Grotte di Frasassi: dopo la visita si va alla scoperta di falesie e sentieri
Nel 1971 un gruppo di speleologi marchigiani ha esplorato le Grotte di Frasassi, che tre anni dopo sono state aperte al pubblico. Da allora, 25 milioni di visitatori si sono recati in questo angolo della Marche. Molti di loro hanno scoperto i trekking e le pareti della zona
Tutto inizia con una tana di volpe. A quello, sul momento, pensa Rolando Silvestri, uno studente di Ancona, quando scopre nel settembre 1971 un buco alto trenta centimetri e largo meno di un metro sulle pendici del Monte Valmontagnana. Ridisceso a valle, però, Rolando racconta di quella “tana” a degli amici speleologi, che drizzano subito le orecchie.
“Buchi e inghiottitoi ci venivano segnalati ogni giorno” ha raccontato Maurizio Bolognini, tra gli animatori in quegli anni del Gruppo Speleologico Marchigiano, sul cui sito si scopre una ricca galleria fotografica di quegli anni. “Ma la zona di Frasassi è straordinaria. Già il sabato successivo, trascinando con noi gli allievi appena usciti da un corso, siamo andati a dare un’occhiata”.
Tanta fretta non si spiega solo con la posizione della “tana”. Noti da sempre per le loro cavità carsiche – la Grotta della Vergine di Frasassi è stata occupata nella Preistoria, esplorata nel Cinquecento e arricchita nel 1828 da un tempio progettato dal Valadier – i calcari dell’Appennino fabrianese, frequentati anche per l’arrampicata, vedono nel dopoguerra un’aspra competizione tra gli speleologi marchigiani.
Nel 1948 gli Anconetani scoprono la Grotta del Fiume, poi i Fabrianesi esplorano il Buco Cattivo. Nel 1953 gli speleologi di Jesi collegano le Grotte della Vergine e del Mezzogiorno. Dal 1971, Fabrianesi e Jesini si impegnano nella Grotta del Fiume scoprendo il Lago dello Svizzero e la Sala delle Ossa. I ragazzi di Ancona cercano di batterli sul filo di lana. Nessuno immagina, però, le proporzioni della grotta che sta per essere scoperta.
“Dopo qualche ora di scavo ci siamo addentrati in una fessura” prosegue il racconto di Bolognini, ribadito qualche anno fa sulle pagine del Corriere Adriatico di Ancona. “Siamo sbucati in una caverna, sbarrata da terra e sassi, e abbiamo ripreso a scavare. Poco dopo, da un altro buco, ha iniziato a soffiare un gran vento, e abbiamo capito di aver scoperto qualcosa di importante. Era il 27 settembre 1971”.
L’esplorazione
Al di là della frana ci sono ottanta metri di gallerie, poi una sala porta sull’orlo di un pozzo. Il vento spegne le lampade ad acetilene sui caschi, i sassi gettati nel vuoto rimbalzano dopo cinque interminabili secondi. Le corde e le scale a disposizione del gruppo non bastano per calarsi.
Gli speleologi tornano alla carica in ottobre. Maurizio Bolognini tira a sorte con Fabio Sturba, vince, e scende per primo nel buio, Giancarlo Cappanera resta in alto. Il pozzo è enorme, una campana di calcare dove Maurizio scende completamente nel vuoto. Una scala difettosa gli impedisce di raggiungere il fondo.
L’indomani arriva finalmente l’atterraggio, poi gli speleologi camminano sui massi che occupano il fondo del pozzo. Scoprono un ambiente capace di contenere il Duomo di Milano, e stalagmiti alte fino a trenta metri. Battezzano la cavità (Grotta Grande del Vento), il pozzo (Abisso Ancona) e le stalagmiti più imponenti (i Giganti).
Due mesi dopo, un gruppo di speleologi di Jesi arriva all’Abisso Ancona dal basso, vede le scalette degli anconetani, capisce di essere stato battuto. Il giorno di Capodanno del 1972 Jesini, Anconetani e Fabrianesi compiono la prima traversata, calandosi nell’Abisso Ancona e uscendo dalla Grotta del Fiume. Intanto qualcuno ha già iniziato a pensare al turismo.
Un’attrazione irresistibile
Qui un passo indietro s’impone. Fino ad allora, le Marche sono cresciute in maniera diseguale. Fabriano si è arricchita con gli elettrodomestici e la carta. Genga, che ospita nel suo territorio le Grotte, è rimasta indietro. La scoperta degli speleologi viene vista come una possibilità da sfruttare.
Nel 1973 Coriolano Bruffa, assessore del Comune di Genga, scende nell’Abisso Ancona e ne scopre la bellezza. I lavori per rendere accessibile la cavità iniziano nella primavera successiva e si concludono in soli 55 giorni. Il 1° settembre 1974, primo giorno di apertura, i visitatori sono già 3.500.
Dai 468 mila del 1975, i visitatori si attestano sui 350-400 mila ogni anno. Negli anni, le trasmissioni televisive, i soggiorni-record dello “speleonauta” Maurizio Montalbini, la serie per ragazzi “Gormiti The New Era” girata nelle Grotte e presentata al Festival di Sanremo del 2024 – fanno di Frasassi la meta più visitata delle Marche insieme al Santuario di Loreto. In estate molti arrivano dalla costa adriatica, da Rimini fino al Conero.
Il terremoto del 1997, che colpisce Assisi e Fabriano e allontana molti visitatori dall’Umbria e dalle Marche, causa una diminuzione limitata dell’afflusso. Lo stesso accade dopo le scosse del 2016 che devastano Amatrice, Norcia e i borghi marchigiani dei Sibillini. All’interno delle Grotte, d’altronde, non si verificano crolli o cambiamenti.
Nel 2022, dopo le riduzioni causate dal Covid-19 e dai lockdown, i visitatori risalgono a quota 298 mila. Il 20 agosto 2024, il Corriere Adriatico annuncia un nuovo record, con quasi 10.000 visitatori in due giorni.
Attenzione per l’ambiente e sostenibilità delle visite
Oggi la Grotta di Frasassi è un’industria, gestita con grande attenzione per l’ambiente. Il Consorzio che la gestisce ha una ventina di dipendenti fissi, più un centinaio di stagionali. L’afflusso dei visitatori, oltre che a Genga e a San Vittore delle Chiuse, porta reddito e lavoro a Jesi, a Fabriano e in molti altri centri, anche in Umbria.
Il sistema delle prenotazioni funziona, delle navette collegano il posteggio alle Grotte. La visita (in italiano o in inglese) si effettua in gruppo, le guide sono preparate ed entusiaste. Un sistema che meriterebbe di essere studiato e imitato in altri luoghi di natura investiti dal turismo di massa, da Campo Imperatore fino alla Skyway del Monte Bianco e alle Tre Cime di Lavaredo. Insieme all’organizzazione, c’è l’attenzione all’ambiente. Un sistema di sensori controlla la temperatura, l’umidità, la qualità delle acque. Le porte stagne che tagliano il tunnel di accesso mantengono la temperatura costante (14°) e salvaguardano il microclima interno. A gennaio le Grotte vengono chiuse per favorire il riequilibrio biologico.
Un comitato scientifico controlla la gestione delle Grotte. Ha sede a Frasassi l’International Show Cave Association (ISCA) che raggruppa un centinaio di grotte turistiche di tutto il mondo, dal Borneo fino agli USA e alla Slovenia, con particolare attenzione alla salvaguardia ambientale. Contribuisce alla gestione della zona il Parco Regionale delle Gole della Rossa e di Frasassi, 10.026 ettari, che ospita l’aquila e il nibbio reale.
Alla scoperta di sentieri e falesie dei dintorni
La visita turistica delle Grotte è solo una parte dell’offerta del “sistema Frasassi”. Un migliaio di persone ogni anno, indossati tute, caschi e stivali, viene condotto nelle gallerie non attrezzate. A San Vittore delle Chiuse, accanto a una chiesa medievale e alle Terme, sono esposti il fossile di un ittiosauro e i vasi e le urne di una necropoli italica.
Castelletta e le altre falesie della zona sono frequentate dagli arrampicatori, e ospitano ogni anno un apprezzato Climbing Festival. La rete dei sentieri include passeggiate come quella verso il Santuario del Valadier, e percorsi impegnativi ed esposti come quello che sale al Foro degli Occhialoni.
Nelle Grotte, intanto, l’esplorazione speleologica continua. Grazie a Rolando, Fabio, Maurizio, Giancarlo e agli altri ragazzi di mezzo secolo fa, le prime avventure nelle Grotte di Frasassi hanno dato vita a un boom economico capace di rispettare i visitatori e l’ambiente.