Ambiente

Le “pulci dei ghiacciai”: nuove scoperte e un progetto di Citizen Science aperto a tutti

Su Alpi e Appennini, dove il ghiaccio resiste, vive una fauna quasi sconosciuta tra cui i collemboli criofili, “pulci dei ghiacciai” adattate a condizioni estreme. Ecco cosa ci raccontano sul cambiamento climatico e quale contributo può dare chi frequenta le terre alte

Gli scienziati non hanno una chiara idea di quante specie viventi siano presenti sul nostro pianeta, men che meno quando si ha a che fare con ambienti difficili da esplorare – come gli abissi, le foreste tropicali o le zone glaciali – e se si considerano le specie di piccole dimensioni, come ad esempio gli invertebrati, i funghi o i batteri.

Allo scopo di ampliare questo tipo di conoscenze e valutare le priorità in termini di conservazione, è stato avviato uno studio sui ghiacciai delle Alpi e degli Appennini, coordinato e condotto da ricercatori dell’Università di Siena e del Centro Nazionale di Biodiversità in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e il MUSE – Museo delle Scienze di Trento. La ricerca, i cui primi risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista internazionale Journal of Zoological Systematics and Evolutionary Research, ha fatto il punto sulle attuali conoscenze riguardo alla presenza dei collemboli dei ghiacciai, noti anche come “pulci dei ghiacciai”.

I collemboli sono un gruppo numeroso di piccoli animali – circa 7.500 specie note che raramente superano i 5 mm di lunghezza – imparentati con gli insetti. Sono diffusi in ogni regione al mondo essendosi molto diversificati per adattarsi anche agli ambienti meno ospitali. A questo insieme variegato appartengono i “collemboli dei ghiacciai” che vivono esclusivamente a stretto contatto con il ghiaccio permanente: la loro specializzazione a condizioni di bassa temperatura li rende particolarmente vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Delle pulci dei ghiacciai si sa ancora poco. Hanno un ruolo chiave negli ecosistemi glaciali in cui trovano il loro cibo (granuli di polline, alghe e batteri) e sono prede per numerosi animali, tra i quali ragni e coleotteri. Qualcuno ipotizza che la loro intensa colorazione li protegga dall’elevata radiazione UV che colpisce la superficie dei ghiacciai.

Si ritiene che tra i collemboli dei ghiacciai vi sia una grande biodiversità ancora poco nota, ma l’ambiente estremo in cui vivono ostacola l’avanzamento della ricerca e il loro ruolo ecologico, così come la loro distribuzione, è ancora in gran parte da scoprire. È per esempio noto che alcune specie occupano aree ampie e continue, mentre altre sono distribuite in modo discontinuo, come nel caso di ghiacciai in alta montagna separati da terreni rocciosi: le caratteristiche peculiari delle popolazioni che vivono isolate potrebbero fornire informazioni utili per comprendere meglio l’ecologia degli ambienti alpini, individuare le migliori azioni di conservazione e prevedere l’impatto delle fluttuazioni climatiche passate e presenti sulla biodiversità delle regioni montane.

Al lavoro svolto finora sui ghiacciai delle Alpi e degli Appennini seguirà nella prossima estate il progetto di Citizen Science “CollembolICE”, in cui i frequentatori della montagna potranno contribuire alla ricerca seguendo le indicazioni degli scienziati. L’obiettivo del progetto è coinvolgere guide, alpinisti ed escursionisti nella raccolta di informazioni sulle “pulci” prima che sia troppo tardi. L’adesione al progetto darà la possibilità di ricevere gratuitamente il kit di campionamento (leggero e di facile utilizzo) e di partecipare a un webinair formativo (il 26 maggio o il 2 giugno) durante il quale verranno illustrate le modalità di raccolta e invio dei campioni. Per info: barbara.valle@unisi.it

Ha collaborato alla stesura dell’articolo Elisa Plebani

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