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Alpi Giulie: il rifugio Pellarini compie 100 anni

Ai piedi dello Jôf Fuart, il rifugio si raggiunge con una bella escursione da Valbruna. Un’occasione per ricordare gli eventi della Grande Guerra nella zona e un momento importante per la Società Alpina delle Giulie che lo ha inaugurato nel 1924

Il rifugio Luigi Pellarini compie cent’anni e festeggia l’anniversario tondo con una commemorazione ufficiale, che si terrà il 28 luglio, e con alcuni eventi di intrattenimento. Collocato a quasi 1500 metri di altitudine, 1499 per la precisione, in uno dei punti più suggestivi delle Alpi Giulie, in una tipica “carnizza” – una conca pietrosa – che si adagia ai piedi delle pareti settentrionali dello Jôf Fuart, venne inaugurato nell’ottobre del 1924 dalla Società Alpina delle Giulie, una delle due sezioni di Trieste del CAI, che ne è tuttora proprietaria. 

Il rifugio fa parte dei nuovi punti d’appoggio in quota che la stessa SAG mise in cantiere negli anni successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale, dopo lo spostamento dei confini del Regno d’Italia, dedicandoli ognuno alla memoria di uno o più martiri triestini del conflitto. Un elenco che comprende il vicino rifugio Fratelli Grego e il rifugio Corsi, sul versante sud del Jôf Fuart, oggi chiuso e in attesa di ristrutturazione. 

Alcuni di questi edifici esistevano già, in alcuni casi erano intitolati a rappresentanti dell’Österreichischer Alpenverein dal momento che ricadevano in territorio asburgico, e vennero ricostruiti con intitolazione differente. E’ il caso del Corsi, che prima della guerra era dedicato all’alpinista austriaco Hermann Findenegg, e che nel 1915 era stato raso al suolo dai soldati italiani. Altri rifugi, come il Pellarini, nacquero ex-novo su iniziativa della Società Alpina delle Giulie. 

Il sottotenente Luigi Pellarini, volontario nell’Ottavo Reggimento degli Alpini, morì appena ventenne il 7 luglio del 1916 sull’Altopiano dei Sette Comuni. Agli inizi del conflitto Pellarini aveva preso parte agli aspri combattimenti sul fronte del Monte Rombon, nella catena del Canin, distinguendosi per capacità e valore e ottenendo in virtù di questo la nomina a sottotenente. Un suo ritratto dipinto ad olio su tela, di autore ignoto, è appeso alle pareti del rifugio.

Punto di partenza per itinerari di grande interesse

La costruzione del rifugio permetteva, negli intenti della Società Alpina delle Giulie, di accedere a una serie di itinerari di grande fascino e soprattutto alla Gola Nord-est del Jôf Fuart, che fu percorsa e attrezzata grazie a Julius Kugy, che durante il conflitto ebbe un ruolo strategico e di consulenza come Alpiner Referent dell’esercito austro-ungarico, nelle cui file si era arruolato volontario alla soglia dei sessant’anni. 

L’itinerario della Gola Nord-est venne attrezzato con l’aiuto di Anton Oitzinger, guida fidata di Kugy e dell’ampezzano Angelo Dibona (entrambi vestivano la divisa austro-ungarica) per avere un accesso protetto alla cima della montagna dopo che gli italiani avevano guadagnato nuove posizioni sulle Cime Castrein. Percorrendo la Gola si poteva accedere alla cima del Fuart al riparo dal fuoco nemico, che teneva sotto tiro i versanti sud della montagna, e portare i rifornimenti ai commilitoni appostati in cima.

Al rifugio, posizionato sul bordo di uno sperone roccioso sopra il bosco, si accede dalla località di Valbruna e dalla Val Saisera attraverso un magnifico sentiero in bosco misto di abeti e faggi – il sentiero CAI 616, 1.30 ore, E.

Il rifugio è circondato da una serie di cime la cui esplorazione e denominazione si deve in molti casi a Julius Kugy: Madri dei Camosci, Cime delle Rondini, Le Vergini, Cima di Riofreddo, Jôf Fuart, Grane e Piccolo Nabois. Oltre alla Gola Nord-est, adatta ad escursionisti molto esperti – spesso c’è da fare molta attenzione nel superare la crepaccia terminale del nevaio – il rifugio offre agli escursionisti, attraverso la Carnizza del Rio Zapraha o Carnizza di Camporosso, la possibilità di accedere in direzione sud alla Sella Nabois, con affaccio suggestivo sull’Alta Spragna e un possibile anello verso la stessa, percorrendo il Sentiero Chersi. 

Poco prima della Sella un altro sentiero permette di guadagnare la cima del Grande Nabois, itinerario anche questo aperto con tratti scavati nella roccia dai soldati asburgici durante la guerra e ricco di postazioni belliche. In direzione est, invece, un altro sentiero porta, attraverso l’aspra Forcella Carnizza, nella adiacente valle di Riofreddo e all’omonima forcella, permettendo l’accesso sia alla Cengia degli Dei, l’anello alpinistico scoperto anch’esso da Julius Kugy, sia ai versanti meridionali del Jôf Fuart. 

Le pareti calcaree sopra il rifugio offrono numerosi itinerari alpinistici interessanti, come lo spigolo Deye-Peters. È inoltre presente una palestra di roccia attrezzata a due passi dal rifugio.

Il Pellarini dal 2017 è gestito con passione dal cadorino Giorgio Darin e propone cibi semplici ma genuini. Il 28 luglio verrà scoperta, da parte del CAI di Tarvisio, una targa in memoria di Vladimiro (Miro) Dougan il forte alpinista triestino che raccolse il testimone di Julius Kugy e al quale si deve l’individuazione del sito dove costruire il rifugio Pellarini e la scoperta della sorgente che lo rifornisce. 

All’interno del rifugio un manifesto, realizzato con la consulenza dell’alpinista triestino Flavio Ghio, illustra le diverse fasi costruttive e di ampliamento del manufatto nel corso degli anni. Le informazioni sugli altri eventi e le iniziative legate al centenario sono consultabili sulla pagina Facebook del rifugio stesso.

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