Alluvione in Nepal. Kami Rita Sherpa lancia una raccolta di fondi per aiutare il suo villaggio natale
A Thame, posto a 4.000 metri sull’antica carovaniera verso il Tibet, sono nati alpinisti famosi come Tenzing Norgay, Apa Sherpa e Kami Rita Sherpa, 30 volte in vetta all’Everest. Ed è proprio lui a chiedere aiuto alla comunità alpinistica. La catastrofe causata dallo svuotamento di un lago glaciale
“Thame, il mio villaggio natale, è stata devastato da un’alluvione. Le case sono state spazzate via in un istante, lasciando il paese sommerso da fango e detriti. Non sono state perse delle vite, e di questo siamo grati, ma la distruzione è oltre quel che possiamo comprendere”.
Kami Rita Sherpa, che ha raggiunto per 30 volte gli 8848 metri dell’Everest, è abituato ad affrontare pericoli. Ma quel che è accaduto venerdì 16 agosto in uno dei villaggi più alti di quota del Khumbu, sull’antica via carovaniera che collega il Nepal al Tibet scavalcando i 5716 metri del Nangpa La, lo ha profondamente segnato.
“Ora, più che mai, Thame ha bisogno del vostro aiuto. Mi rivolgo alla comunità degli alpinisti e degli amanti dell’avventura, e a tutti gli uomini compassionevoli, perché aiutino Thame in questo momento critico. Abbiamo bisogno di aiuto per evacuare le persone, di ripari, di aiuto medico, di cibo, di acqua potabile, di energia, di strumenti per ricostruire”, prosegue Kami Rita sulla sua pagina Facebook. Poi l’uomo salito 30 volte sull’Everest riporta il link (Urgent Call-Up: Glacier Burst Flood Threats Thame Village ) attraverso il quale è possibile effettuare le donazioni.
Le autorità nepalesi confermano che la situazione di Thame è drammatica. Come riferisce “The Himalayan Times”, quotidiano in lingua inglese di Kathmandu, il primo sopralluogo in elicottero della mattina di sabato 17 agosto ha confermato che a causare l’alluvione è stato lo svuotamento di un lago glaciale.
Lo stesso giorno hanno raggiunto il villaggio squadre dell’Esercito e della Polizia nepalesi e anche il Ministro della Difesa Man Bir Rai ha visitato il sito di persona. Nel pomeriggio, però, il maltempo ha impedito di avvicinarsi agli elicotteri partiti da Kathmandu, da Itahari e dall’aeroporto di Phaplu.
Secondo le autorità a Thame vivono 45 famiglie. Nel momento dell’alluvione, a causa della bassa stagione del turismo, erano presenti nel villaggio 93 persone, che sono state soccorse e ospitate in un edificio comunitario o nelle tende piantate dai militari.
Secondo la Polizia sono stati completamente distrutti la scuola, la centralina elettrica, il dispensario medico e 15 abitazioni. Le famiglie che hanno avuto le case distrutte hanno ricevuto un primo contributo di 50.000 rupie (308 euro), quelle che hanno subito danni parziali hanno avuto 30.000 rupie (202 euro).
Proseguendo la sua discesa verso valle, l’acqua ha investito un’ampia zona dei distretti del Khumbu e del Solu. Circa 200 metri del sentiero che sale da Phakding a Namche, utilizzato per chi sale verso l’Everest, sono stati spazzati via. Anche la strada che sale da Salleri verso il Khumbu è stata danneggiata.
Gli esperti dell’International Centre for Integrated Mountain Development (ICIMOD), che comprende ricercatori di tutti i paesi himalayani, hanno confermato che l’alluvione è stata causata dall’improvviso svuotamento di un lago glaciale. Fenomeni di questo tipo sono sempre esistiti in Himalaya, ma sono diventati sempre più frequenti a causa del riscaldamento del clima.
Secondo gli esperti dell’ICIMOD e del Distretto del Solukhumbu, l’acqua che ha devastato Thame è partita da due dei cinque laghi censiti come pericolosi a monte del villaggio. Per il Dipartimento di Idrologia e Meteorologia del Governo nepalese, nella settimana prima del crollo la temperatura a Thame è salita da 9,7 fino a 15 gradi centigradi. Ha contribuito al disastro anche l’abbondante pioggia monsonica dei giorni precedenti.
“L’alluvione ha portato via parte di un villaggio che conosco molto bene. Questa tragedia ci ricorda che l’aumento delle temperature ha un impatto terribile sulle comunità di montanari. Thame è la scena di un delitto causato dal cambiamento climatico. Non possiamo girarci dall’altra parte”, spiega Miriam Jackson, responsabile del dipartimento Criosfera dell’ICIMOD.