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Il Rifugio Kostner al Vallon, prezioso testimone della storia del Gruppo del Sella e della Val Badia

Costruito nel 1913 ma subito abbandonato, è tornato a nuova vita nel 1988. Da allora è gestito dalla famiglia Agreiter, che ha fatto della sostenibilità la parola d’ordine

Era il 1913 quando Franz Kostner iniziò, con l’aiuto dell’Alpenverein di Bamberg, la costruzione del rifugio nel Gruppo del Sella che oggi porta il suo nome. Venne terminato in soli dieci mesi, portando in quota tutto il materiale necessario con i muli o, d’inverno, con le slitte. A causa della Prima Guerra Mondiale, tuttavia, il progetto d’inaugurazione fu precocemente abbandonato e la nuova costruzione subì gli attacchi del tempo, trasformandosi ben presto in un rudere. Trascorsero così più di settant’anni. Solo nell’estate del 1988 la ricostruzione del rifugio fu portata a termine grazie alla tenacia di Erich Kostner, che finanziò l’impresa in ricordo del padre Franz, affidandone la gestione al giovane Manuel Agreiter.

Sia Erich che Franz sono ricordati come due pionieri per quanto riguarda l’avvento del turismo negli spazi di questa incantevole valle, ladina prima ancora che altoatesina. Franz Kostner nacque infatti nel 1877 in un vecchio maso, figlio di umili e poveri contadini, e a sedici anni iniziò a lavorare come pastore a San Lorenzo di Sebato, anche per poter imparare il tedesco, visto che fino a quel momento l’unica lingua a lui conosciuta era, appunto, il ladino. Raggiunta la maggiore età, si arruolò fra le fila dei Kaiserjäger, divenne sergente maggiore e quattro anni più tardi ottenne anche il brevetto di Guida alpina. Fu proprio lui che, in questa veste, accompagnò il geografo tedesco Gottfried Merzbacher ad esplorare l’Himalaya: era il 1902 e si trattava di un’autentica prima volta per il mondo occidentale. Tornato in Italia, Kostner si convinse che un giorno le persone avrebbero fatto lo stesso con le Dolomiti: avrebbero cioè attraversato il mondo per ammirarle e frequentarle. Questo suo precoce intuito per le potenzialità turistiche della propria terra lo spinse ad acquistare dalla famiglia Rottonara la Gasthaus Post a Corvara, nata come stazione di posta e diventata presto l’unica piccola attività commerciale del paese. Non pago, sviluppò una piccola rete di trasporto locale e costruì la prima slittovia d’Italia, che venne in seguito rinnovata e ristrutturata dal figlio Erich e trasformata così nel primo vero impianto di risalita del nostro Paese. Si tratta della seggiovia Corvara-Col Alto, oggi ovovia, inaugurata nel 1946: lo stesso anno in cui venne fondata, sempre a Corvara, anche la prima scuola di sci italiana. 

La ripartenza all’insegna della sostenibilità

Ecco dunque arrivati al fulcro della nostra storia, con Erich Kostner, il figlio di Franz, che si appresta ad incontrare per le vie di Corvara il giovane Manuel Agreiter, di vent’anni appena. Era il 1987 e la domanda che Erich gli rivolse a bruciapelo fu una soltanto: “vuoi diventare rifugista?”. 

«Rimasi un po’ stupefatto per quella proposta», racconta Manuel, «ma poi Erich mi raccontò che stava ristrutturando il vecchio rifugio Vallon, precedentemente costruito da suo padre, e che aveva pensato a me come gestore».

Nonostante la giovanissima età infatti, Manuel era già un valido frequentatore e professionista della montagna: maestro di sci, soccorritore e Guida alpina, viveva le cime della sua valle natìa mosso dalla passione di poterne condividere le meraviglie con gli altri, esattamente come Franz Kostner mezzo secolo prima. E forse fu proprio per questo motivo che Erich pensò a lui.

«Quasi inconsciamente gli risposi di sì», continua Manuel, «anche se non ero sicuro di avere le capacità per diventare il custode di quel luogo tanto amato da tutti. Sapevo di assumermi una grande responsabilità, ma inoltrai comunque la domanda al CAI e qualche settimana dopo ebbi la risposta affermativa che aspettavo. Da quel momento, il rifugio Franz Kostner al Vallon diventò la mia casa e con questo luogo creai immediatamente un legame indissolubile».

Un legame quasi simbiotico, che coinvolge oggi non solo Manuel ma la sua intera famiglia: la moglie Cristina, che si occupa della cucina e di tutta la parte logistica, e il figlio Matteo, appassionato fotografo mosso da un grandissimo estro creativo. Lo stesso estro che lo ha portato a dare il suo nome ad un panino delizioso, che unisce la tradizione di materie prime a chilometro zero alla modernità di un sandwich caldo e quasi “urbano” da assaporare però in quota. «Vivo quassù da quando avevo pochi mesi», dichiara Matteo, «e non avrei potuto immaginare posto migliore dove trasformare la mia passione in un lavoro». Alcune fotografie scattate da Matteo sono esposte negli spazi antistanti il rifugio, che ospitano la sua mostra permanente “Vire la Munt”, composta da ritratti e paesaggi, con la natura a fare da sfondo a luoghi lontani o vicinissimi.

«Spesso ci interroghiamo sulle trasformazioni delle nostre montagne», aggiunge Cristina, «e ci troviamo a detestare la frenesia che sembra animarle da qualche decennio a questa parte. Siamo immersi in un ecosistema fragile, di cui occorre non soltanto aver cura ma anche farne attivamente parte, comprendendo le responsabilità di ognuno nel preservarlo. A noi, ad esempio, sta molto a cuore l’utilizzo di prodotti locali, che compriamo direttamente dai contadini del posto, sia per dare valore alle persone e al loro lavoro sia per tutelare l’ambiente, già costantemente minacciato. E in generale ci piace dare il buon esempio a chi viene qui, trasmettendo quei valori di pace, cura e condivisione che ci animano come persone prima ancora che come rifugisti».

Chissà se Franz ed Erich Kostner avevano preso in considerazione i pericoli e le derive di un turismo di massa così minaccioso come quello che stiamo vivendo. Di certo l’intuizione avuta da Erich – ovvero quella di affidare la gestione del suo rifugio ad un promettente giovane della valle – si è rivelata corretta. E l’etica ferrea ma accogliente con cui la famiglia Agreiter continua, da allora, a vivere e condividere il rifugio Kostner fa ben sperare per il futuro. 

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