“La mia vita controvento”, Reinhold Messner celebra con un libro i suoi 80 anni
Arriva in libreria con l’editore Corbaccio l’ennesimo libro dell’alpinista più famoso di tutti i tempi. Alcune parti (soprattutto l’inizio e la fine) riescono a coinvolgere il lettore, altre meno.
“How many roads must a man walk down / Before you call him a man?” “Quante strade deve camminare un uomo / Prima di essere chiamato uomo?”. Bob Dylan, classe 1941, ha tre anni più di Reinhold Messner. Nel 1962, quando il cantautore di Duluth, Minnesota è diventato famoso nel mondo grazie a “Blowin’ in the Wind”, l’alpinista di Funes iniziava a compiere le sue imprese sulle rocce delle Dolomiti.
Le parole di quella celeberrima canzone, strimpellata con chitarra e armonica da milioni di giovani in ogni angolo del pianeta, descrivono bene lo stato d’animo di chi apre “La mia vita controvento”, il libro con cui Messner celebra i suoi 80 anni di vita, che festeggerà il 17 settembre.
In copertina c’è un Reinhold pensoso, con un piumino grigioverde, fotografato dalla moglie Diane in una giornata di vento, in Tibet o da qualche parte sulle Alpi. L’edizione italiana, tradotta dal tedesco da Luca Calvi, è pubblicata da Corbaccio. Conta 344 pagine, costa 22 euro, ed è facile prevedere che sarà l’ennesimo best-seller. Ma vale la pena acquistarlo?
Nella sterminata produzione letteraria di Reinhold, a chi cerca la grande avventura in diretta consiglieremmo piuttosto classici come “Due e un ottomila”, “Dal Tibet all’Everest” o “La montagna nuda” dedicato al Nanga Parbat, tutti libri di qualche anno fa ma facili da trovare perché molte volte ristampati e rieditati.
A chi vuole approfondire il Messner-pensiero suggerirei piuttosto “Il 7° grado”, il terribile “Il limite della vita”, “La montagna a modo mio” o il recente (2022) “Il senso dell’inutile”, scritto a due mani con la terza moglie Diane. Il libro che esce in questi giorni, per impressionare davvero, avrebbe bisogno di un po’ di belle foto, ma sappiamo che gli editori italiani, in un’epoca di budget magri, preferiscono non farlo per non far lievitare il prezzo di copertina.
Pure, a sfogliare “La mia vita controvento”, impressiona il lettore è prima di tutto la quantità di viaggi, ascensioni e avventure che quel signore che sta per compiere 80 anni ha vissuto. Dolomiti e Nanga Parbat, Everest e Antartide, la scoperta di Ötzi sulle Alpi e la ricerca dello Yeti nel cuore dell’Asia, gli anni di lavoro al Parlamento europeo e quelli passati a ideare e a rendere possibili i suoi musei. Le esperienze attraversate negli anni da Messner sembrano in grado di riempire due, tre, dieci vite.
Nel nuovo libro, nei capitoli iniziali, Reinhold Messner ha voglia di raccontarsi riportando le parole di chi gli è stato vicino, dalla madre Maria, al fratello maggiore Helmut, fino a un “padre alpinistico” come il bolzanino Luis Vonmetz, che prima di diventare presidente dell’Alpenverein Südtirol si è legato più volte in cordata con il giovane Messner.
Helmut racconta di aver scoperto in parete, da ragazzo, quanto il fratello fosse “il più forte sia mentalmente sia tecnicamente”. La madre Maria, in un’intervista uscita per i suoi 80 anni nel 1993, racconta che Reinhold “non era un bambino cattivo, ma solo un ragazzo selvaggio”. E che, per far crescere i suoi nove figli (otto maschi e una femmina) aveva scelto di applicare il principio “ma lascialo (o lasciala) un po’ fare”.
Allo stesso modo, nelle ultime pagine del libro, Reinhold dichiara il suo amore per la nuova compagna. “Così come è una felicità tornare dopo essersi salvati da un pericolo mortale, ancor maggiore è la felicità di cadere tra le braccia di Diane e di danzare con lei nella tempesta. Con il vento, preferibilmente nel mezzo di un tornado d’amore”. E chi crede che l’amore sia un sentimento del passato è servito.
Per capire il Messner di oggi, obietta inevitabilmente il cronista, sarebbe bene sapere qualcosa di più sulla separazione dalla seconda moglie Sabine, sull’allontanamento di Reinhold dai castelli (soprattutto dall’amatissimo Juval), e dalla rete dei Messner Mountain Museum che contengono un concentrato di vita ma sono anche un business non da poco.
Questa vicenda, di cui noi e altri abbiamo scritto recentemente, nel libro compare appena, anche se lo fa con racconti e parole dolorose. E’ chiaro che l’esigenza di far uscire il libro in tempo per gli 80 anni di Reinhold ha costretto a tagliar corto. Chi non è addentro alla vicenda, però, per capirla avrebbe bisogno di qualche dettaglio in più.
Nessuna fretta nel confezionamento del libro – e lo scriviamo con affetto e con rispetto per l’editore, per l’autore e persino per l’amico traduttore – può giustificare invece la delusione nel leggere la parte centrale del volume, che sembra un arido collage di storie e documenti già scritti. Testi che avrebbero potuto emozionare il lettore, ma che per farlo avrebbero avuto bisogno di un editing.
Parliamo di vicende alpinistiche, come la spedizione al Nanga Parbat del 1970, con la scomparsa di Günther Messner, i terribili congelamenti ai piedi di Reinhold, la ricerca dei resti del fratello scomparso in Pakistan e le lunghe vicende giudiziarie che hanno opposto l’alpinista sopravvissuto alla discesa al capospedizione Herrligkoffer e gli altri componenti del team.
Parliamo di vicende storiche e politiche importanti legate strettamente al Sudtirolo, come la discussione con il regista Luis Trenker a proposito degli Optanten, gli altoatesini che nel 1939 avevano scelto di diventare cittadini del Terzo Reich a seguito degli accordi tra Mussolini e Hitler. O le discussioni sull’opportunità di concedere al “sovversivo” Messner l’uso di Castel Firmiano/Sigsmundskron, un luoto-chiave dell’identità dell’Alto Adige moderno.
Nel vento del libro di Messner, come in quello del capolavoro di Bob Dylan, passano decine di altre storie e di altre avventure appassionanti. L’impressione di chi legge, però, è che vengano raccontate al lettore senza spiegare. E che quindi non riescano a coinvolgerlo come sarebbe giusto e legittimo aspettarsi da un autore e da un avventuriero di classe come il nostro.
Vent’anni fa, per raccontarsi alla soglia dai 60 anni, Reinhold Messner ha scelto la forma dell’intervista. In “La mia vita al limite”, scritto dal bravo giornalista tedesco Thomas Hütlin, l’affascinante groviglio di avventure, intuizioni, riflessioni e paure dell’alpinista più famoso di tutti i tempi è venuto fuori in maniera viva e coinvolgente. Spiace scriverlo, ma “La mia vita controvento” non è così. Una montagna di auguri, Reinhold Messner! Bergheil!