News

La montagna di Giovanni Testori

Dal Triangolo Lariano al Monte Rosa: l’eclettico artista lombardo ha sempre tratto ispirazione dalle Terre alte. Che amava, ma che non scalava

Romanziere, poeta, storico dell’arte, organizzatore di mostre, drammaturgo, giornalista, pittore. Giovanni Testori (1923-1993) è stato tutto questo, e anche di più. Ha fondato la Compagnia teatrale degli Incamminati e con Franco Parenti il Salone Pier Lombardo. In occasione del centenario della nascita, Mondadori gli ha dedicato un Meridiano. Ma oltre a essere un grande uomo di cultura, Testori è stato anche un amante della montagna. Nei suoi scritti e nei dipinti, le vette sono spesso al centro, luoghi del cuore che ha profondamente amato. Non era uno sportivo, né un amante delle grandi sfide. Il suo rapporto con il paesaggio montano è sempre stato di contemplazione, di ispirazione, di tranquilla complicità.

La montagna era nella dna di questo ragazzo nato a Novate Milanese, alle porte di Milano dove il padre era imprenditore tessile. Terzo di sei figli, dal suo luogo natale in giornate limpide è possibile scorgere il Monte Rosa. Ma i monti dell’infanzia di Testori sono cime prealpine, più modeste come altitudine. I genitori erano infatti originari del Triangolo Lariano: il padre di Sormano, la madre di Lasnigo, trapiantati nel 1905 a Novate per motivi di lavoro. Senza mai recidere, però, il legame con la loro terra d’origine, dove il papà aveva ancora una casa frequentata dalla famiglia nei momenti di vacanza. Giovanni cresce con i Corni di Canzo (1373 m) e il Monte San Primo (1682 m), la cima più alta del Triangolo, davanti agli occhi e non dimenticherà di citarli in seguito nelle sue poesie e nei romanzi. Del paese della madre, amatissima, con la quale vivrà fino alla morte di lei nel 1977, è affascinato dalla chiesa romanica di Sant’Alessandro, che sorge su un poggio fuori dal centro abitato, un gioiellino che custodisce meravigliosi affreschi. Il monumento incide nell’immaginario di Testori, che ne lascia traccia nelle sue opere. Il Triangolo Lariano è affacciato, verso est, sulla Grigna e sul Resegone – altre montagne del cuore di Testori – e sulle terre manzoniane. Nei confronti di Alessandro Manzoni il poliedrico autore avverte un forte legame, che ispirerà la pièce “I promessi sposi alla prova” (1984), uno dei suoi capolavori teatrali. 

Da adulto, Testori diventa amico di Varlin, nome d’arte del pittore zurighese Willy Guggenheim (1900-1977), che si stabilisce a Bondo in Val Bregaglia, paese d’origine della moglie Franca Giovanoli. Nei primi anni Settanta, Varlin lo invita a trascorrere le vacanze con loro. Nella vicina Val Bondasca, si ergono vette alpine di spicco, come il Pizzo Cengalo (3367 m), il Pizzo Badile (3308 m) e il gruppo delle Sciore (3275 m). Il Badile, in particolare, è ritratto in due acquarelli di Testori. Sono terre frequentate da artisti che ama: Giovanni Segantini trascorreva l’inverno a Soglio con la famiglia, il pittore e scultore Alberto Giacometti era originario di Borgonovo di Stampa.


In precedenza, Giovanni Testori durante il periodo estivo – non era sciatore e non era attratto dalla montagna invernale – aveva villeggiato a Gressoney, dove una delle sue sorelle aveva casa. Il villaggio della valle della Lys è ai piedi del Monte Rosa, la montagna sempre presente nel corso della sua vita. E in questa fase è ritratta in alcuni disegni.  

Dopo la morte della madre, il legame fra Giovanni e le due sorelle minori Lucia e Gabriella diventa più forte. La nuova destinazione di montagna scelta dal gruppo di famiglia è Proves (in tedesco, Proveis) in Alta Val di Non, un tranquillo paesino di montagna animato dall’arrivo della tribù dei nipoti del drammaturgo, una decina di ragazzini di varie età. Giovanni amava raggiungere le sorelle e i loro mariti con il suo compagno Alain e la madre di lui. Qui non dipinge ma si concede qualche passeggiata, fino ai rifugi dove poteva gustare i Kaiserschmarrren, la “frittata dell’imperatore”, un dolce di origine austriaca di cui era goloso. Lo aveva conquistato a tal punto da intitolare una raccolta di poesie con il nome di questo dessert, confluita nei tre volumi che Bompiani gli ha dedicato.

Gli anni Ottanta vedono un cambiamento di scenario vacanziero. Le sorelle prendono casa a Macugnaga, mentre lui, Alain e la madre di lui scelgono l’albergo. Molto rapidamente, questo borgo di montagna conquista il primato di luogo del cuore per lo scrittore. Testori amava la tranquillità che offriva, lontano dei flussi turistici di massa. Qui poteva camminare e fermarsi in santa pace sui sassi o nei prati per scrivere. Ci verrà tutte le estati fino al 1991, in seguito sarà la malattia a impedirglielo. Macugnaga offre la vista più bella sul Monte Rosa, che è l’ago fisso nella bussola mentale di Testori, una presenza ricorrente nelle sue opere. Il massiccio è visto da Novate, da Velate vicino a Varese dove ha lo studio il suo amico Renato Guttuso, da Gressoney e ora anche da Macugnaga. La Valsesia gli piace: è la terra di Tanzio da Varallo, nato ad Alagna nel 1582 circa, uno degli artisti preferiti di Testori. Lo storico dell’arte ha il merito di aver studiato e sottolineato l’importanza del Sacro Monte di Varallo, non solo come luogo devozionale ma anche come luogo di alto valore artistico. Qui il pittore Tanzio dà prova di grandi capacità, non solo per la grandezza del lavoro che gli viene commissionato, ma anche per il dialogo che deve creare fra le decorazioni delle cappelle e le statue che sembrano muoversi nello scenario affrescato. Testori coglie la grandezza di questo artista misconosciuto e lo consacra, tributandogli una mostra.
Macugnaga si trova nelle poesie di Testori che raccontano la sua quotidianità in questo luogo di vacanza. La raccolta di poesie intitolata “L’aquila di Makana” prende spunto da un’aquila scolpita sul pulpito della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in una frazione di Macugnaga, il cui nome in walser è appunto “Makana”. Qui il Rosa, montagna amata, diventa “l’altra nevata città”.


Segantini, Tanzio, Gaudenzio Ferrari e poi il francese Gustave Courbet. Sono alcuni degli artisti più apprezzati da Giovanni Testori, tutti accomunati dall’essere gente di montagna. Lo è stato anche lui, come pittore, trovando nel paesaggio estivo di montagna una terra d’elezione. L’eredità di Giovanni Testori è conservata a Casa Testori a Novate, l’antica magione di famiglia dove lui ha abitato, ora diventata museo. È aperta a tutti dal lunedì al sabato, offrendo la possibilità di avvicinarsi a questo grande italiano del Novecento attraverso l’immensa biblioteca e i suoi quadri. 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close