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Lettera aperta ad Ambrogio Fogar

Ehilà Ambrogio, come te la passi ora?

Hai chiesto agli uomini e a Dio di arrivare in fretta a questo momento. E ora che ci sei giunto e che lo leggo sulle agenzie di stampa mi coglie, a sorpresa, uno sgomento, quasi una paura.

Quanto dolore. Quanta passione ed angoscia, Quanto sudore, sangue amaro, rabbia e smarrimento. Per quell’uomo che, primo fra tutti, con disinvoltura, simpatia e talvolta qualche gaffes, dallo schermo televisivo ci ha accompagnato nella magia dell’avventura estrema. Nel gioco infinito della scoperta del mare, dei poli, delle montagne.

Eppure quanto coraggio e quanta fede, non saprei in che cosa, hai avuto per arrivare fin qui. Aggrappato al dovere della vita come lo fosti sulla zattera del tuo "Surprise", nei 74 giorni da dispersi nell’Atlantico.

Maestro televisivo di sport eroici. Venditore di sogni catodici della nostra gioventù alpinistica ed esplorativa. Ti ho voluto bene criticamente. Ma sempre con la consapevolezza dell’amore che nutrivi per la vita e per quello che facevi.

Nel mondo dell’informazione hai tracciato una via. Ancora più difficile del sesto grado al quale il comune amico Graziano Bianchi ti aveva avviato.

Per questo, il tuo nome merita di essere annoverato fra i grandi dell’avventura.

 

Grazie di tutto Ambrogio. Ciao amico mio…

 

Agostino Da Polenza 

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