News

Cortina d’Ampezzo, rinasce il Trampolino Italia. E non per sport

Costruito per le Olimpiadi del 1956, torna a una nuova vita. Non più un impianto per il salto con gli sci, ma come un’icona riconosciuta per la sua elegante architettura. Da decidere la sua funzione futura

Torna a rivivere il Trampolino Italia a Cortina d’Ampezzo. Il restauro a cui è sottoposto lo farà rinascere, per i prossimi Giochi olimpici 2026, non più come impianto sportivo, ma come un’icona di Cortina. Finalmente!  La struttura realizzata per le gare di salto con gli sci delle Olimpiadi del 1956, utilizzata fino agli anni ’90, si presentava in evidente stato di degrado. Ma non poteva finire così, in abbandono, perché quel trampolino è molto di più di un trampolino. È un manufatto unico che colpisce chi mette piede nella conca.  Non serve più che il trampolino sia un impianto sportivo, o che lo ridiventi in futuro. Basta che ci sia: esserci è la sua funzione. Non un corpo estraneo inserito nel paesaggio ma un elemento del paesaggio stesso, senza il quale ormai quel paesaggio perderebbe la sua identità. «Il trampolino è uno dei pochi landmark architettonici della valle – spiega l’architetto Mattia Menardi Menego che, insieme a Gabriele Bee, gli ha dedicato studi approfonditi – le montagne fanno da padrone in questo scenario e le architetture che possono essere definite landmark all’interno della conca ampezzana sono solamente tre: il trampolino, il campanile ed il sacrario militare».

“Il più bel trampolino del mondo”

L’impianto per il salto si trova all’ingresso principale del paese e svetta su di una morena glaciale ricoperta di conifere. È un’opera mirabile e suggestiva. “Il più bel trampolino del mondo”, come venne definito quando fu costruito.  Le Olimpiadi del 1956 volevano infatti lasciare un segno anche nell’architettura. Il progetto porta la firma dell’ingegner Piero Pozzati, un pilastro dell’ingegneria italiana. L’opera venne realizzata dall’impresa edile Mantovani e collaudata dall’ illustre ingegner Pier Luigi Nervi. Tutta l’area per il salto è suddivisa in tre elementi principali: il piano di frenata, la discesa di atterraggio con le tribune e la rampa di lancio. La struttura della rampa di lancio è stata realizzata in cemento armato parzialmente precompresso ed è composta da una trave slanciata di 90 metri di lunghezza.  Il punto più alto si trova a 54 metri dalla base. Incredibile la velocità con cui i lavori furono portati a termine. Le opere in cemento furono realizzate in soli 73 giorni, il cantiere iniziò solo ad aprile del 1955 spalando la neve residua che ancora occupava l’area, a soli dieci mesi dall’inizio dei Giochi.

Il colore

Un elemento interessante, anche se il degrado lo aveva quasi fatto quasi scomparire, è il colore.  L’uso del colore nella costruzione dell’immagine della rampa di lancio è uno degli elementi più caratterizzanti questa architettura, le tinte scelte sono le stesse usate per la costruzione di molti altri impianti ed edifici relativi alle Olimpiadi del 1956. «L’accostamento di questi colori nasce da uno specifico obiettivo progettuale», spiega Menardi. «Il profilo è messo in risalto dalla lamiera che lo definisce, di un colore rosso complementare al verde degli abeti dello sfondo, e da un contrasto con il bianco dell’esile profilo strutturale. Agli elementi che non fanno parte della struttura principale è stato assegnato una particolare tinta rosa che ricorda il colore della dolomite illuminata dal sole. Per gli elementi di finitura come il parapetto e i pennoni delle bandiere è stato utilizzato un colore celeste in modo che questi elementi possano smaterializzarsi quando vengono visti in contrasto con il cielo. Il profilo rosso così evidente schiacciato tra il bianco della neve della rampa di lancio e lo stesso colore riportato sul fianco della struttura, evidenzia la linea generatrice di questo progetto, il rosa del dente che si accende con la luce serale fa entrare anche il trampolino nell’”enrosadira” dolomitica».

La magnificenza dell’opera trovò subito la sua consacrazione: «La folla ruscellava lungo le strade che conducono a Zuel», scrisse Gian Maria Dossena sulla Gazzetta dello Sport  raccontando la gara di salto speciale il 5 febbraio 1956, «raggrumandosi ansiosa attorno all’esile, salda lingua di cemento del Trampolino Italia, il più bel trampolino del mondo: e s’ispessiva nelle tribune, nell’anfiteatro largo, disteso sotto l’erta, come per un rito di ringraziamento a quello strano rigido idolo svettante sul bosco».

Che funzioni assolverà il Trampolino Italia una volta ultimata la riqualificazione?

Come detto non sarà più un impianto sportivo. Da quella elegante lingua di cemento non si potrà più saltare. Le regole della Federazione Internazionale dello Sci oggi non lo permettono più. D’altra parte la maggior parte dei trampolini nel mondo che non vengono più utilizzati sono statati demoliti o lasciati al loro degrado (vedi il caso dei trampolini di Pragelato per i Giochi del 2006). Per fortuna a quello di Cortina sembra arridere un futuro migliore. Non sono stati ancora definiti nel dettaglio i termini del suo riutilizzo. Per SIMICO, la Società infrastrutture Milano Cortina 2026 che ha in carico l’operazione, l’obiettivo è riqualificare la struttura e l’intera area circostante, comprese le tribune, affinché possa trovare una nuova funzione divenendo un polo attrattivo e di aggregazione per Cortina d’Ampezzo. Sarà uno spazio che accoglierà anche importanti mostre internazionali. Speriamo che sia veramente così. La più importante funzione, quella di esserci, comunque è assolta.

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close