Nuove regole sulle montagne cinesi. Diventa impossibile raggiungere tutti i 14 Ottomila senza ossigeno
Ossigeno obbligatorio sopra quota 7.000, necessità di accompagnamento di guide alpine. Salire sullo Shisha Pangma in stile pulito è vietato. Svaniscono i sogni di numerosi alpinisti
Mezzo pieno o mezzo vuoto? La notizia, confermata, della riapertura agli stranieri degli Ottomila cinesi – lo Shisha Pangma, e i versanti tibetani di Everest e Cho Oyu – aveva suscitato entusiasmo e riacceso le speranze dei “cacciatori di record”. Per molti di loro, infatti, lo Shisha Pangma è la perla mancante della prestigiosa collana. A raffreddare gli entusiasmi di molti sono giunte le nuove regole stabilite dalla China-Tibet Mountaineering Association (CTMA). Tra queste ci sono l’obbligo di utilizzare l’ossigeno supplementare oltre quota 7.000 (addio salite No-02, quindi) e di essere accompagnati da una guida alpina professionista (con buona pace delle salite in solitaria). Inoltre gli scalatori che richiedono il permesso per le vette tibetane devono fornire un fascicolo medico completo e un curriculum con i certificati delle arrampicate già effettuate. Le precedenti salite possono essere inferiori non più di 1.000 metri rispetto al picco che vogliono tentare, quindi nessun permesso verrà rilasciato per un ottomila a chi non ha giù salito una cima di ameno 7.000 metri.
Le possibilità di aggirare le regole sono pari a zero. Ben difficilmente, infatti, le guide delle agenzie nepalesi e internazionali si presteranno a “coprire” i trasgressori. Per loro il rischio è non poter tornare a lavorare in Tibet negli anni successivi, quindi il gioco non vale la candela.
A proposito di sanzioni, non è chiaro cosa potrebbe accadere a chi, per esempio, cercherà di muoversi senza ossigeno sopra quota 7.000: divieto di scalare nuovamente in Cina? Sanzione pecuniaria? Soggiorno nelle carceri tibetane? Se fosse valida la prima ipotesi, la tentazione di chiudere il cerchio dei 14 Ottomila ignorando le nuove disposizioni potrebbe essere irresistibile. Chissà.
La maggior parte degli alpinisti ha già dichiarato che si atterrà alle disposizioni. Tra questi c’è anche Mario Vielmo che prima della partenza dall’Italia ha dichiarato: “approfondirò la questione una volta sul posto. Se non ci saranno alternative userò l’ossigeno”. Per lo scalatore veneto lo Shisha Pangma rischia di diventare una montagna stregata: nell’autunno 2023 fu costretto al rientro a causa dello stop decretato dalle autorità cinesi dopo le valanghe che uccisero quattro alpinisti, la scorsa primavera invece la Cina non rilasciò i permessi in tempo utile e Vielmo – già in Nepal – non riuscì neppure a raggiungere la base della montagna.
Sorprendono invece le dichiarazioni fatte sui social da Nirmal Purja, che ha annunciato di voler scalare comunque senza ossigeno. Nel 2019 il fuoriclasse nepalese ottenne dalle autorità cinesi un permesso ad personam per scalare lo Shisha Pangma al tempo chiuso agli stranieri. Che stia percorrendo anche questa volta la stessa strada di allora?