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L’esercito cinese spara contro i rifigiati: strage sulle montagne

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KATHMANDU, Nepal — Sono sette le vittime del massacro che si è consumato nei giorni scorsi presso il passo di Nangpa La, dove l’esercito cinese ha sparato su un gruppo di profughi che cercava di raggiungere il Nepal. La vicenda è stata vista da alcuni alpinisti impegnati nella scalata al Cho Oyu.

Era il 30 settembre quando le guardie cinesi di stanza al confine fra la Cina ed il Nepal, hanno aperto il fuoco contro un gruppo di rifugiati che cercava di scappare attraverso i monti. Fra queste, una monaca buddista ed un bambino rimasti uccisi nella sparatoria.
 
La conferma arriva da una fonte del monastero di Kushinagar, India settentrionale. "Ci hanno confermato – ha raccontato il lama Tsering ad Asianews-  la morte dei sette rifugiati fra cui una nostra sorella ed un bambino. All’inizio sembrava che fossero morte due persone, ma adesso siamo sicuri del fatto che il numero è salito”.
 
Secondo la ricostruzione fornita da alcuni alpinisti che erano nella zona, il gruppo di rifugiati, composto da 70 persone, ha incontrato i soldati cinesi nei pressi del passo Nangpa La (nella foto), vicino al monte Everest. Appena li hanno visti, le guardie hanno aperto il fuoco e solo una quarantina sono riusciti a fuggire verso il Nepal.
 
La preoccupazione ora è per le persone che sono state catturate.  “Saranno torturati e perseguitati per il resto della loro vita. Per un tibetano, forse è meglio morire che rimanere nelle mani dei soldati han”, spiega il lama.
 
Ogni anno sono centinaia i rifugiati tibetani che cercano di sfuggire all’invasione cinese della provincia. Per evitare le guardie, scelgono di passare il confine attraverso i passi più isolati, di solito non controllati.

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