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Andrea Cappadozzi dopo aver sconfitto la leucemia sale con il figlio sul Kilimanjaro

“Ho avverato il mio sogno!”, ha detto lo scalatore laziale al ritorno dalla spedizione in Tanzania. Lo abbiamo incontrato, ecco cosa ci ha raccontato

Andrea Cappadozzi, nato 57 anni fa a Patrica e residente a Castro dei Volsci, è un alpinista Laziale. Lo zio gestore del Rifugio Passo Sella gli ha fatto scoprire questo mondo negli anni 90. Ha completato l’ascesa di tutti i 2000 dell’Appennino e molti 4000 sulle Alpi. Nel 2008 tenta l’ascesa all’Ojos del Salado (6893 m slm). Lì si accorge di essersi ammalato di leucemia. Dopo soli 2 mesi di cure riesce a tornare in montagna, salendo sul Monte Cacume insieme agli amici del Club 2000. Prima tenta l’ascesa al Peak Lenin (7132m) dove si deve fermare a campo 3 ad oltre 6000m in quanto il suo compagno di cordata non stava bene. Nel 2023 al secondo tentativo riesce a salire in autonomia sull’Ojos.
Siamo andati a trovarlo ai piedi della “sua” montagna, il Pizzo Deta (FR), e ci siamo fatti raccontare la spedizione.

Ciao Andrea come va dopo questa spedizione: state bene?

Benissimo, sia io che mio figlio eravamo in condizioni ottimali, lui con 49.5 di ematocrito ed io con 49.1. Condizioni che ci hanno permesso di avere sempre valori si saturazione molto alti, Leo all’ultimo campo, a Barafu Camp a 4.673 m, aveva 91 di saturazione ed io 87, valori che ci hanno permesso di salire senza problemi. Anche dal punto di vista intestinale è andato molto bene avevamo degli ottimi cuochi.

Come è nata l’idea del Kilimanjaro? E’ vero che era un desiderio di tuo figlio?

All’ultima presentazione della conquista dell’Ojos del Saldo nel 2023, mio figlio mi chiese se potessimo scalare insieme il Kilimanjaro, ed io molto velocemente gli risposi di sì senza pensarci.  Non so come gli sia venuto in mente il Kilimanjaro forse l’ha visto su di un documentario. Da là è cominciata la lunga preparazione che ha visto Leonardo salire anche sul suo primo quattromila, il Bishorn (4153m).

Nel tuo post sui social hai scritto che è stato un sogno…

Si salire insieme in vetta, passo passo, pole pole, respirando insieme, è stata l’emozione più forte della mia vita. La montagna ti insegna che la vita non ti regala nulla senza sofferenza, e Leo è arrivato in vetta soffrendo in silenzio, grazie alla sua determinazione, alla sua forza. La stessa determinazione che gli ha permesso di superare i suoi non piccoli problemi: la dislessia, la disgrafia, e tanto altro. “Sogna ragazzo, sogna,  che papà sarà sempre al tuo fianco, per raggiungere i tuoi sogni più belli, e non aver mai paura di chiedermi aiuto”.

Ma tua moglie come l’ha presa? Immagino che non sempre tu sia riuscito a darle notizie.

Una santa. Persona molto ansiosa, è riuscita a dominare tutte le sue paure, sapendo anche che almeno un messaggio serale, dove prendeva il telefono, lo avremmo inviato. Per lei era fondamentale che Leonardo facesse una così importante esperienza a 17 anni. Il suo è stato un grande atto d’amore e di fiducia nei miei confronti.

 Quali erano le paure di Leonardo prima e durante l’ascesa? Come li hai risolti?

Sua prima preoccupazione era l’assenza di interne. Lui, come tutti i ragazzi, è dipendente dal telefonino. Problema risolto con la proposta di giocare a scacchi tutte le sere. Secondo problema i bisogni fisiologici, problema risolto dalle molte strutture presenti nei diversi campi lungo la Machame Route.

 Che si prova quando il tuo compagno di scalata è tuo figlio?

Paura mista a grande emozione. Il mal di montagna è sempre in agguato, e le conseguenze le conosciamo bene, edema polmonare e edema cerebrale.  Poi dopo la conquista della vetta tutte le paure svaniscono e fanno posto ad una grande emozione e felicità. Salendo sentivo il suo respiro, e respiravo in modo sincronizzato con lui, come fossimo una sola persona, è una sensazione unica.

Cosa ti ha dato questa esperienza rispetto alle altre?

E’ stata completamente diversa dalle altre: avevamo a disposizione un cuoco, due guide e 12 portatori. Tutti i giorni colazione pranzo e cena con una qualità notevole di prodotti e di ricette. Per la prima volta sono partito senza il mio amico di spedizione Christian Ghini, medico, la cui presenza mi dava tranquillità. Prima di partire, mi ha fatto un rapido corso sui rimedi del mal di montagna, medicine da prendere, come e quando. Mia moglie ha lottato per convincerlo a partire con noi, ma impegni di lavoro lo hanno impedito. E’ stata una spedizione molto confortevole, tende sempre pronte sui campi di arrivo, tè caldo con dolci il pomeriggio, e grandi cene in una tenda riservata.

La prossima meta?
Penso al Monte Elbrus con gli sci.  Ma senza mio figlio

Chi è Andrea Cappadozzi

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