pò meno carne.. magari mangiandola più buona e italiana (veramente) quando possibile..

  5. Il marchio IGP viene dato con un solo stadio della produzione in una certa area geografica, non certifica genuinità,non certifica nulla! ennesimo escamotage per mettere nel piatto degli italiani un prodotto a basso costo spacciato per roba di prima,ovviamente made i Italy!!complimenti….la Cina è sempre più vicina

  6. Io sono Valtellinese, so come vanno le cose…faccio un esempio: con una sola mucca quante bresaole punta d’anca si possono produrre?Semplicemente due, quindi, quanti animali dovrebbero esserci in Italia per soddisfare la richiesta nazionale ed estera?….L’allevamento di bovini da carne da macello è meno redditizia di quella da latte,e anche questo fattore non è certo un incentivo per chi alleva animali.Quello che mi urta è la mancanza di chiarezza, d’altronde il cliente è sempre un pollo da spennare e tenere il più possibile all’oscuro di questo tipo di informazioni, ma questo discorso vale anche per altri prodotti “nazionali”, si parla tanto di filiera, ma certi termini servono solamente a dare pomposità a prese per i fondelli legalizzate.

  7. Tutto ciò è noto da anni. L’importazione di carne dal sudamerica fu candidamente ammesso dalla nota azienda Rigamonti in una trasmissione RAI.

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