Storia dell'alpinismo

Sulla scia di Kammerlander

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Sei dicembre 1956, Acereto, Sudtirol. Sesto figlio di una famiglia di agricoltori, nasce Hans Kammerlander. I primi passi sulla montagna li muove un po’ per caso a otto anni, quando per seguire due alpinisti diretti in cima al Piccolo Palù, marina la scuola e scopre quella che sarà la sua passione per la vita. Dopo la prima scalata non ha più potuto smettere.

A 18 anni vantava già un gran numero di classiche dolomitiche: Monte Bianco, Cima Walker, Cervino, Grandes Jorasses, parete nord dell’Eiger e nord-est del Badile. A 23 è maestro di sci, guida alpina e direttore della Scuola di Roccia Alto Adige, fondata Reinhold Messner: è qui che si fonda e si cementa una profonda amicizia tra i due “mostri sacri” dell’alpinismo italiano e mondiale.

La prima scalata insieme la compiono nel 1983 con la cima del Cho Oyu (8201 metri). Poi la conquista degli altri ottomila va avanti, inesorabile e veloce: a uno, a uno le vette più alte del mondo sono sue.

La traversata dei Gasherbrum, l’Annapurna e il Dhaulagiri, il Lothse e il Makalu. Nel 1987 la salita in sole 17 ore del Cerro Torre, e nel ’90 la discesa con gli sci dalla vetta del Nanga Parbat, 8125 metri.

Nel ’91 la prima spedizione sfortunata. Kammerlander guida sul Manaslu (8156 metri) un gruppo di alpinisti altoatesini, ma il maltempo li ferma a quota 7500 metri e nel ritorno perdono la vita i due compagni: Karl Grobrubatscher e Friedl Mutschlechner. Dopo quella volta, Kammerlander non ha più voluto tornare su quella montagna “maledetta”.

Ma il 1991 è un anno che riserva anche gioie e sorprese, come quella del Filmestival della Montagna di Trento, che assegna il premio Fisi al film “Discesa pazza”, di cui il fuoriclasse altoatesino è protagonista.

Alla fine dell’estate inforca la bici e con Hans Peter Eisendle, in sole 24 ore, attraversa i 220 chilometri che separano le due pareti nord dell’Ortles e della grande Cima di Lavaredo. Nello stesso autunno è la volta del famoso Giro dei Confini con Messner: proprio in quella spedizione hanno incontrato Oetzi, la “mummia del ghiacciaio di Similaun”, che era appena stata scoperta dai coniugi Simon.

Il ’92 è l’anno della prima discesa con gli sci dall’Everest lungo il Canalone Hornbein sulla parete nord, tentativo solo parzialmente riuscito. Poi, il 18 agosto, insieme allo svizzero Diego Wellig, raggiunge quattro volte in 24 ore la cima del Cervino lungo le quattro creste principali.

L’anno dopo scala lo Shivling (6543 metri), il “Cervino dell’India”, così chiamato per la sua somiglianza con la celebre vetta alpina. Si tratta della prima ascensione del pilastro centrale.

Nel 1994 Kammerlander torna all’attacco degli ottomila: arriva da solo in cima al Broad Peak (8048 metri), ma deve rinunciare all’ultimo alla scalata del K2, per via di un inaspettato rifiuto dell’autorizzazione da parte del governo pakistano.

Il 1996 è vetta sullo Shisha Pangma (8036 metri). Poi sale sull’Everest dal versante tibetano in sole 17 ore e riesce nella prima storica discesa con gli sci dal tetto del mondo.

Nel 1998 scala il Kanchenjunga (8586 metri) e scende con gli sci da 7500 metri. Nel 2001, dopo due tentativi falliti negli anni precedenti, finalmente conquista il K2.

Tredici ottomila. Tutti rigorosamente senza ossigeno, perchè come ha affermato lui stesso “L’ossigeno è doping, e un’ascensione con ossigeno non dovrebbe essere considerata un’ascensione”.

Da questo momento lascia gli ottomila, perchè dell’ultimo, quel famigerato quattordicesimo, il Manaslu, proprio non ne vuole più sapere. Come ha detto lui stesso “E` un ricordo cosi` brutto che adesso non voglio provarlo”. Ci sono altre sfide però da affrontare: quelle dell’alpinismo estremo, che da sempre lo ha affascinato.

Nel 2005 tenta per la prima volta il terribile Jasemba, 7350 metri, ma deve rinunciare per il maltepo a 400 metri dalla vetta. L’anno dopo ci riprova, ma la spedizione finisce in tragedia. L’alpinista altoatesino Lois Brugger, suo compagno di cordata, durante l’ascesa precipita nel baratro. Il suo corpo non sarà più ritrovato.

Il 2007 è l’anno della rivincita: Kammerlander, insieme a Karl Unterkircher, dopo una scalata di ben 13 ore è in cima al Jasemba. Kammerlander dedica la vittoria al suo amico Brugger, che la montagna aveva sconfitto a caro prezzo l’anno prima.

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COMMENTI DEI LETTORI

Gentile redazione,ho avuto l’onore di partecipare ad una conferenza e di stringergli la mano, basta una sola parola per descriverlo: sensazionale!!CiaoMarco (Treviso)

Valentina d’Angella

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