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La Meridiana di Sesto, dove le cime indicano l’ora esatta

Alla scoperta delle vette dell’Alto Adige che danno vita a uno spettacolo naturale senza paragoni. Come il più preciso degli orologi

Una meridiana è uno strumento utilizzato per la misurazione del tempo e si stima che il primo utilizzo risalga al 1500 a.C. in Egitto. La proiezione dell’ombra del sole su un piano, verticale piuttosto che orizzontale, aiuta a determinare l’ora solare con una buona approssimazione.

A Sesto, in Alto Adige, la natura ha donato ad alcune cime una posizione particolare che ha dato vita alla più grande meridiana naturale al mondo. La Meridiana di Sesto è formata da cinque montagne nel territorio del Comune di Sesto, tutte caratterizzate da una netta prominenza sulle guglie e cime circostanti.

La prima a est è la Pala di Popera (2.582 m.), la Cima Nove, un monolite che si innalza tra Cima Sora i Colesei a est e le Torri Pellegrini e Trento a ovest. Cima Nove come tutte le vette della Meridiana è stata punto nevralgico durante la Grande Guerra, ora viene raggiunta raramente e in genere da chi desidera raggiungere le cinque cime. La prima salita è del 1874 di Maurice Holzmann con la Guida cortinese Santo Siorapaès per quella che ora è considerata la Via Normale.

Cima Dieci (2.965m) è più conosciuta come Croda Rossa/Sextener Rotwand, probabilmente è la più frequentata e “facilmente” raggiungibile. E’ possibile arrivarci passando da Cima Osservatorio (2.935m) percorrendo una delle Vie ferrate che salgono lungo le ripide pareti a est e dalla meno difficile linea che risale l’anfiteatro ovest da cui nel 1878 Michl Innerkofler e il Barone Roland von Eötvös realizzarono la prima ascensione. Fu teatro di aspri scontri durante la Grande Guerra, le trincee e le gallerie scavate nella roccia sono ben visibili. Qui i Kaiserjaeger, gli Alpini e l’Alpenkorps, come sul resto del Fronte Dolomitico, si scontrarono oltre che tra opposti eserciti con il Generale inverno, nemico comune, temibile e inesorabile.

Cima Undici  (3.092m) è affascinante per le sue guglie e la frastagliata linea di cresta che prosegue lungo Cresta Zsigmony fino al Popera. Le sue cime sono state a lungo contese durante la Grande Guerra. La separa da Croda Rossa il Passo della Sentinella (2.717 m) conquistato dagli Italiani il 16 aprile 1916 con un’azione rimasta nella storia. A memoria delle gesta di quei soldati è intitolato ai “Mascabroni” il bivacco posizionato su Cima Undici a 2.932m. La prima salita è di Michl Innerkofler in solitaria nel 23 luglio 1878. Tra Croda Rossa e Cima Undici si trova il Museo all’aperto di Bellum Aquilarum, che dal 2005 ha iniziato una straordinaria opera di recupero delle opere della Grande Guerra. A questo lavoro si deve la possibilità di visitare le aree dell’Anderte Alpe, di Croda Rossa e Forcella Undici. Per raggiungere le tre location, punto di partenza è Prati di Croda Rossa che si raggiunge in cabinovia da Bagni di Moso.

Unica per morfologia e posizione è la Croda dei Toni (Cima Dodici), una montagna complessa formata da diverse strutture che raggiunge i 3.094 m. Domina con la sua altezza ben cinque valli: Val Giralba, Val Gravasecca, Val Marden, Val de Cengia e la Val Fiscalina da dove probabilmente si ammira in tutta la sua imponenza. Alle sue pendici troviamo il Rifugio Carducci (lato veneto), lo Zsigmondy-Comici e il Pian di Cengia/Büllelejoch-Hütte, che costituisco i logici punti di partenza per approcciare le verticali pareti delle sue cime. La Via Normale e la Drasch sono ora le più frequentate per raggiungere la vetta che fu considerata a lungo inespugnabile fino al 28 settembre 1874, quando i fratelli Michl e Hans Innerkofler risolsero il problema. Risalirono il lungo canalone ghiacciato tra la cima e la Croda Antonio Berti (Mittleres Zwölfer 3.029 m).
Meno famosa delle Tre Cime di Lavaredo, la Croda dei Toni è la montagna che più di ogni altra delle Dolomiti di Sesto è visibile da lontano, inconfondibile tra tutte le altre montagne del gruppo.

Cima Una (2.698 m) è l’ultima montagna a ovest della Meridiana. Probabilmente è famosa per l’imponente frana che nel 2007 di prima mattina si è staccata dal versante cadendo in Valsassovecchio fortunatamente non provocando vittime. La prima salita risale al 26 luglio 1879 e si deve a Michl Innerkofler, che accompagnava il Barone Roland von Eötvös insieme a F. Happacher. L’imponente parete nord invece fu vinta da Angelo Dibona che qui realizzò probabilmente la sua più grande impresa, era con i fratelli Guido e Max Mayer e le guide Angelo Dimai e Luigi Rizzi.

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