Ambiente

Nuove piante colonizzano, per fortuna, i terreni lasciati scoperti dalla fusione dei ghiacciai

Uno studio del Parco Nazionale Gran Paradiso e dell’Università di Torino, rivela che le specie colonizzatrici popolano i “nuovi” spazi a gran velocità. A tutto vantaggio della stabilità dei terreni

Che i ghiacciai alpini si stiano ritirando a ritmi più che preoccupanti è cosa nota. Cosa succede nelle aeree lasciate libere dai ghiacci forse meno. Ma anche qui si parla di ritmi folli.

Il Parco Nazionale Gran Paradiso in collaborazione con l’Università di Torino sta portando avanti un interessante studio sulle specie vegetali che stanno colonizzando le aree lasciate libere dal ritiro dei ghiacciai. Queste piante, di varie specie vegetali, si appropriano dei nuovi spazi e consolidano il detrito appena liberato dai ghiacciai. Proprio questa loro capacità di stabilizzazione del terreno instabile lasciato dal ghiacciaio e prevenzione delle erosioni dello stesso, rende la ricerca su queste piante importantissima.

Nell’ultimo studio appena pubblicato sul Botanical Journal of the Linnean Society, la rivista scientifica della Oxford University press – Parco e Università hanno esaminato due aeree deglacializzate nella val di Cogne e in val di Rhêmes. Il risultato di queste prime analisi è sorprendente: le specie colonizzatrici sono tantissime e popolano i terreni lasciati liberi a una velocità fino anche a 45 volte più alta dei modelli previsionali.

Ma perché questo dato è così interessante? Il Parco spiega in una nota che “se le piante si insediano velocemente, possono aiutare a ridurre i rischi di colate detritiche e alluvioni. Al contrario, se il processo di colonizzazione è lento o non avviene, il detrito lasciato dal ghiacciaio rimane vulnerabile e questi rischi aumentano”.

Insomma, in questo caso la colonizzazione sembra qualcosa di molto positivo ma sicuramente è necessario proseguire con ricerche e monitoraggi,  come spiegano il botanico Andrea Mainetti e il professore Michele Lonati: “i risultati di questo studio non solo migliorano la comprensione delle dinamiche ecologiche in risposta al riscaldamento globale, ma sottolineano anche l’importanza di un monitoraggio continuo e di lungo termine per guidare le strategie di conservazione in un’area così rilevante come il Parco Nazionale Gran Paradiso.”

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