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Speciale Lhotse, prima puntata

Il Lhotse è la quarta montagna più alta della Terra. E’ situato a sud del Monte Everest. Misura 8.501 metri di altezza ed è separato dal Tetto del Mondo da una cresta verticale il cui punto "più basso" è il Colle Sud, con i suoi 7.950 metri.

 

Il massiccio del Lhotse è formato da tre cime, tutte superiori agli ottomila metri. Quella principale misura 8.501 metri ed è separata dall’Everest dal Colle Sud. Le altre due sono il Lhotse Shar (immediatamente a est della cima principale) e il Nuptse, vetta sulla cresta ovest della montagna.

La traversata dal Lhotse all’Everest, via Colle Sud, è già stata tentata più volte, invano. Ed è considerata una delle ultime grandi frontiere dell’alpinismo moderno. La parete sud del colosso himalayano – alta più di 4.000 metri – viene descritta come una delle ascensioni più difficili al mondo. Lungo questo immenso muro di roccia si infransero i sogni di una spedizione giapponese che nel 1973 raggiunse quota 7.000 metri ma fu costretta a rinunciare.

Nel 1975 ancora un tentativo e ancora una rinuncia, questa volta illustre. La spedizione italiana, con a capo Riccardo Cassin, aveva nelle sue file il meglio dell’alpinismo giovane di quegli anni. Tra gli altri Reinhold Messner, Sandro Gogna, Mario Conti, Gigi Alippi e Aldo Anghileri.

Il racconto di quell’esperienza fu emozionante.I problemi iniziano subito, appena la spedizione prende contatto con la montagna. Le condizioni sono proibitive: neve e ghiaccio imprigionano la parete che scarica continuamente. Ciò nonostante, il gruppo riesce a piazzare campo 3 sotto la cresta che porta alla vetta. Ma una slavina di grosse dimensioni sommerge il campo base distruggendo viveri e tende e ferendo alcuni componenti del gruppo.

La batosta è tremenda. Ma dopo una lunga discussione,  gli italiani decidono di proseguire e tentare lo stesso. Risalgono al campo tre e attrezzano la via di salita con corde fisse fino a 7.500 metri. Ma la sera del 19 maggio la fortuna volta ancora le spalle: una slavina travolge campo 3 distruggendo tutto quanto. E’ la rinuncia definitiva.

Passeranno diversi anni prima che qualcuno tocchi la vetta del Lhotse da sud. E’ il 1991 quando lo sloveno Tomo Cesen, uno dei più formidabili alpinisti di tutti i tempi, raggiunge la cima in solitaria.

Lungo la parete sud: quella che dopo Cassin e Messner aveva respinto anche Kammerlander e Profit. Quella su cui aveva trovato la morte il forte alpinista polacco Jerzy Kukuzka.  Cesen preparò la salita minuziosamente. Con mesi di allenamenti fisici e una strategia insolita. Scalare la prima parte della parete, pericolosissima, di notte, in modo da evitare la cadute di pietre.

La conquista fece scalpore. Ma un anno dopo si accesero le polemiche. Una spedizione russa sostenne di non aver trovato traccia alcuna della salita di Cesen. Ad alimentare i dubbi il fatto che Cesen era anche sceso per la via di salita, senza lasciare segno alcuno. Inoltre, lo sloveno aveva descritto correttamente la cima, ma non aveva scattato fotografie della vetta. Come per molti altri solitari, il dubbio e l’opinione pubblica travolsero Cesen, che si ritirò dall’alpinismo estremo.

La vetta fu invece raggiunta dalla via normale per la prima volta dagli svizzeri Luchsinger e Reiss il 18 maggio 1956. Si tratta di un itinerario tecnico che richiede un ‘ottima preparazione fisica ed alpinistica. L’avvicinamento avviene, come per l’Everest, lungo la valle del Khumbu. E il campo base è il medesimo dell’Everest.

 
Massimiliano Meroni

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