Storia dell'alpinismo

Francys Arsentiev, storia d'amore e tragedia

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Li chiamavano "Romeo e Giulietta della guerra fredda". Lui russo, lei americana. La loro storia, fatta di amore, morte e aria sottile. Parliamo di Francys Distefano, la prima donna americana ad aver salito l’Everest senza ossigeno, e Sergei Arsentiev, considerato uno dei più forti alpinisti della storia. La loro salita all’Everest fu il loro più grande successo e la loro condanna a morte. Francys, scendendo, si è accasciata a 8.600 metri, in preda ai deliri dell’alta quota. Vi rimase, agonizzante, per due giorni: accanto a lei passarono tanti alpinisti, ma solo il marito tentò disperatamente di salvarla, riuscendo a risalire dall’ultimo campo dopo ben 5 giorni passati nella zona della morte. Un gesto eroico, che è gli costato la vita.

Il corpo di lei, rannicchiato su un fianco, è rimasto per quasi dieci anni accanto alla via di salita sulla Nord dell’Everest. A pochi metri, furono ritrovati una piccozza, un pezzo di corda e delle orme sconosciute che finivano nel vuoto. Erano quelle di Sergei, suo marito. Erano la testimonianza del suo estremo, disperato tentativo di salvare la moglie da una fine ormai inevitabile.

Tutto accadde nel maggio 1998. Francys, nata alle Hawaii, un figlio, aveva sposato Sergei sei anni prima. Lui era già rimasto vedovo due volte. Avevano 40 anni, erano innamorati ed entrambi fuoriclasse dell’alpinismo. Qualcuno considerava Sergei ai livelli di Messner, ma luinon era solo un’alpinista: era ingegnere elettronico che fabbricava satelliti spia per l’unione sovietica. Si erano conosciuti all’Annapurna, che lui aveva salito in stile alpino dopo aver concatenato 3 cime del Kangchenjunga.

Nel 1998 Francys e Sergei Arsentiev erano al versante Nord dell’Everest con una spedizione russa. Il 22 maggio si trovavano a 8.200 metri, nel campo più alto dove erano arrivati tre giorni prima. Avevano già tentato due volte la cima, senza ossigeno e senza successo. La prima volta arrivarono a 8.500 metri poi fecero dietrofront perchè le pile frontali si spensero. Il giorno dopo salirono solo di 100 metri.
Anatoly Moshnikov, che era riuscito ad andare in vetta, tentò di convincerli a scendere, perchè erano lassù da troppo tempo. Ma lei voleva a tutti costi diventare la prima americana a salire sul Tetto del mondo senza ossigeno, e lui voleva aiutarla a realizzare il suo sogno. La realtà è che dopo due notti nella zona della morte, probabilmente faticavano a decidere lucidamente. In ogni caso, rimasero lassù e il 22 maggio tentarono di nuovo.

Stavolta riuscirono. Ma la lunga permanenza in quota li aveva così indeboliti che riuscirono a toccare la vetta solo dopo le 6 di sera. Nella notte, iniziò il dramma. Tentarono un bivacco, poi continuarono la discesa che in quelle condizioni si rivelò un delirio. I due, esausti e confusi, si separarono senza nemmeno accorgersene. Lui arrivò alla tenda ad 8.200 metri la mattina dopo, e solo lì si accorse che la moglie non c’era. Stava male, ma non poteva abbandonarla. Prese dell’ossigeno, delle medicine, dell’acqua e risalì. Per la quarta volta in 4 giorni.

Lei era a 8.600 metri, sotto il First Step. Era viva, ma inerte. Confusa, incapace di muoversi e con gravi congelamenti. Una spedizione dell’Uzbekistan la vide mentre saliva, le diede una bombola d’ossigeno, delle medicine, poi proseguì verso l’alto. Nel pomeriggio, scendendo dalla vetta, gli alpinisti provarono a portarla giù ma – secondo report contrastati, confusi e più volte smentiti e cambiati nei mesi successivi – il loro ossigeno finì e alla fine l’abbandonarono.

Elizabeth Hawley, nel suo libro "I’ll call you in Kathmandu", riferisce che la donna era ancora in grado di parlare e che ripeteva, seppur biascicando, "non lasciatemi sola… perchè mi fate questo… sono americana".

"Eravamo sfiniti – dissero gli uzbeki – e poi scendendo incontrammo il marito: sembrava stesse bene ed eravamo convinti che salisse a prenderla". Già, il marito. Perchè Sergei, nel frattempo, era riuscito a compiere ancora una volta quegli infiniti trecento metri di salita, tra gli 8200 e gli 8500 metri. Un’impresa, nelle sue condizioni, a dir poco incredibile. Gli uzbeki, però, furono gli ultimi ad averlo visto vivo. O meglio, a poterlo raccontare. Perchè Sergei, quella notte, la passò accanto alla moglie.

La mattina del 24 maggio, Sergei era sparito. Ma Francys era ancora viva. Accanto a lei, c’erano la piccozza, un pezzo di corda e delle orme che finivano sull’orlo dell’abisso della parete ovest. In fondo alla quale, un anno dopo, venne ritrovato quell’eroe russo, che fino alla fine tentò di salvare la sua amata.

Francys era ancora viva, dicevamo. Ad incontrarla quella mattina fu una spedizione sudafricana. Alcuni membri proseguirono verso la cima, ma Ian Woodall e Cathy O’Dowd si fermarono con lei, nonostante le sue condizioni fossero ormai disperate. I due sudafricani scesero dopo poco più di un’ora: non riuscivano a muoverla, il posto era pericoloso e il freddo pungente. Francys morì intorno alle 11 di quella mattina, il 24 maggio 1998. Un mistero circonda la piccozza del marito: quella sera, quando gli altri alpinisti scesero dalla cima, raccontarono che non c’era più.

Woodall, però, non dimenticò mai quella vicenda. Nel 2007 tornò laggiù per recuperarla e dargli una sepoltura, con la spedizione "The Tao of Everest", appositamente organizzata per lo scopo, di cui oggi è uscito il libro. "Dopo aver lasciato Francys – ha detto Woodall – il unico pensiero è stato portare a valle Cathy, sana e salva. E’ stata dura farlo con gli occhi pieni di lacrime. Mi ero reso conto che alla fine le montagne sono solo roccia e neve, e che bisogna sempre chiedersi se ne vale la pena".
 
Inutile dire che la morte di Francys e Sergei fu origine di aspre polemiche, accuse reciproche e misteri irrisolti. Esattamente come accadde per la morte di David Sharp, il caso che fece scalpore nel 2006 e che si svolse in modo spaventosamente simile a quello di Francys Arsentiev.

Ad oggi, secondo gli archivi della Hawley, solo altre 4 donne hanno salito l’Everest senza ossigeno. La prima fu Lydia Bakewell Bradey nel 1988, per la verità con una salita senza permesso e molto contestata. Nel 1995 fu la volta di Alison Heargraves. Dopo Francys Arsentiev, nel 1998, ci riuscirono solo, Laji, una sherpa della spedizione K2 2004 del Comitato EvK2Cnr, e l’italiana Nives Meroi, il 17 maggio 2007.

Sara Sottocornola

 

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