Storia dell'alpinismo

Monte Bianco, vette e pareti

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Il Monte Bianco è un mondo. C’è di tutto: ascensioni di roccia e di ghiaccio, scalate sul granito, creste sottili come rasoi. La vetta del Bianco è stata raggiunta per la prima volta da Jacques Balmat e Michael Gabriel Paccard l’8 agosto 1786. Ma accanto alla conquista della vetta, nell’Ottocento, l’alpinismo guarda anche alle sue creste e pareti.

Alla parete della Brenva si punta fin dal primo Ottocento. Ma ancora nel 1863 la guida svizzera Melchior Anderegg, studiando la parete da Courmayeur, la bolla come "una miserabile stupidaggine". Con lui c’è un alpinista inglese che per la Brenva fa una malattia. Si chiama Adolphus Warburton Moore. Nel 1864 Moore sta scendendo dal Mur de la Côte. La Brenva è lì sotto. Sembra meno ripida vista dall’alto. La scalata è decisa.

A mezzanotte e mezza del 14 luglio 1865 sono in sei a partire da Courmayeur: Adolphus Warburton Moore, George Spencer Mathews, Francis e Horace Walker e le guide Jakob e Melchior Anderegg. Obiettivo: la via sul versante italiano del Bianco.

La cordata passa la prima notte a 3200 metri, nei pressi dell’attuale bivacco della Brenva. Alle 2,45 del mattino Moore e le sue guide attaccano lo sperone. I seracchi sono in pessime condizioni. Ma per Moore è fuori discussione tornare indietro. Gli scalatori traversano a destra. Con le piccozze ma senza scarponi gli uomini vincono un crepaccio di cinque metri. Alle tre del pomeriggio del 15 luglio sono sulla vetta. A uscire per primo dai seracchi è Anderegg: ha vinto la "miserabile stupidaggine".

Moore e i suoi hanno aperto la prima via sul versante italiano del Bianco. Ma il 14 luglio 1865 non è solo il giorno della Brenva. Quel giorno Edward Whymper ha raggiunto la vetta del Cervino. Il clamore per la conquista del Cervino e il suo tragico epilogo – quattro dei sei compagni di Whymper morirono durante la discesa – misero in ombra l’exploit di Moore.

Oltre alla via di Moore, anche le altre tre vie sulla Brenva sono opera di un inglese. Si chiama Graham Brown ed è un professore universitario di fisiologia. Nel giro di sei anni Brown traccerà tre itinerari: nel 1927 la Sentinella Rossa; nel 1928 la Major; nel 1933 la Poire.

Intanto le altre cime e pareti del Bianco non sono trascurate. Nel 1877 l’inglese James Eccles con i fratelli Payot salgono al monte Bianco per la cresta Peutérey. Nel 1887 è la volta della Kuffner al Mont Maudit: futura "classica" del Bianco.

Due sono i protagonisti: Moritz von Kuffer, birraio viennese, e Alexander Burgener, guida della valle di Saas in Svizzera. Il Mont Maudit era stato salito per la prima volta nove anni prima da Henry Seymour Hoare e William Edward Davidson con le guide Johann Jaun e Johann von Bergen. Ma Kuffner e Burgener hanno deciso per una via più difficile della normale.

Partono il 2 luglio 1887 da Entèves, frazione di Courmayeur. Due giorni dopo, alle 13,30 Kuffner e Burgener sono sulla cima del Maudit. Ma ai due non basta. E alle 16,30 del 5 luglio sono sulla vetta del Bianco.

Tutte queste salite sfatrono il mito dei monts maudits, le "montagne maledette", come fino al Settecento erano chiamate le cime del monte Bianco. Ma il toponimo ritorna spesso d’attualità. Sono una sessantina gli escursionisti che ogni anno muoiono sul Bianco. Un bilancio purtroppo destinato ad aumentare per le centinaia di persone che in estate scalano la montagna.

Jenny Maggioni

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