Sainte-Victoire, la montagna della Provenza che ha ossessionato Paul Cezanne
Il maestro Post-impressionista ha ritratto più di 40 volte la montagna che vedeva dalla finestra di casa e che oggi è esposta nei musei di tutto il mondo. E appare sempre magnifica
Con i suoi 1011 metri nel punto più alto, il massiccio della Sainte-Victoire è uno dei simboli della Provenza. Lunga 18 km e costituita da materiale calcareo, la montagna contrasta con le macchie verdi della vegetazione ai suoi piedi, che include boschi di querce. Con la sua sagoma tarchiata e possente, non ha la bellezza delicata delle Dolomiti, né la maestosità regale di un Monte Bianco. Eppure, la Sainte-Victoire è stata la musa indiscussa di un artista celebre: Paul Cézanne (1839-1906). L’ha ritratta ossessivamente per circa una quarantina di volte (e chi dice di più). Con tutte le tecniche possibili: disegni, acquerelli, dipinti a olio. Motivo per cui numerosi musei del pianeta – dal Metropolitan di New York al Puskin di Mosca – possono vantare di avere la loro Sainte-Victoire di Cézanne.
Non aspettatevi, però, una storia seducente o bizzarra dietro a questa scelta del pittore. Per capire che cosa l’ha condotto al cospetto di questa montagna, bisogna seguire a grandi linee il suo percorso esistenziale. Cézanne nasce a Aix-en-Provence, città da cui la Sainte-Victoire dista una ventina di chilometri e rappresenta un elemento piacevole del panorama. Il padre ha un’azienda di cappelli e le condizioni agiate della famiglia gli consentono di mandare il giovane Paul in un collegio cittadino prestigioso, dove avrà come compagno di studi il futuro scrittore Emile Zola. Paul e Emile diventano amici e la Sainte-Victoire è meta abituale di spedizioni di caccia per i due ragazzi. Inizia così l’idillio con questa montagna.
Dopo essersi diplomato, Paul si iscrive a Giurisprudenza presso l’università di Aix-en-Provence, ma presto si rende conto che leggi e tribunali non sono la sua strada. Il padre Louis-Auguste è un tipo comprensivo: quando il ragazzo chiede di finanziargli gli studi di pittura a Parigi, il genitore acconsente. Grazie al soggiorno parigino il giovane Cézanne si avvicinerà agli impressionisti, partecipando alla loro prima esposizione. Il pubblico parigino, però, non lo apprezza: i suoi quadri non vendono. E insieme a Hortense Fiquet, che diventerà sua moglie, se ne torna nel sud della Francia. Dal 1887, è di nuovo a Aix-en-Provence. Si dice che dal terrazzo di casa sua la regina della Provenza fosse ben visibile e pronta ad ammaliarlo come una sirena. Forse è questo il grande segreto che spiega perché nell’ultimo ventennio della sua vita di pittore la Sainte-Victoire compaia costantemente nei suoi quadri.
L’ossessione per la sua montagna feticcio era ben nota all’epoca. Anche il pittore Maurice Denis (1870-1943) che va a trovare l’anziano maestro lo omaggia con il quadro Visite à Cézanne (1906), in cui l’artista è raffigurato con la tavolozza di colori in mano davanti al cavalletto mentre dipinge la sua montagna del cuore. Senza addentrarci nell’analisi della produzione artistica di Cézanne, è importante sottolineare che i vari quadri intitolati La Montagne Sainte-Victoire non sono tutti uguali. C’è un’evoluzione nel corso degli anni. Innanzitutto è il massiccio stesso, visto nelle diverse stagioni, a offrire spunti cromatici e giochi di luce differenti. Se nel quadro La Montagne Sainte-Victoire del 1897 conservato all’Ermitage di San Pietroburgo prevalgono i toni del giallo, del verde e del rosso con una luce vivida, diverso è l’uso del blu e del verde in Mont Sainte-Victoire with a large pine del 1887, oggi alla Courtauld Gallery di Londra. Il post impressionista Cézanne nel tempo cambia anche la modalità con cui dipinge. I primi ritratti della montagna sono più figurativi, mentre nella parte finale della sua vita passa a forme più astratte e geometriche. Le pennellate sono più febbrili, sembra quasi di guardare un’immagine sfuocata.
Un effetto voluto? Da un punto di vista artistico, le rappresentazioni di questa montagna evidenziano un percorso: Cézanne si allontana sempre di più dalla tradizione dei paesaggi con prospettive perfette, e punta all’essenziale, a infondere sulla tela il suo sguardo totalmente soggettivo sulla Sainte-Victoire. «Cerco di rendere la prospettiva mediante il solo colore. Procedo con grande lentezza, perché la natura mi si rivela in una forma molto complessa e perché c’è sempre di che migliorare e progredire», scrive. Dall’altro, è stata ipotizzata una possibile patologia agli occhi. Paul ormai è un pittore famoso, i suoi quadri sono ambiti sul mercato dell’arte, ma l’avanzare dell’età rende il suo spirito ancor più tormentato e depresso. Le sue Sainte-Victoire possono essere lette anche come un percorso graduale che porterà dopo di lui alla scomposizione e alla dissoluzione delle forme tipica del cubismo. Il giovane Picasso sarà infatti un suo ammiratore.
Una curiosità: la montagna Sainte-Victoire, dopo essere stata messa sul piedistallo da Paul Cézanne, ha ricevuto un tributo anche da Pierre Auguste Renoir, in un quadro del 1889. E se oggi non è più la musa di pittori famosi, sulle orme di Paul e del suo amico Zola che la frequentavano da ragazzi sono frotte di alpinisti, ciclisti, camminatori e amanti del parapendio a renderle omaggio.