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Lago Hunza: a grandi passi verso l'inevitabile

Il lago Hunza
Il lago Hunza

ISLAMABAD, Pakistan — A grandi passi verso l’inevitabile. La situazione nella valle Hunza, minacciata dall’enorme lago formatosi dalla frana del 4 gennaio scorso piombata su fiume, è destinata a peggiorare. Lo dicono i giornali, riportando le valutazioni degli esperti accorsi nella valle.

“Nelle scorse ore – racconta il responsabile tecnico del Comitato EvK2Cnr Maurizio Gallo di ritorno dal Pakistan dove è stato in missione per circa un mese – sono cadute nuove frane sul canale di scolo delle acque e lo hanno ostruito”. Si tratta del canale di scarico che l’esercito pakistano aveva costruito per consentire all’acqua di defluire dal lago, attraversando la frana e giungendo fino al Gilgit River, che si trova più a valle.
“La portata d’acqua arrivata a valle si è ridotta a circa un terzo – spiega Gallo – il che significa che le frane dalle pareti hanno in gran parte bloccato il deflusso”.  La cosa peggiore è che nelle scorse ore è nevicato in alta quota e piovuto nella valle Hunza.
Nel lago entra dieci volte l’acqua che esce. E la situazione con l’andar del tempo è destinata a peggiorare. “Il disgelo vero e proprio lassù non è ancora cominiciato – continua l’esperto del Comitato EvK2Cnr -.Il primo caldo e lo scioglimento dei ghiacchiai faranno affluire nel lago quantità d’acqua ben più grandi di quelle attuali”. Si parla di 5-6000 cusec, contro gli attuali 3000 nei giorni di pioggia.
Una quantità enorme che ha spinto gli esperti ad affermare che con il passare del tempo i rischi di una tracimazione catastrofica aumenteranno invece che diminuire.

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Un commento

  1. Ecco quanto riferisce Filippo De Filippi nella sua cronaca della spedizione del Duca degli Abruzzi del 1909:
    “Ho già fatto cenno della occlusione temporanea di valli. La loro profondità, la forma a “V” ristretta fra pareti scoscese, dalle quali precipitano frequenti frane e scoscendimenti, le predispongono particolarmente a questo accidente. …..impedite nel loro corso, le acque del fiume si raccolgono a monte dell’ostacolo, formando un serbatoio o lago temporaneo. Dopo un tempo più o meno lungo, la pressione delle acque riesce a disgregare la barriera, e un’onda devastatrice irrompe nella valle, e spazza via nel suo cammino ogni traccia di villaggi e di oasi coltivate, portando rovina fin nei lontani piani dell’India.
    In questo modo, nel 1841, una frana caduta nella profonda gola in cui scorre l’Indo a occidente del Nanga Parbat arrestò quasi del tutto il corso del fiume, il quale formò a monte di essa un lago immenso lungo più di 60 chilometri. Sei mesi dopo la diga cedette e l’immenso serbatoio si vuotò in un giorno, cancellando ogni traccia di vita in 1300 chilometri di valle. Allo sbocco di questa nel piano del Punjab, ad Attock, era accampato l’esercito Sikh di Gulab Singh; L’onda formidabile lo travolse, facendo 500 vittime. Queste catastrofi non sono particolari dell’Indo e la storia ricorda più di un disastro simile, dovuto alle stesse cause, nelle altre valli dell’Himalaya occidentale.(*)
    (*) Uno dei maggiori fra questi fu la distruzione della città di Bilaspur nel 1762, causata dal cedere improvviso di uno sbarramento del fiume Sutlej, causato da una frana,che aveva resistito 40 giorni alla pressione delle acque accumulate.

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