Protezioni in parete: sì, no, forse.
Dopo la tragedia della Val di Mello si è riacceso il dibattito sull’opportunità, o meno, di proteggere le vie almeno con soste più sicure. Il pensiero della Guida alpina Michele Comi
“Amplesso complesso” è un’arrampicata su terreno d’avventura nota per la sua aleatorietà e improteggibilità. Bravi scalatori, lungamente preparati ed addestrati la affrontano per questo. Può essere che sia per questo che non l’ho mai salita, mai trovata ispirazione per spalmare le suole su queste placche e perché non ho voglia di portare il martello per ribattere o sostituire i vecchi chiodi, non sempre facilmente integrabili con protezioni veloci.
Se le cordate si alzano da terra e navigano lungo questo muro di “ghiandone” del Masino, alla ricerca dei radi punti di assicurazione, significa che conoscono l’incertezza e l’insidia della progressione su questo terreno, assai distante da quello sportivo. Si chiama alpinismo.
Dopo il tragico incidente dello scorso maggio si è riacceso il dibattito pro o contro l’eventuale aggiunta di protezioni solide alle soste su questo genere di salite. Ma non porta a nulla.
Le fazioni cercano soluzioni, rimedi o appoggi, sempre esterni, lontani dal reale sentire, chiodi inossidabili o “attributi” per poter progredire.
Spit alle soste, ma se lungo il tiro la caduta è mortale? Ne aggiungiamo un altro? Se non è mortale ma la caduta porta quasi certamente alla paraplegia, con costo sociale più elevato della morte? Ne aggiungiamo ancora? Dove sta la fine?
Autoreferenziale resta pure la difesa della roccia intonsa quando è mossa per gaudio, per celebrazione del nostro io-supponente.
Mai l’attenzione è portata sulla relazione con la roccia e noi stessi.
Mai sul come.
Convinti che sia un protocollo a metterci al sicuro, mentre il rischio fa capolino come una talpa, da un altro buco.
Così delle nostre potenzialità si perde traccia, così come della possibilità di salire altrove quando non ce la sentiamo.
L’avventura in fondo sta dentro di noi, da Honnold slegato sul Nose a chi fa una semplice escursione nel bosco vicino a casa.
Forse il nostro approccio alle pareti dovrebbe concordare con lo scrigno di geodiversità che le caratterizza, che mal si combina con ogni tentativo di standardizzazione.