La straordinaria scoperta dello Stelvio conferma che l’Italia è terra di dinosauri
Qualcuno ha scritto di un “Triassic Park” lombardo. Le migliaia di impronte scoperte dal fotografo Elio Della Ferrera e dal paleontologo Cristiano Dal Sasso formano un sito di straordinaria importanza. Ma dalle Dolomiti e dal Carso fino al Matese e al Gargano i ritrovamenti testimoniano una presenza diffusa in tutto il Paese


Molte scoperte importanti, in materia di dinosauri, sono state fatte per caso. E’ accaduto qualche decennio fa sulle Dolomiti, quando Vittorino Cazzetta ha individuato le impronte ai piedi del Pelmetto. E’ accaduto a Mattinata, sul Gargano, quando un paleontologo svizzero ha riconosciuto delle impressionanti tracce sui massi con cui era stato costruito il frangiflutti.
E’ successo di nuovo tre mesi fa in Valle di Fraele, nel settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio. Il 14 settembre, il fotografo naturalista Elio Della Ferrera, in cerca di cervi e di gipeti, ha scoperto dei segni dall’aspetto bizzarro su una parete rocciosa quasi verticale ai piedi delle Cime di Plator e della Cima Doscopa, sulla sponda meridionale dei Laghi di Cancano.
Si è avvicinato, ha risalito un ghiaione fino alla base delle rocce, ha capito che le centinaia di “buchi” che solcavano in lungo e in largo le placche erano tracce di dinosauri. Alcune raggiungono i 40 centimetri di diametro, altre sono disposte in file parallele. Alcune, viste e fotografate da vicino, mostrano evidenti tracce di dita e di artigli.
L’indomani Della Ferrera ha telefonato a Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, uno dei ricercatori italiani che lavorano da più tempo su questo tema, che è rimasto a bocca aperta e ha subito confermato che si trattava di impronte di dinosauro, mai segnalate finora.
Nei giorni successivi si è formato un gruppo di lavoro che comprende il Museo milanese, il Parco Nazionale dello Stelvio, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Como, Lecco, Sondrio e Varese, e di ricercatori del MUSE di Trento e del Dipartimento di Scienze della Terra “Ardito Desio” dell’Università di Milano. I Carabinieri Forestali hanno delimitato la zona e vigilano sulla sua integrità.
La notizia è stata comunicata alla stampa martedì 16 dicembre, e immediatamente rilanciata da siti, quotidiani e televisioni. Il “Triassic Park” dello Stelvio, con impronte risalenti al Triassico superiore (circa 210 milioni di anni fa) è il primo sito di questo tipo individuato in Lombardia. A renderlo unico, e importantissimo, sono l’estensione, l’altissima densità delle tracce (fino a 4-6 per metro quadrato) e la presenza di orme grandi, medie e piccole. E’ facile prevedere che geologi e paleontologi, per studiarlo a fondo, dovranno lavorare per decenni.
Le impronte, lasciate in buona parte da bipedi, hanno la stessa storia di altri siti, alpini e non. Sono state impresse da dinosauri che camminavano su distese sabbiose in ambiente simile a quello degli odierni Tropici. Poi la sabbia si è trasformata in roccia, ed è stata spinta ad alta quota dalle forze dell’orogenesi, che hanno creato le Alpi e le altre catene montuose della Terra.
Secondo i ricercatori, le impronte sono state lasciate da dinosauri prosauropodi, degli erbivori dal collo lungo e dalla testa piccola, che sono probabilmente gli antenati del brontosauro e degli altri grandi sauropodi del Giurassico (come il famoso brontosauro). Forse si tratta del Plateosaurus engelhardti, lungo fino a 10 metri, di cui sono stati trovati molti scheletri in Svizzera e in Germania.
“Questo luogo era pieno di dinosauri, è un immenso patrimonio scientifico. Le camminate parallele sono prove evidenti di branchi in movimento sincronizzato. Ci sono anche tracce di comportamenti più complessi, come gruppi di animali radunati in cerchio, forse per difesa. anche in Lombardia ci sono luoghi ancora inesplorati, remoti nel tempo e nello spazio” spiega Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano.
“Le orme sono state impresse quando i sedimenti erano ancora soffici e saturi d’acqua, sulle ampie piane di marea che circondavano l’Oceano di Tetide”, aggiunge Fabio Massimo Petti, icnologo del MUSE di Trento ed esponente della Società Geologica Italiana. “La plasticità di quei finissimi fanghi calcarei, ora divenuti roccia, ha permesso di conservare dettagli anatomici delle zampe come le impressioni delle dita e degli artigli”.
Nella conferenza stampa del 16 dicembre a Milano, anche la Soprintendente Beatrice Maria Bentivoglio-Ravasio, e Franco Claretti, direttore del settore lombardo del Parco, hanno sottolineato l’importanza del ritrovamento e auspicato la sua tutela e la sua valorizzazione in tempi brevi.
La grande Italia dei dinosauri
La scoperta del “Triassic Park” dello Stelvio è un tassello fondamentale in una possibile “Via dei Dinosauri” che attraversa le Alpi e le Prealpi verso est dallo spettacolare sito di Émosson, sul versante svizzero del Monte Bianco, verso le cave di Saltrio, nel Varesotto, dov’è stato ritrovato nel 1996 il Saltriosauro, il primo grande dinosauro carnivoro italiano.
Nel Parco paleontologico di Cene, in Val Seriana, sono stati scoperti l’Eudimorphodon ranzii e altri fossili oggi esposti nel Museo Civico Enrico Caffi di Bergamo accanto a pesci, rettili volanti e placodonti (simili a tartarughe) provenienti da Zogno e dalla Val Brembana.
Più a est, si possono ammirare impronte di dinosauro al Passo delle Palade e in Val d’Ultimo, nel canyon del Bletterbach in Alto Adige, ai Lavini di Marco presso Rovereto e a Casera Casavento nelle Dolomiti Friulane. Le celebri impronte ai piedi del Pelmetto si raggiungono a piedi dal Passo Staulanza, mentre un calco è esposto nel Museo Vittorino Cazzetta di Selva di Cadore.
In altre parti d’Italia, meritano attenzione gli scheletri di adrosauro ritrovati ad Aurisina, sulla costa del Carso, ed esposti nel Museo di Storia Naturale di Trieste, e quello di un ittiosauro ritrovato nelle Gole della Rossa ed esposto a San Vittore di Genga, nelle Marche. Nel castello di Lerici, in Liguria, sono esposte tracce di dinosauri ritrovate nella zona.
A Pietraroia e a Cusano Mutri, sul versante campano del Matese, sono lo scheletro di “Ciro”, il più completo dinosauro mai trovato in Italia, e quelli di altri animali del passato ritrovati nella zona. In Puglia meritano una sosta le impronte esposte del Museo di Mattinata e quelle ritrovate in una cava presso Altamura.




