In cordata

Frankenstein alpinista: metà esoscheletro, metà AI

L’Intelligenza artificiale e i nuovi ritrovati tecnologici iniziano a farsi spazio nelle Terre alte. Gli scenari futuri potrebbero essere raccapriccianti. Saremo capaci di rimanere umani?

Si parla di AI, intelligenza artificiale, ormai come del prezzo delle patate. Ne ho sentito discutere, con una sorprendente proprietà di linguaggio, tra cassieri di supermercato e anziani clienti, bancari e taxisti, professori e idraulici. AI di qui, AI di là, ci salverà la vita anzi no distruggerà il genere umano, ci renderà ricchi e sapienti anzi no stupidi e schiavi. Nel nostro piccolo mondo alpinistico è arrivata, anche se non ce ne siamo accorti, perché l’AI è pervasiva e filtra nei nostri smartphone e nelle nostre applicazioni, scegliendo per noi i percorsi giusti, ottimizzando le info sul meteo, aiutando perfino il Soccorso a ritrovare gente viva e gente morta.

Io non ne so nulla e cerco di astenermi da previsioni e commenti; ma come tutti, anche non volendo, sono esposto a un bombardamento di informazioni che, a prescindere dalla serietà delle fonti, mi mette addosso una certa ansia. Il mio ultimo “contatto” con l’AI viene da una fonte molto affidabile, un articolo pubblicato sulla rivista americana Pnas (mediato da quel formidabile narratore scientifico che è Telmo Pievani). L’articolo si intitola: “Potranno gli esseri umani e l’AI diventare un nuovo individuo evolutivo?”. Per tradurre con un’immagine comprensibile a tutti: l’homo sapiens sarà sostituito da una sorta di Frankenstein con la mente “posseduta” dall’intelligenza artificiale, che presiede a ogni funzione cognitiva, di memoria ed elaborazione dati, e un corpo dedicato alle funzioni riproduttiva ed energetica?

Si tratta, chiariamolo subito, di un opinion paper, cioè non un lavoro scientifico ma di una previsione al limite della distopia di quello che potrebbe accadere in futuro. Ma quando? Quando l’AI si trasformerà in AGI, cioè in quell’intelligenza artificiale generale in grado di generare funzioni cognitive pari a quelle di un uomo. E poi diventerà darwiniana, nel senso che inizierà a evolversi per conto suo, sceglierà chi essere e come agire, e nulla impedirà a quel punto che si disallinei dai valori umani. Il “disallineamento” è il peggior incubo della comunità scientifica e, dopo la lettura di questo articolo, anche il mio. Anche perché il futuro, a causa dei progressi esponenziali del mondo digitale, è domani.

Proviamo a immaginarcelo, l’alpinista di domani. Quando si sarà compiuta la cosiddetta “transizione evolutiva”, l’integrazione tra biologia e chip sarà completa e il mondo sarà popolato di corpi perfetti (anche la medicina, anzi l’eugenetica, avrà fatto passi da gigante) sormontati da cervelli super-enciclopedici. Allora, cosa farà questo alpinista-Frankenstein? Gli algoritmi gli diranno in tempo reale quale itinerario scegliere, in base al tempo, all’affollamento, alle condizioni del terreno. Partirà avendo già prenotato e pagato (mentalmente) il suo rifugio e la sua guida. Avrà l’esatto apporto di calorie nello zaino. Davanti a un passaggio complesso, che sia un boulder o un pendio ripido di ghiaccio, l’analisi telemetrica dell’ambiente guiderà muscoli e articolazioni nei movimenti più corretti e meno dispendiosi. Giunto in cima, la AGI impiantata nella neocorteccia dell’emisfero sinistro gli detterà un’ode bucolica, per rendere il momento più emotivo. Poi farà un sorriso meccanico e scenderà a valle.

Come futuro, non c’è male. Ma io credo che le cose si svolgeranno in modo differente, perché l’intelligenza artificiale non ammetterà, nell’universo da lei governato, qualcosa di inutile e antievolutivo come l’alpinismo. L’AGI sarà contro l’alpinismo, contro il teatro, contro i luna park, contro i cani e i bambini ai giardini pubblici. L’AGI escluderà dalla vita umana, o da quanto ne resta, qualsiasi forma di divertimento, di sport, di emozione. Perché non li capisce.

Restiamo ancora per un attimo in questa trama distopica. Ci sarà una resistenza nel mondo dell’AGI, come i guerriglieri di Morpheus in Matrix? Ci saranno ribelli che lottano contro gli algoritmi? Chissà. Io me li immagino, in una valle remota e non coperta da Starlinks, che si dedicano all’arrampicata, allo sci, ai sentieri, con l’entusiasmo dei nuovi pionieri. Somiglieranno ai nostri contemporanei: somiglieranno a Elias Iagnemma, che ha dedicato 200 giorni a liberare un singolo boulder in Val Pellice; a Simone Moro, che parte per la settima volta per il suo Manaslu invernale; a Kilian Jornet, che ha concatenato 72 vette americane per le vie più estetiche. Saranno i sacerdoti dell’inutile, perché è questo, il gesto improduttivo e poetico, che sempre ci distinguerà dall’intelligenza artificiale.

Il futuro è forse domani, ma non è oggi. Abbiamo tempo per prepararne uno migliore: proviamoci buttando nel cassonetto dell’indifferenziata tutti gli orpelli tecnologici che il mercato (sì, il vecchio, caro mercato) ci impone. Le app che aboliscono il mistero. Gli esoscheletri che appiattiscono la fatica (ne hanno inventato persino uno integrato alla scarpa). I motorini elettrici sotto gli sci e nel telaio delle nostre biciclette. Combattiamo questo futuro terrificante tornando all’artigianato, alla manualità, alla lettura, alla montagna nuda. Restiamo umani.

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