Curiosità

La vegia dul balm (la vecchia della balma)

Questa storia ha come cornice il vallone di Nibbio o Valfredda, in Val d’Ossola. Un canalone ripido con un dislivello di 2.000 metri dalla base alla sua bocchetta. Dentro, un sentiero ripido e faticoso lo risale,  e sia a destra che a sinistra il panorama è selvaggiamente spettrale, con i picchi e le pareti a strapiombo del Pedum a sinistra, e del Lesino a destra.

Nibbio è la frazione più ad ovest del comune di Mergozzo, e ai tempi dello sfruttamento boschivo il vallone era molto frequentato. Era una rapida via verso la Valgrande e viceversa, anche se risalirlo e’ molto faticoso, vi passava anche una teleferica, ancora oggi sono visibili i suoi segni.

Siamo nel primissimo Novecento, un’epoca in cui fiorivano i disboscamenti nella Val Grande, gli uomini erano boscaioli o carbonai, la legna tagliata veniva portata a valle tramite teleferiche, il compito delle donne invece era quello di recuperare le carrucole impiegate e ripostarle faticosamente su, da dove erano partite con il loro carico di legna, un lavoro massacrante.

I protagonisti: lui si chiamava Michel (Michele) di Premosello Chiovenda, era un boscaiolo, lei Angela Borghini di Anzola , i racconti la descrivono bellissima, era una delle tante donne che portavano viveri e attrezzature ai boscaioli, dalla pianura fino ai loro luoghi di lavoro (un tempo era molto impiegata questa attività faticosissima ).

Il destino ed il lavoro vollero farli incontrare, si innamorarono e nonostante fossero sposati entrambi, decisero di unirsi. Obbligati dai vincoli matrimoniali, la scelta cruda di quei tempi impose loro una vita lontana dalla società , un’autoesclusione che li portò a trascorrere il resto delle loro vite in un piccolissimo fazzoletto di terra che si trova a metà valle circa, a quota 1.200 metri chiamato La Foiera, dove la loro casa era una balma (ul balm), due muretti di pietra a secco e una roccia sporgente naturale come tetto.

Una vita fatta di stenti, sacrifici, qualche capra ed un misero orto. Si narra che avessero avuto anche dei figli, ma che essi non sopravvissero agli stenti, alla fame ed al freddo. Un giorno lui morì, e sempre la leggenda narra che Angela riuscì a portarlo da sola fino alla pianura, lo abbandonò alle prime case e se ne tornò lassù, in solitudine, come del resto fu tutta la sua vita.

Altri dicono che in realtà ella scese da sola, domandando se doveva seppellirlo lassù oppure se qualcuno avesse avuto voglia di portarlo giù.

Partì un gruppo di persone che esaudirono la sua richiesta e Michel fu seppellito in mezzo ai cristiani. Cosi fece anche lei, gli ultimi anni della sua vita li trascorse non come vuole la leggenda nella sua balma, ma nel paese natio.

E’ una storia vera, ma che sembra una leggenda, se ne scrisse anche sul Corriere della Sera nell’anno 1932 . Un amore difficile e impossibile in quei tempi, la cultura di quell’epoca era spietata, una storia che commuove, leggendola ai giorni nostri.

Voglio e mi piace pensare che questa loro storia continui, che ci sia un seguito, magari in un’altra vita. Voglio augurarmi che si incontreranno di nuovo, senza le emarginazioni subite, in fondo vivendola ai giorni nostri tutto sarebbe più facile. Voglio pensare, anzi sono convinto, che ora si amano. E il loro e’ vero amore.

 
Giancarlo Parazzoli

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