Dal Ponentino all’Appennino. È possibile camminare al fresco a Roma e dintorni in agosto?
Appia Antica o Gran Sasso? Lago della Duchessa, Castelli Romani o Simbruini? Anche se in piena estate fa caldo, i dintorni della Capitale continuano a offrire camminate piacevoli. Basta scegliere con attenzione la meta e l’ora
“Stare a Roma e non far mai una passeggiata a piedi sarebbe poco divertente, mi sembra”. Così, alla fine dell’Ottocento, spiegava ai suoi lettori Henry James, uno scrittore nato a New York e trapiantato in Gran Bretagna, che, come molti autori anglosassoni, conosceva e apprezzava la città sulle rive del Tevere.
Certo, quando James la frequentava con piacere, Roma non era afflitta dal traffico come oggi, e gli unici ingorghi erano causati da cavalli, carrozze e calessi. Ma un punto del suo ragionamento è vero anche nel terzo millennio. Nonostante il caos della “Città eterna” di oggi, solo chi si sposta lentamente può scoprire davvero i monumenti, i paesaggi naturali e umani, le mille sorprese e le mille storie di Roma.
Solo a piedi, dentro o fuori dalle Mura Aureliane, si apprezzano le ville storiche (Borghese, Ada, Doria Pamphilj…), le centinaia di chiese che spaziano dal Romanico al Barocco, le rive del Tevere e le meravigliose aree archeologiche dell’Urbe. L’Appia Antica, inserita nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO, offre un percorso unico al mondo per uscire o entrare a piedi dalla città, e infatti è utilizzata da diversi cammini.
Nel 1873, quando Henry James frequentava la nuova capitale del Regno d’Italia, una cinquantina di borghesi e di nobili romani, e di funzionari arrivati soprattutto dal Piemonte, dava vita alla Sezione di Roma del CAI. Le prime gite sociali – all’Artemisio sui Castelli Romani, e poi sul Monte Soratte – si svolsero nell’anno successivo.
Più tardi iniziarono le escursioni al Gran Sasso, in treno fino all’Aquila e poi in “sciarabbà”, traduzione abruzzese degli “char à bancs”, le diligenze. Tra l’Otto e il Novecento, grazie ai treni, l’esplorazione si è estesa alla Maiella, al Terminillo e al Velino, e naturalmente alle Alpi e al resto del mondo. Edoardo Martinori, sepolto nel cuore del Gran Sasso, ha percorso (anche a piedi) il West americano e l’Asia minore.
Oggi, come tante altre città in Italia e nel mondo, migliaia di romani esplorano l’Urbe a piedi, e un numero ancora maggiore lascia la Capitale nei weekend per camminare in montagna, in campagna, in collina o sui litorali del Lazio e delle regioni vicine. Oltre alla Sezione romana del CAI, propongono percorsi accompagnati altre associazioni (molte aderiscono a Federtrek) e le numerose guide ambientali ed escursionistiche del Lazio.
D’inverno, quando il Velino innevato si lascia vedere dal Gianicolo, oltre i mille metri si possono trovare neve o ghiaccio. D’estate, e soprattutto in agosto, c’è il problema inverso, e i sentieri collinari della Sabina e della Tuscia possono diventare delle fornaci. La scelta della destinazione, quindi, dev’essere fatta con attenzione.
Chi ama l’alta quota e la montagna, in estate, ha voglia di montare in auto, imboccare la A24 per L’Aquila, uscire al casello di Assergi e salire ai 2130 metri di Campo Imperatore, per poi spingersi verso i 2912 metri del Corno Grande, o verso cime secondarie come il Monte Aquila e il Pizzo Cefalone.
Si tratta di luoghi magnifici, impreziositi dall’aumento dei camosci, ma che pongono due problemi non da poco. A causa della quota, tutte le escursioni si svolgono allo scoperto, senza nemmeno un metro nel bosco. Sulla normale del Corno Grande, poi, si formano spesso lunghe file, e sulle roccette della parte finale possono cadere dei sassi. Soluzioni? Partire prima dell’alba, rimandare la gita a settembre, se possibile andare nei giorni feriali.
Prima di arrivare al Gran Sasso, sempre sulla A24, si costeggia il massiccio del Velino, un altro luogo classico per i camminatori dell’Urbe. Poco più di un’ora dal centro di Roma porta al casello di Valle del Salto e poi alle poche case di Cartore, da cui iniziano la salita verso il Lago della Duchessa e il viottolo che conduce in Val di Teve, due percorsi che possono essere uniti in un anello. La salita verso il Lago è ripida ma si svolge in una fitta faggeta, e l’esposizione a ovest la lascia all’ombra la mattina.
Se invece si esce a Tornimparte, e si sale verso Campo Felice, si raggiunge il posteggio di Prato Agapito (o Capito), 1604 metri, base per camminate piacevoli e con minore dislivello. La più tranquilla (2 ore a/r) porta ai Prati di Cerasolo, percorsi più lunghi conducono al Monte San Rocco, al Monte Puzzillo e al rifugio Sebastiani, accogliente punto d’appoggio a 2104 metri di quota che è aperto e gestito tutta l’estate.
Chi vuole arrivare al rifugio per un itinerario più breve deve proseguire fino a Rocca di Mezzo, raggiungere il Piano di Pezza e traversarlo in auto su una strada sterrata che richiede attenzione. Da qui al rifugio, tra andata e ritorno si cammina per 3 ore, la traversata a piedi del Piano (11 km tra andata e ritorno, per più della metà nel bosco), consigliata da autori di guide dai gusti sadomaso, in estate è spesso rovente.
Occorre fare attenzione alla copertura boschiva, all’esposizione al sole e alla quota anche nel resto dell’Appennino intorno a Roma. Le faggete del Monte Gennaro, sui Lucretili, restano fresche anche nel cuore dell’estate. Per salire da Livata al Monte Autore, nel Parco dei Monti Simbruini, conviene non seguire la brevissima via normale, ma concedersi un fresco anello attraverso la faggeta di Cannavacciari. La cima, 1850 metri, è il “tetto” della Provincia di Roma.
Tra i tanti sentieri delle colline del Lazio, belli e piacevoli dall’autunno alla primavera, occorre scegliere con ancora più attenzione. Da Velletri, storica cittadina dei Colli Albani, si può salire in auto a Fontana Tegola e proseguire a piedi verso il Monte Artemisio, 812 metri, rivestito interamente da boschi. Tra andata e ritorno basta un’ora, da non perdere la deviazione per un piccolo e splendido canyon scavato nel tufo.
Da Cerveteri, nota per le sue necropoli etrusche, una camminata tra colline rivestite di fittissima macchia porta al Fosso della Mola, dove una cascata alta una quindicina di metri si getta in un suggestivo laghetto. Dall’area archeologica occorrono circa 3 ore a/r, i camminatori più avventurosi festeggiano l’arrivo con un tuffo. Altri tuffi, in ambiente diverso, sono possibili sulle vicinissime spiagge di Marina di San Nicola e Ladispoli.