Scoperte nel Parco Nazionale dello Stelvio le incisioni rupestri più alte d’Europa
Realizzate da 3.600 a 3.200 anni fa, nella Media Età del Bronzo, sono incise a circa 3.000 metri di quota sui lastroni rocciosi lasciati liberi dal ritiro della Vedretta del Tresero
Il Passo di Gavia, 2618 metri di quota, è un crocevia di storia delle Alpi. Sulle vette e sui ghiacciai che lo sorvegliano si è combattuto duramente nel corso della Grande Guerra, a partire dal 1960 il Giro d’Italia ha affrontato più volte i suoi tornanti, micidiali soprattutto dal versante di Ponte di Legno. Per alpinisti, escursionisti e scialpinisti il Gavia è il punto di riferimento di molti itinerari classici.
Da qualche giorno (ma le ricerche sono iniziate sette anni fa), grazie al Parco Nazionale dello Stelvio e agli archeologi della Soprintendenza delle Province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, sappiamo che il Passo di Gavia, e i pendii che lo sorvegliano, erano un luogo importante già più di tremila anni fa.
E’ stato un escursionista di Como, Tommaso Malinverno, a scoprire nel 2017, a circa 3000 metri di quota e ai piedi della Punta Segnale, dei segni geometrici incisi sui lastroni rocciosi lasciati liberi dal ritiro della Vedretta del Tresero, che sale verso l’omonimo Pizzo, e a segnalarli alla Soprintendenza e al Parco.
Nei successivi sopralluoghi, possibili solo tra la tarda estate e l’autunno quando la neve lascia libero il terreno, è stata individuata una dozzina di spirali, animali stilizzati, figure geometriche e antropomorfe. Si tratta delle incisioni rupestri più alte d’Europa, realizzate nella Media Età del Bronzo, tra 3.600 e 3.200 anni fa. Ha collaborato alla ricerca l’Istituto Archeologico Valtellinese.
E’ possibile – ma non ancora accertato – che le incisioni ritrovate dagli archeologi facessero parte di un complesso più vasto, una sorta di santuario di arte rupestre analogo a quello del Monte Bego, nelle Alpi Marittime. È un’ipotesi affascinante, ma gli studi sono ancora in corso. E’ probabile che una parte (e forse la maggioranza) delle incisioni sia stata cancellata dall’avanzata del ghiacciaio, che ne avrebbe risparmiato solo alcune.
Autorizza a pensare a un luogo di culto importante la posizione del Passo di Gavia, che mette in comunicazione la Val Camonica, “capitale” della Preistoria alpina grazie alle incisioni rupestri di Capo di Ponte e di altri siti inseriti nel Patrimonio dell’UNESCO, con la Valtellina dove sono stati individuati e studiati da tempo le statue-stele di Teglio e le incisioni rupestri di Grosio.
Per approfondire le ricerche, e per evitare danni alle incisioni causati da un afflusso incontrollato di escursionisti, la scoperta è stata tenuta segreta per anni. Ed è stata illustrata alla stampa solo pochi giorni fa, il 18 novembre, a Milano, a Palazzo Lombardia, alla presenza di esponenti della Regione, della Soprintendenza e del Parco.
“La Lombardia si conferma come un vero e proprio libro di storia e di biodiversità a cielo aperto” ha spiegato Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, che ha partecipato alla presentazione. “Continueremo a seguire questa scoperta con grande attenzione”, ha aggiunto Massimo Sertori, assessore alla Montagna.
“Questa scoperta ci consentirà di conoscere meglio il nostro passato, di potenziare l’attrattività culturale delle nostre aree di montagna e di promuoverle per il futuro anche al di là dei già qualificati aspetti turistici” ha aggiunto Francesca Caruso, assessore regionale alla Cultura.
“Allo straordinario valore ambientale e paesaggistico del Parco dello Stelvio si aggiungono le testimonianze di un territorio vissuto da millenni” ha detto Franco Claretti, direttore dell’area protetta. “Quello dei petroglifi del Tresero è solo uno dei tanti filoni di indagine storica su cui stiamo lavorando. Qui uomo e natura interagiscono e si plasmano l’un l’altro da sempre”.
“Per noi è importante aver creato un sistema di collaborazioni saldamente legate al territorio” ha spiegato Elisabetta Bani, prorettrice dell’Università di Bergamo, che ha anche un Polo territoriale nella Provincia di Sondrio.
“Il Parco Nazionale dello Stelvio non si occupa solo di tutelare gli equilibri ecologici e il paesaggio, e di trasmetterli alle generazioni future, ma tutela e valorizza anche il suo patrimonio storico, archeologico e architettonico, in un’area montuosa al centro delle Alpi e abitata da millenni dall’uomo” ha spiegato Stefano Morosini, professore dell’Università di Bergamo e coordinatore scientifico del Parco.
Che cosa significa questa scoperta
E’ toccato a Stefano Rossi, archeologo della Soprintendenza, il compito di fare il punto sul significato della scoperta. “Il complesso di incisioni rinvenute al Tresero pone degli interrogativi fondamentali per la comprensione del rapporto tra l’uomo e la montagna nel corso degli ultimi millenni” ha detto l’archeologo.
“Oggi si tende a pensare che l’alta montagna sia una conquista recente, fatta dagli alpinisti, ma i numerosi rinvenimenti effettuati nei ghiacciai, a partire naturalmente dall’Uomo del Similaun, danno conto di una lunga frequentazione, iniziata nella Preistoria. L’area del Gavia è un osservatorio unico e privilegiato che consente di ripercorrere a ritroso queste frequentazioni” ha proseguito Rossi.
Vale la pena di ricordare che, pochi giorni prima della comunicazione della scoperta dei petroglifi del Gavia, è stato presentato alla stampa e al pubblico l’ecosistema fossile rinvenuto in Val d’Ambria, a Piateda, sul versante settentrionale delle Alpi Orobie. Per la storia della Valtellina, questo è un momento straordinario.