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Himalaya, l’infanzia di un capo

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Quando ancora il turismo non aveva raggiunto il tetto del mondo, esistevano popolazioni sull’Himalaya che ogni anno si spostavano tra i quattro e gli ottomila metri per scambiarsi grano e sale. Erano viaggi durissimi, compiuti grazie alla sola forza di volontà e all’aiuto degli yak. Tra le asperità della montagna e della spedizione, un giovane cerca di guadagnarsi il suo posto nel mondo: il ruolo di capo.

Karma è un ragazzo ambizioso, un leader. Nel suo villaggio tra le alture del Dolpo, nella zona nord occidentale dell’Himalaya, i giovani lo seguono, lo ammirano, lo considerano un capo. Ma proprio la sua popolarità gli procura l’antipatia del vecchio Tinlè.

L’anziano e stanco personaggio ha appena perso il figlio, ed è convinto che sia Karma il responsabile della sua morte. Con il preciso intento di mettersi contro di lui, decide di organizzare personalmente la carovana di yak che ogni anno si sposta tra i 4 e gli 8mila metri per scambiare grano e sale.

Naturlamente l’iniziativa di Tinlè indispettisce Karma, che decide di non aspettare gli anziani, e insieme al gruppo dei giovani parte separatamente. Il conflitto è dunque tra due poteri, due generazioni, che si scontrano per il comando della spedizione ma anche dello stesso villaggio.

Durante il cammino verso il tetto del mondo i due gruppi a un certo punto si riuniscono. La montagna mette a dura prova gli uomini: lungo "il sentiero dei demoni" le tormente di neve rendono impossibile il cammino, la situazione si fa estrema. 

Quando rimangono viveri solo per quattro giorni, molti chiedono di fermarsi ma Tinlé vuole arrivare al passo. Il momento è drammatico: alla fine il vecchio capisce che è giunto il momento di passare lo scettro del comando. Si riappacifica con Karma e gli dice che un uomo riceve gli ordini da Dio. Poco dopo, come se avesse finalmente compiuto la missione della sua vita, l’anziano muore.

"Himalaya, l’infanzia di un capo" è un film emozionante, coinvolgente, toccante. Come una vera opera d’arte è al contempo documento antropologico e monumento alle passioni umane, di ogni epoca e ogni luogo. Il regista Eric Valli lo portò nelle sale nel 1999, vincendo il Trento FilmFestival e guadagnandosi una meritatissima candidatura agli oscar del 2000 come miglior film straniero.

 

Valentina d’Angella

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