Storia dell'alpinismo

Bridwell, il mito dello Yosemite

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E’ una delle leggende dell’arrampicata e dell’alpinismo moderno, ha legato così spesso il suo nome alle montagne della Yosemite Valley, dove ha collezionato più di cento prime ascensioni, che ne è diventato lui stesso un simbolo. Jim Bridwell, un mito per gli amanti dell’alta quota, ha lasciato un segno nella storia di numerose vette, dal nord America alla Patagonia all’Alaska all’Himalaya.

Classe 1944, Stati Uniti d’America. Il giovane Jim Bridwell prende le montagne della valle dello Yosemite e ne fa la sua scuola. Non ha neanche 20 anni quando comincia a segnare primati su queste vette e a far parlare di sè: del 1963 è la salita dello sperone nord est del Higher Cathedral Rock, l’anno dopo della prima libera sullo sperone nord del Middle Cathedral Rock.

Anno dopo anno macina vie, sempre più veloce e sempre più sicuro. Nel 1968 scopre El Capitan e il 26 maggio del 1975 compie la prima ascensione in un giorno sul Pacific Ocean Wall. Per altri 3 anni rimane sulle vette dello Yosemite, dove fonda insieme ad altri lo Yosar, lo Yosemite National Park’s Search and Rescue Team.

Il ’79 è l’anno della svolta: sente il richiamo delle cime della Patagonia, e mira al Cerro Torre. Qui compie la prima ripetizione della via di Cesare Maestri: viste le contestazioni e i dubbi generati dall’ascensione di Maestri, la sua è a tutti gli effetti la prima salita certa fino alla cima del Torre, nonchè la prima in stile alpino.

Nello stesso anno si sposta dall’estremo sud all’estremo nord, a trovare i ghiacci dell’Alaska, della parete nordovest del Kichatna Spire.

Nel 1982 è la volta del Nepal, del Pumori, che scala in invernale dal versante sud. Poi di nuovo la Patagonia e le montagne di casa prima di scoprire le Alpi nel 1999 e salire l’obelisco del Grand Capucin, nel massiccio del Monte Bianco, con l’italiano Giovani Groaz.

Bridwell è famoso per aver spinto in avanti il limite delle possibilità mai raggiunte dell’arrampicata libera e su big wall, nonchè dell’alpinismo in ambiente alpino. Il suo è un modo di scalare per molti versi innovativo, misto di avventura e esplorazione.  

Le ultime scalate risalgono al 2001, in Alaska, sul Beast Pillar, il Moose’s Tooth e il Ruth Gorge. Ma oltre che nei fatti Bridwell è bravo anche a parole. Fin dall’inizio della sua carriera ha infatti voluto raccontare il suo alpinismo, intrecciare col pubblico un ideale dialogo per trasformare le sensazioni, spesso estreme e brucianti, in pensieri da poter ricordare.

"Improvvisamente potei sentire le mie emozioni assalite dai tentacoli del desiderio – scrive in The Bird, il suo ultimo libro -. La febbre della cima aveva indebolito il mio autocontrollo e la bestia dell’ansietà correva nella mia mente, libera di massacrare la mia calma. La lotta interna finì, quasi altrettanto velocemente di quanto era iniziata, quando la traccia di salita si rivelò senza sbocco forzando Peter a riscendere. Per quel giorno non avremmo raggiunto la cima! L’Animale Uomo si ritirò piagnucolando nella sua caverna primordiale, lasciando il comando ancora una volta al controllo, anche se un poco maltrattato, della mente".

Valentina d’Angella

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