L’odore della roccia
Granito e calcare trasmettono differenti sensazioni olfattive, che contribuiscono a farci entrare ancora più in profondità nell’esperienza della scalata. E a perpetuarne il ricordo
“Quando arrampichi ti percepisci!”. E’ la risposta di Andrea dopo aver chiesto quali sono le sue sensazioni immediate, a pelle, dopo aver messo le mani sulla roccia e percorso i primi metri verticali.
Nella sua semplicità condensa il piacere autentico dell’arrampicata in ambiente naturale, che si compone di sintonia con la pietra, movimento, astuzia, leggerezza e “testa”.
Per cogliere appieno questa bellezza è fondamentale individuare il proprio spazio di attenzione, ovvero il percorso da affrontare, che non deve essere troppo facile e nemmeno troppo impegnativo.
Uno spazio che non banalizza l’avventura, perché eccessivamente semplice, ma nemmeno impossibile e fonte di stress, perché decisamente fuori misura rispetto alle proprie capacità, fisiche e mentali.
In questo contesto, al limite delle nostre competenze, fioriscono curiosità e creatività, indispensabili per favorire l’apprendimento e migliorare la nostra scalata, in particolare la capacità di focalizzare l’attenzione e favorire l’immersione nell’istante e nel mondo fisico che ci circonda.
Quando ci si ritrova in questa situazione, d’incanto si dimentica di tutto il resto, condizione essenziale per tenera a bada la paura e vivere bene entro il contesto verticale in cui ci si sta muovendo.
Ognuno ha un proprio spazio d’attenzione, diverso da ciascun altro, non codificabile, perché varia in continuazione, in funzione dello stato di forma del momento, del desiderio e delle emozioni che ci attraversano costantemente.
Di nuovo ritorna essenziale la destrezza di “sentire” all’istante quel che ci circonda: natura della roccia, forme, tempo atmosferico, tipo e densità dei pericoli. Assieme all’accortezza di “sentirsi” in ogni momento: stato fisico, aspettative, pressione psicologica. Senza barare con noi stessi.
Questo è un buon punto di partenza per diventare un esploratore verticale delle rocce.
Dove tutto si fa interessante, non solo l’appiglio da tirare, in particolare l’osservazione che aiuta a far posto a ciò che non è determinato, a far luce sulle mille connessioni che si attraversano e a scoprire tante cose intriganti.
A partire, ad esempio, dall’odore della roccia. Prima che alla vista la parete si percepisce dall’olfatto, che attiva una memoria longeva, indelebile, che dura nel tempo.
Si rafforza con la pietra umida di rugiada la mattina presto o quando gronda d’acqua dopo un temporale estivo.
Inconfondibile è l’odore del granito o, all’opposto, quello del calcare. Nel mezzo una miriade di sfumature, tra rocce metamorfiche, sedimentarie e vulcaniche, ognuna con il suo “marchio” olfattivo.
Ancora, oltre alla collezione delle vie salite, si fa appassionante la raccolta di esperienze di ogni uscita sulla roccia.