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Gonfiare i tempi e le difficoltà dei sentieri è un malvezzo che crea pericoli

Da qualche anno molti Parchi appenninici e qualche editore di guide aumentano i gradi e allungano i tempi di percorrenza degli itinerari. Credono di ridurre gli incidenti. Invece fanno esattamente il contrario

I cavalli delle alture del Cicolano, in provincia di Rieti, sono capaci di arrampicare su roccia. Può pensare qualcosa del genere chi sale in auto fino al Lago di Rascino e poi s’incammina verso il Monte Nuria seguendo la segnaletica del Cammino Naturale dei Parchi, un lungo (430 chilometri) itinerario che inizia da Roma, attraversa a zig zag le montagne del Lazio, ed tocca numerosi tra Parchi e Riserve naturali regionali. 

Il tabellone accanto al Lago di Rascino spiega che l’itinerario che sale al Monte Nuria è percorribile a piedi, in mountain-bike o a cavallo. E indica che è il percorso è classificato EE, “per escursionisti esperti” nella scala ufficiale del CAI. 

Un grado, è utile ricordare, che secondo il sito cai.it comprende “sentieri o tracce su terreno impervio e infido”, “tratti rocciosi con lievi difficoltà tecniche” e “vie ferrate fra quelle di minor impegno”, e dove sono quindi necessari “passo sicuro, assenza di vertigini, equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguati. Niente di estremo, certamente. Ma terreni dove ciclisti e cavalli potrebbero avere dei problemi. 

Percorrendo il sentiero, che sale da 1140 a 1888 metri e richiede circa due ore e mezza di salita, si scopre che le difficoltà non ci sono. Sentiero, strada sterrata, sentiero, poi un breve tratto su un ghiaione un po’ scomodo, infine i comodi prati della vetta. Il grado EE è un’esagerazione evidente. Ma perché?

La stessa cosa accade in altre zone dell’Appennino. Nel Parco Sirente-Velino, in Abruzzo, sono ufficialmente classificati EE dei sentieri lunghi ma assolutamente facili, come quelli che salgono alla cima del Velino da Capo di Pezza o dalla chiesa di Santa Maria in Valle. Lo stesso, sul vicino Sirente, vale per gli elementari percorsi che raggiungono la cima da Rovere, Ovindoli o Aielli. 

Nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, la medesima sorte tocca alla facilissima traversata dalla Val Fondillo alla Val Canneto, alla comoda sgambata dal pianoro delle Forme fino al Passo dei Monaci, all’altrettanto comoda salita fino a Forca Resuni e al suo rifugio dal Santuario di Canneto, nel cuore del versante laziale. 

Nel Parco Nazionale della Maiella sono classificati EE percorsi semplici come la traversata del Monte Pizzalto, in vista di Pescocostanzo. Sulle Madonie, in Sicilia, è “per escursionisti esperti” il comodo sentiero che sale da Piano Battaglia al Pizzo Carbonara, la vetta più alta del Parco. 

Scelte volute, non errori. Fatte per porsi al riparo da lamentele ed eventuali richieste di risarcimenti

Si adeguano a questo andazzo anche alcuni editori di guide, che nelle loro pubblicazioni definiscono “per escursionisti esperti” anche itinerari del tutto facili. Nessuno lo ha mai spiegato pubblicamente, ma non si tratta di errori casuali. I Parchi, proprio come gli editori, mettono le mani avanti per mettere in guardia gli escursionisti, per spingerli ad affrontare itinerari più brevi, per evitare controversie giudiziarie e richieste di risarcimenti se qualche camminatore si fa male, o è costretto a chiamare il Soccorso Alpino perché esausto. 

Sembra uno scopo lodevole, ma è vero esattamente il contrario. Chi percorre i “falsi EE” del Monte Nuria, del Velino e del PNALM (e ce ne sono molti altri) viene indotto a pensare di potersela cavare tranquillamente su itinerari del medesimo grado in altre zone d’Italia. 

Invece gli accessi a vari rifugi valdostani, le vie normali di cime famose delle Dolomiti come la Tofana di Rozes e il Piz Boè, molte normali delle Alpi Apuane e i temibili “viaz” delle Dolomiti Bellunesi si svolgono su un terreno ben diverso, con tratti di arrampicata, passaggi esposti e nevai. Risultato? In molti casi le paure, gli incidenti, gli escursionisti incrodati e gli interventi del Soccorso, evitati anche grazie ai cartelli sbagliati sull’Appennino, si spostano qualche chilometro più a nord.     

Le informazioni sbagliate (o esagerate) non riguardano solo i gradi di difficoltà. Per capirlo basta raggiungere Bisegna, suggestivo borgo del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, e dare un’occhiata ai due cartelli che indicano il sentiero A1, che raggiunge Pescasseroli toccando i rifugi di Terraegna e Prato Rosso. Sul vecchio cartello di legno che indica l’inizio del sentiero da decenni c’è scritto che occorrono 5.30 ore. Sulla nuova e vistosa tabella sistemata nel 2023 dal Parco il tempo è salito a 8 ore. Quale dei due ha ragione?  Sulle storiche Guide dei Monti d’Italia pubblicate dal CAI e dal Touring (quelle piccole ma dense, con la copertina telata) si legge ancora oggi che in un’ora si percorrono 3-400 metri di dislivello in salita, 5-600 in discesa e 3-4 chilometri in piano. 

Se si bada a queste elementari regole, e ci si incammina da Bisegna, è evidente che le “vecchie” 5.30 ore sono ampiamente sufficienti, e le 8 ore sono una esagerazione evidenti. I casi di questo tipo sono molti. Anche questi sono degli errori voluti, e hanno il medesimo scopo dei precedenti. Spingere gli escursionisti meno preparati verso itinerari più brevi, dove i tempi gonfiati dei cartelli li possono far sentire più allenati di quel che sono.

Cartelli in Toscana e escursioni toscani sulle Alpi

Se i gradi di difficoltà esagerati si incontrano in tutto l’Appennino, i tempi gonfiati hanno da decenni una patria, la Toscana. Dagli anni Ottanta le guide e i cartelli della Grande Escursione Appenninica, sul crinale che separa la regione di Michelangelo e Dante dalla Romagna e dall’Emilia, indicano tempi estremamente “tranquilli”, ben lontani dalle regole che ho citato poco fa. 

L’errore, negli anni, è stato ripreso da varie aree protette toscane. Nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, in varie zone, si incontrano gli uni accanto agli altri i cartelli del Parco con i loro tempi esagerati, e quelli del Club Alpino Italiano che indicano ore e minuti in maniera più realistica. Anche esagerando i tempi, però, si possono mettere le persone nei guai. 

Molti anni fa, salendo da Ollomont verso il rifugio Amianthe-Chiarella, una rude sgroppata ai piedi del Grand Combin che richiede davvero le 4 ore indicate sui cartelli, ho raggiunto una comitiva di escursionisti toscani. Li ho passati a circa metà del percorso, mi hanno detto di aver già camminato per 4 ore, si sono lamentati per i “tempi sballati” dei cartelli valdostani. Ho continuato fino al rifugio, mi sono riposato e ho cenato, dopo il tramonto ho sentito delle urla belluine arrivare dalle roccette dove passa l’ultima parte del sentiero. Ho estratto la frontale dallo zaino, e ho dato volentieri una mano al gestore che è andato a recuperare i malcapitati. 

Non si è fatto male nessuno, per fortuna. Ma la colpa, sentendo parlare i protagonisti, era tutta dei “valdostani imprecisi”, e non dell’allenamento insufficiente di quegli escursionisti toscani, o di chi ha fornito loro, per anni, tempi e gradi di difficoltà sballati. 

Oggi, lo so bene, molti escursionisti ignorano guide mappe e cartelli, e si fidano soltanto di GPS e tracker. In questi strumenti raffinati, che spesso si confrontano con banche dati nazionali, è difficile trovare indicazioni sbagliate sul grado di difficoltà e sui tempi. 

Ma il problema rimane. Far credere agli escursionisti (o agli alpinisti, su itinerari ben diversi) di essere più capaci di quello che sono davvero aumenta i momenti pericolosi e gli incidenti. Con buona pace di chi pensa di fare esattamente il contrario.

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2 Commenti

  1. Tutto corretto però personalmente ho sempre trovato la scala attuale (T, E, EE, EEA) molto inadeguata! Il primo è l’ultimo non sono mai utilizzati eccetto per sentieri “di meno di mezz’ora” o per vie ferrate, mentre la distinzione tra i due è spesso labile! Ho trovato molte guide, mappe o cartelli in cui sentieri sono indicati a volte come E e a volte come EE, risultato è che informarsi bene diventa difficile! A mio parere sarebbe meglio avere una scala più granulare e con più parametri oggettivi!

  2. Credo anche che, oltre al mettersi al riparo da varie querele, quello di sovra gradare sia anche voluto dalle associazioni, professionisti e agenzie varie che sul turismo ci campano e che in tal modo ottengono più richieste e adesioni da persone che, differentemente, non affronterebbero quel particolare percorso, a cui tengono, in autonomia stante le difficoltà segnalate.
    Per mia esperienza, tale situazione mi è capitato di riscontrarla sovente in Sardegna.

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