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40 anni fa la prima solitaria sul Cerro Torre realizzata da Marco Pedrini

Lo scalatore svizzero compì l’impresa il 26 novembre 1986 con una scalata ininterrotta di 13 ore. Una salita raccontata da un film indimenticabile e pluripremiato

Ore 8.30 di sera del 26 novembre 1985, sulla cima del Cerro Torre, con un tramonto infinito sullo Hielo Continental, c’è un uomo solo: Marco Pedrini.

Sono passati 40 anni da quando è stata scritta questa pagina incredibile dell’alpinismo, ma la storia della “montagna impossibile” è ben più lunga.

Una forma tanto perfetta da divenirne il suo stesso nome già nel 1782 quando un esploratore spagnolo nel vederla scrisse “appare come una Torre”. La sua bellezza folgora Cesare Maestri nel viaggio del 1958 tanto da convincerlo a provarne la salita l’anno successivo con Toni Egger. Per quest’ultimo la discesa risulta fatale e solo la voce di Maestri può testimoniare al mondo il loro arrivo in vetta. Numerose spedizioni provano la sua via ma senza successo tanto che nel 1970 Carlo Mauri, anche lui sceso senza vetta in tasca, esprime alcuni dubbi sull’impresa del ‘59, fatto che finisce anche sulle pagine del Corriere.
Maestri non sopporta l’affronto e, lo stesso anno, torna ben due volte con tanto di corde fisse, numerosi compagni e il celebre trapano alimentato da un compressore ad aria. Ne risulta una via che termina a 60 metri dalla vetta, laddove a suo dire le difficoltà su neve non sono più rilevanti.

La prima salita certa e completa della parete Ovest della montagna avviene nel 1974 quando Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri tracciano la “Via dei Ragni”, un grandioso itinerario con tanto di roccia difficile e ghiaccio strapiombante lungo i celebri funghi finali.

Il richiamo

Negli anni a seguire numerose cordate affrontano la Via del Compressore, alcune giungendo in vetta ed altre no, come quella formata dallo svizzero Marco Pedrini. Nato a Lugano il 29 aprile 1958, guida alpina e membro degli Scoiattoli dei Denti della Vecchia, Pedrini è un alpinista di talento dalle grandi ambizioni e non resiste a tornare sul Torre con la voglia di rivalsa e di grande avventura. Prima di lui, Bill Denz e Pierre Farges avevano tentato senza successo la solitaria alla montagna, ma Pedrini è davvero determinato ed inizia a prepararsi in modo metodico prima di partire alla volta del Sud America con al seguito il regista, fotografo e alpinista Fulvio Mariani e sua moglie Lucia. L’interesse della Televisione Svizzera è alto e, se la salita andasse a buon fine, l’idea è di documentarla i giorni seguenti.

Un primo tentativo viene interrotto dal forte vento a 400 metri dalla cima, ma tutto è filato per il verso giusto rendendo Pedrini ottimista per sfruttare la prossima finestra di bel tempo. 

Il giorno perfetto

Alle 7.30 del 26 novembre Pedrini esce dalla truna alla base della via e parte sulle prime corde lasciate da lui e da un’altra spedizione per poi iniziare a scalare la parte di compatto e perfetto granito. Leggerezza come strategia vincente: scarpette da arrampicata, scafi in plastica per le parti di ghiaccio, corda da 8 mm, cordino da 6 mm per recuperare lo zaino e calarsi in doppia, nessun fornelletto o materiale da bivacco. La giornata è calda, sale veloce in maglietta schivando il ghiaccio che cade dall’alto, supera la parte mediana di neve e attacca i temuti 200 metri finali. Lungo la headwall passa il celebre Compressore e affronta l’ultimo tratto di artificiale trovando i segni del passaggio di Maestri, chiodi rotti che ne testimoniano la salita. Sbucato sul pendio finale, indossa gli scafi sopra le scarpette e percorre gli ultimi metri di neve per toccare la vetta alle 20.30. A soli 27 anni Marco Pedrini realizza il suo sogno più grande. La discesa in notturna è lunga ma il caldo, le stelle e la gioia lo accompagnano fino alla base sano e salvo, appena prima del sopraggiungere del brutto tempo.

Un film indimenticabile. E premiatissimo

Stagione meteo fortunata quell’anno in Patagonia, tanto da permettere a Pedrini e Fulvio Mariani di tornare sul Torre ben due volte, il 3 e il 12 dicembre, accompagnati dalle macchine da presa da 16 mm Bolex Paillard a molla. Grande sforzo che porta alla produzione dei 40 strepitosi minuti del film Cumbre. Un capolavoro tale da meritarsi la Genziana d’Argento per il migliore film di alpinismo al Filmfestival di Trento nel 1987, il Premio Mario Bello del Club Alpino Italiano sempre nel 1987, e il Premio dell’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche.

La storia continua

L’attrazione per le solitarie porta Pedrini sulla Direttissima Americana al Petit Dru ma durante la discesa qualcosa va storto e il giovane talento perde la vita, è il 16 agosto 1986.

Il suo nome rimarrà per sempre legato a quella montagna incredibile così come quello di Maestri e del Gruppo Ragni. Di recente un altro episodio ha riscritto la storia del Torre suscitando grandi polemiche. E’ il 2012 quando gli americani Jason Kruk e Hayden Kennedy rimuovono in discesa 120 chiodi dei quasi 400 messi da Maestri rendendo impraticabile la via originale del 1970. Ne seguono discussioni accese tanto da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Nemmeno cinque giorni più tardi il fenomeno David Lama compie la prima salita in libera lungo lo Spigolo Sud-Est con numerose difficili varianti alla via del 1970, fino al 7C, anche per far fronte alla recente schiodatura.

Il fascino del Grido di Pietra attrae da sempre gli occhi di alpinisti e non solo. L’immagine di Marco Pedrini, ragazzo di 27 anni pieno di vita, a cavalcioni sul Compressore come una bicicletta, con assoluta spontaneità e gioia nel volto, rimarrà impressa non solo sulla pellicola ma nella mente e nel cuore di tutti, per sempre.

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